Viale dei ciliegi

/ 09.09.2019
di Letizia Bolzani

Garret Weyr, La forma della magia, De Agostini. Da 9 anni. 

Questo libro parla della magia, quella «che esiste ancora», quella «visibile solo a un occhio attento», quella che, «anche quando non riuscite a vederla, è sempre lì». E in effetti la magia che ci narra – sotto forma di draghi, incantesimi e metamorfosi – convive con il corso degli eventi storici in Europa, dall’Ottocento al Novecento. C’è un drago (Benevolentia Gaudium, detto Grisha), che con i suoi cinquecento anni di aspettativa di vita, ha tutto il tempo per attraversarli tutti, questi eventi. Solo che non lo farà sempre nelle sue spoglie di drago, ma per un certo periodo (raccontato nella prima, e più bella, parte del romanzo), lo farà sotto ben altre spoglie: trasformato in teiera da un malvagio stregone, finirà alla corte di Francesco Giuseppe, proprio negli appartamenti dell’imperatore. Sotto l’oro e i rubini che impreziosivano quella piccola teiera, pulsava l’anima di Grisha, che – pur prigioniero nell’oggetto – vedeva e viveva tutto.

Alla morte dell’imperatore, la teiera passò nelle mani di Yakov Merdinger, un banchiere ebreo di Budapest, un uomo illuminato e mite, di quelli in grado di intuire la magia nel quotidiano. Grisha visse, pur malinconicamente sotto forma di teiera, momenti sereni con Yakov, e poi anche con la dolce moglie musicista, Esther, e le figliolette, fino al giorno in cui, riprese le sue sembianze, poté volare via. Da qui si dipanerà un viaggio tra le capitali europee, soprattutto Londra e Vienna, dove cruciale sarà l’ incontro con una ragazzina, Maggie. A questo punto i protagonisti del romanzo saranno due, il drago e la bambina, legati da un’amicizia profonda e generosa, che li porterà a voler scoprire cos’è successo agli altri draghi che popolavano le foreste. Un’avventura in cui ad entrambi saranno richiesti tanto coraggio e tanto amore, quell’amore che a volte funziona persino meglio della magia: «Grisha era colpito da quanto spesso lei gli leggesse nel pensiero senza entrargli nella mente». 

Un romanzo molto europeo, nonostante sia stato scritto da un’autrice americana, che inserisce, in questo contesto di draghi, personaggi storici interessanti e meno noti (ad esempio la musicista Nadia Boulanger), o locali tipici, come il Sacher di Vienna; e che ci fa riflettere su come sia importante non solo guardare il mondo, ma anche prendersi il tempo di fermarsi per vedere ciò che non va. E provare a cambiarlo.

Lilith Moscon-Francesco Chiacchio, Monsieur Magritte, LibriVolanti. Da 4 anni. 

Si comincia dalla copertina, ad ammirare questo delizioso libro. La copertina, e il retro di copertina, e anche i risguardi: davanti un signore che dalla notte si affaccia sul giorno, dietro una signora che dal giorno si affaccia sulla notte. Cielo azzurro, nuvole bianche, e blu scuro della notte. Gli adulti andranno subito col pensiero a Magritte, al suo celebre Impero delle luci, con la casa notturna sotto un cielo chiaro, o alle sue colombe fatte di nuvole; i bambini conosceranno Magritte, e alcuni suoi quadri, solo alla fine di questo libro, ma avranno vissuto una bella storia, che li condurrà con leggerezza, senza forzature, nell’universo del pittore. E in quello di Georgette Berger, sua moglie, conosciuta giovanissima, che condivise con lui tutta la vita. Nel racconto di Lilith Moscon, così ben illustrato da Francesco Chiacchio, loro sono il Signor Blu e la Signora Azzurra: lui vive nella notte, lei nel giorno, ma si incontreranno, mentre cercano i rispettivi piccioni viaggiatori, sulla linea di confine che si chiama «cielo».

È una favola poetica e surreale, in stile Magritte, che racconta una storia d’amore e una storia di confini, dove le cose possono essere viste da prospettive diverse, dove il mondo si può scomporre e riassemblare in modi nuovi e non scontati. La seconda parte del libro, che fa parte della collana Librarte di LibriVolanti, presenta i quadri che hanno ispirato il racconto, con un invito ai lettori: quali storie suggeriscono a voi?