Guido Quarzo, 1958. Le storie in tasca, San Paolo. Da 10 anni.
Un romanzo adatto a lettori del secondo ciclo della scuola elementare, in particolare a coloro che si apprestano a lasciarla, la scuola elementare, quando iniziano le vacanze estive «e dopo avrebbero iniziato la scuola media. E tutto sarebbe cambiato», come è scritto nel finale, con la prospettiva del bambino protagonista ormai diventato adulto. La casa editrice San Paolo, oltre a romanzi di successo per adolescenti, pubblica anche per le altre fasce d’età: sia albi per i più piccini, sia romanzi brevi e illustrati per ragazzini, affidati ad autori italiani di rilievo, come ad esempio Annalisa Strada (di cui avevamo già presentato qui La gara di torte), o come in questo caso Guido Quarzo. Quarzo è stato a lungo maestro elementare e sa di cosa parla, e soprattutto a chi parla.
Qui, in 1958, parla ai bambini (e ai loro genitori) di com’era la scuola elementare (e anche la vita quotidiana) ai suoi tempi, raccontando del piccolo Piero che deve lasciare la sua scuola di paese perché si è trasferito in città, dove i genitori «avevano trovato lavoro nella grande fabbrica di automobili». Ecco, in questo inizio di anno scolastico in una Torino laboriosa e in fermento degli anni Cinquanta/Sessanta, sembra di vedere in controluce quell’altro inizio di anno scolastico torinese, datato fine Ottocento, quello che ci raccontava De Amicis in Cuore. Solo che in Cuore si parlava di Garibaldi e dell’Unità d’Italia, mentre qui di un’attualità cupa che ci si era appena lasciata alle spalle, e che ancora non era emersa in tutto il suo orrore. Attraverso l’avventura in un villino abbandonato, nel quale sembrava abitare un fantasma (un omaggio al bel romanzo Il fantasma del villino, di Beatrice Solinas Donghi?), si accenna in controluce alla storia della famiglia ebrea che lo abitava, ma i ragazzini protagonisti non capiscono e non sanno. Nemmeno il maestro è in grado di dare tutte le risposte, perché in effetti fu solo dal 1958, anno in cui uscì da Einaudi Se questo è un uomo di Primo Levi, che cominciò ad emergere la tragedia dei lager.
Il maestro Alberti, che con saggezza tiene il timone di questa quarta elementare maschile, è un personaggio che omaggia il vero maestro di Quarzo, che «si chiamava Alberto e ci leggeva le storie». E in effetti la lettura ad alta voce in classe di belle storie, prima fra tutte quella dei Ragazzi della via Paal, a cui la banda di Piero si ispira per le sue avventure, è un altro tema forte del romanzo, insieme a tante vicende di un passato (come il divertente capitolo sull’arrivo del telefono rigorosamente appeso al muro, e in duplex con la vicina) che non mancheranno di stupire i giovani lettori.
Roberto Innocenti, La mia nave, La Margherita. Per tutte le età.
Roberto Innocenti è un artista. Vero e troppo poco celebrato (nonostante abbia vinto, nel 2008, l’Andersen Award, ossia il Nobel dell’illustrazione per l’infanzia), forse per la sua personalità schiva (vive e lavora a Montespertoli, provincia di Firenze), forse per il fatto di essere un autodidatta, o forse perché esterno a gruppi e scuole di appartenenza. Se non lo conoscete, procuratevi un suo libro, editi per lo più da La Margherita, come questo La mia nave, che è uscito l’anno scorso, dopo anni di studi, ricerche, disegni.
La mia nave racconta, con un testo scarno e con immagini sontuose, la storia di una nave, la Clementine. Mezzo secolo di storia, da quando fu costruita e varata, negli anni Trenta, a quando si inabissò; passando per il trasporto di merci attraverso gli oceani, poi per la seconda guerra mondiale, al servizio della marina militare statunitense, e poi di nuovo all’uso mercantile. Il possessivo «mia nave» rimanda alla prospettiva del suo capitano, che prima era solo un ragazzino che sognava il mare, e poi un giovane uomo che prende il timone, e infine un anziano che racconta: «abbiamo visto il mondo e siamo invecchiati insieme, Clementine e io». Una vita, sui «cristallini mari tropicali» e sui «gelidi mari artici», fino al momento più difficile, quando bisogna prendere «rotte diverse» e lasciarla andare. Ma quello dove Clementine ora riposa, è un gran bel posto, è il fondo del mare.
Una metafora del viaggio della vita, un inno all’amicizia, attraverso tavole ricche di dettagli in cui il lettore potrà «navigare», trovando sempre nuovi spunti di meraviglia.