Tove Jansson, Mumin al mare, Iperborea. Da 7 anni.
I Mumin sembrano dei piccoli ippopotami e sono creature nate dalla fantasia della scrittrice e pittrice finlandese Tove Jansson (1914-2001). Dal 1945 vivono le loro storie, per la gioia dei lettori di tutto il mondo (sono stati tradotti in una cinquantina di lingue!), sia come romanzi, sia come strisce a fumetti. In italiano i romanzi vennero fatti conoscere dalla lungimiranza di Donatella Ziliotto per la collana gli Istrici di Salani, mentre i fumetti apparvero sulla rivista «Linus» alla fine degli anni 60.
Ora, la casa editrice Iperborea, che da poco ha allargato la sua bella produzione anche alla letteratura per l’infanzia – anche se i Mumin sono dedicati a un pubblico di tutte le età – inaugura la collana «Mumin», dove pubblica, nel formato rettangolare lungo, le loro avventure a fumetti come singole storie. A dicembre 2017 era uscito Mumin e le follie invernali, questa primavera Mumin e la vita in famiglia e quest’estate Mumin al mare. Sono storie irriverenti e incantevoli, in cui la famiglia Mumin e tutti i bizzarri amici che le ruotano attorno affrontano con animo aperto, paziente e ottimistico la vita: una vita nella loro Valle, tra la natura e il calore domestico, ma anche tra le intemperie, l’incertezza e le bufere, o nell’inospitalità di certi luoghi e di certi incontri. Le bufere possono essere anche interiori: queste pacifiche creature spesso conoscono la rabbia, la frustrazione, la paura, e le affrontano senza negarle, con coraggio e con l’aiuto degli altri, riuscendo alla fine a prenderle per il verso giusto.
Nel recente Mumin al mare, ad esempio, tutta la famiglia si trasferisce a vivere in un faro perché papà Mumin vuole testardamente diventarne il guardiano e scrivere un romanzo sul mare: in realtà la sua vena creativa è tutt’altro che feconda, le premure degli altri finiscono per innervosirlo e l’atteggiamento che esprime non è certo gentile. Per fortuna emerge in tutta la sua forza il personaggio di mamma Mumin (il più luminoso dell’intera saga), che pur non rappresentando per nulla lo stereotipo della mogliettina sottomessa, riuscirà, con amore e saggezza, a riportare le cose in equilibrio.
Stephanie Graegin, Piccola Volpe nel bosco magico, Terre di Mezzo. Da 4 anni.
È un bellissimo albo, bisognerebbe vederlo per capire. Anzi, bisognerebbe entrarci, raccontandolo, proprio come la bambina protagonista entra dentro l’Altrove che qui è un «bosco magico» (o semplicemente una «Forest» nel titolo originale). Un Altrove simboleggiato sin dal colore: monocromie blu-grigie per la vita «reale» della bambina e cromatismi variegati e vividi per il bosco. Il libro è un silent book, tutto è raccontato con le sole immagini, ma, a differenza di tanti silent books complicati da capire, proprio perché manca il testo, qui tutto è immediato, perfettamente a misura di «lettura» ad alta voce. C’è una bambina, che ha un peluche-volpina. Ce l’ha da quando è piccola, è stata con lei in tutti i momenti della vita, come testimoniano le varie foto che le ritraggono insieme. Così, quando la maestra chiederà agli alunni di portare a scuola una cosa vecchia e preziosa, e raccontarla, la bambina non avrà dubbi. Solo che nel tragitto verso casa, mentre la bambina si distrae su un’altalena, arriva un cucciolo di volpe «vero» (ancorché colorato, e quindi appartenente al magico Altrove) che le ruba il peluche dallo zainetto. La bimba lo insegue, entra nel bosco magico, chiede aiuto agli animali che incontra e finirà nella tana del cucciolo di volpe, che sta leggendo un storia con la sua mamma, abbracciato alla volpe di peluche.
Il volpacchiotto deve rendere il maltolto, ma che tristezza... Allora forse si può instaurare una relazione di amicizia, e proporre uno scambio, con un unicorno di peluche. Che meraviglia la poesia che ci regalano i risguardi di questo libro: in quello di apertura vediamo la mensola della cameretta della bimba, con libri e pupazzi tutti blu e grigi (il colore della «realtà»); in quello di chiusura, il posto del pupazzo-volpe è stato preso dal pupazzo – unicorno, che invece è colorato. È sempre così: alla fine della storia, e di tutte le storie, ci resta un regalo dal magico Altrove.