Viale dei ciliegi

/ 25.03.2019
di Letizia Bolzani

Maite Carranza, Come in un film, Il Castoro. Da 8 anni.

Un’altra interessante opera catalana propostaci dalla casa editrice Il Castoro: dopo quella di David Cirici (vincitore con Muschio dello Strega Ragazzi), è il turno di Maite Carranza, che con questo Come in un film ci parla in realtà di un problema molto reale e purtroppo presente nella vera vita di molte persone, ossia la perdita del lavoro, con tutte le conseguenze pratiche e psicologiche che esso comporta. Nel caso di questo romanzo vengono messe a fuoco anche le ricadute su due bambini, Olivia e Tim, figli di una mamma single, Ingrid, che fa l’attrice ma che, dopo la sua partecipazione a una serie di successo, al momento non ha più contratti né proposte e deve affrontare una quotidianità sempre più faticosa, con l’ansia dei conti da pagare e dei debiti che si accumulano. La storia è vista dalla prospettiva della tredicenne Olivia, che di colpo scopre che non può più navigare in internet perché non c’è più wifi e nemmeno corrente, che le tasse scolastiche non sono state saldate, che di notte ha freddo, e soprattutto che «la mamma non ride più». Prima erano una famiglia «normale», ora «so che siamo poveri, ma questa parola mi risulta molto strana e non so dirla ad alta voce». 

Con la mamma resa apatica da una grave depressione e il fratellino troppo piccolo per capire, Olivia deve assumersi tutto il peso della situazione sulle sue giovani spalle. E proprio per non far preoccupare il fratellino, gli dice che quello che stanno vivendo è solo il copione di un film, che è solo per finta. L’espediente serve all’autrice anche per esprimere il messaggio che, se la vita è come un film, di questo film tu puoi – entro certi limiti – scrivere il copione: anche se a volte capita che «le cose che fino a quel momento erano solide (...) si sgretolino», tu non abbatterti mai e scegli il finale più lieto. 

Cinzia Ghigliano, La bambina mascherata, Le rane Interlinea. Da 5 anni.

Cinzia Ghigliano è un’ottima illustratrice e in effetti anche in questo piccolo libro che pubblica come autrice completa, le belle immagini raccontano già da sole la storia. Ad esse, lei affianca un testo altrettanto efficace perché sobrio e tuttavia perfettamente in grado di raccontare il disagio della piccola Emma, che ha appena fatto trasloco in un’altra città. La troviamo all’inizio perplessa tra gli scatoloni, con il suo gatto intento ad esplorare il nuovo spazio, mentre lei guarda dalla finestra «la vita degli altri, che non conosce». Il dato visivo, la città vista dall’alto, la gente in strada, si accompagna al dato acustico, i rumori degli appartamenti vicini, rendendo bene la sensazione un po’ perturbante di sconosciuto, che molti bambini avranno provato, facendo un trasloco o anche semplicemente entrando in un ambiente nuovo. Come potrà Emma fare nuove amicizie? Di bambini nel quartiere ce ne sono, ma non la considerano e lei si sente come trasparente.

Questa sorta di «trasparenza» (resa dalla Ghigliano anche visivamente) è un’altra esperienza che molti bambini fanno, trovandosi in un nuovo ambiente, e la sensazione si acuisce quanto più gli adulti – che la fanno facile! – ti dicono di non essere timido, di provare a fare nuove amicizie. Ma ecco che un’idea le permetterà di rendersi subito molto visibile: Emma rovista tra i suoi travestimenti ed esce in strada mascherata da Wonderwoman, il che, oltre ad essere un espediente esteriore, a livello interiore le serve per sentirsi davvero un po’ Wonderwoman, cioè più sicura di sé e più forte. Ed ecco che arriverà il primo amico, a cui parlare è più bello se ci si toglie la maschera, perché, si sa, «per non essere trasparenti non servono maschere».