Michael Rosen, Attenti al cane!, Feltrinelli Kids. Da 6 anni.
Forse il titolo, che pure sembra più banale dell’originale Choosing Crumble, è proprio azzeccato, perché può essere letto anche come «siate attenti al vostro cane», sottolineando il valore del «prestare attenzione» a chi ci vive accanto, animali umani o non umani che siano. Qui però il focus è proprio lui, il cane, anzi quello specifico cane di nome Strudel (il Crumble del titolo) che la piccola Terry e la sua mamma vorrebbero adottare.
In un esilarante ed efficace rovesciamento di ruoli, non sono tuttavia Terry e la mamma a scegliere il cane, ma è il cane a valutare la loro candidatura e a deciderne l’esito. La decisione avverrà dopo un vero e proprio colloquio, umoristico e surreale ma attendibilissimo, che costituisce l’ossatura del libro. Un libro breve, leggero, impreziosito dalle illustrazioni di Tony Ross che contrappuntano con espressività energica la partitura dialogica del testo di Michael Rosen: un dialogo tra il cane Strudel, «seduto dietro una grossa scrivania» e le aspiranti «padroncine», a cui Strudel pone tutta una serie di domande sulla sua futura gestione sgombrando il campo da aspettative erronee o superficiali, pur se fatte in perfetta buona fede. Quando sei nella cuccia voglio venire a coccolarti, dice Terry, ma Strudel (il cui tratto burbero lo rende irresistibile) ribatte: «Dobbiamo chiarire subito la questione. Quando sono nella mia cuccia, non se ne parla. Siamo io e la cuccia, la cuccia e io. Punto. Non voglio piccole manine che vengono a solleticarmi, ok?».
È anche, questo libro, un sintetico manuale su come gestire un cane, perché prende in considerazione tutti i principali punti della questione. Ma più ancora è una storia divertente per i primi lettori e per tutta la famiglia, che mostra, come si diceva, la necessità di prendersi cura dell’altro e la responsabilità che ne deriva, piccola o grande che sia, e certo commisurata all’età. Terry ha solo cinque anni, ma è giusto che a certe domande possa rispondere da sola, come il cane ricorda alla mamma, tutta tesa a rispondere in sua vece. E anche se a molte delle domande non si è risposto proprio adeguatamente, non importa, Strudel è felicissimo comunque di andare a stare da loro. Perché questa è la cosa più bella: non servono ricettari per la convivenza, se ci sono attenzione, amore e rispetto.
Charles Perrault, Fiabe, con illustrazioni di Gemma O’Callaghan. Traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Ezio Sinigaglia, La Nuova Frontiera Junior.
Uomo di lettere, autore di testi religiosi, consulente politico e culturale alla corte di Re Sole: tutto questo era Charles Perrault (1628-1703). Tutto questo e una cosa ancora, quella che lo consegnerà alla Storia: la raccolta di fiabe Contes de ma mère l’Oye che uscì proprio sul finire del XVII secolo. Forse perché a un austero erudito non si confaceva il genere fiabesco, o forse perché a Perrault – vedovo e presente in prima persona nell’educazione dei figli – premeva assicurare un futuro al suo primogenito, la prima edizione uscì a firma del figlio Pierre. Comunque sia, si trattò di un’opera che ebbe da subito un grande successo e di cui Perrault fu poi orgoglioso di assumersi la paternità.
Sulla scia della moda aristocratica per le contes de fées e seguendo la tradizione dei grandi trascrittori di fiabe della tradizione popolare (in Italia c’era stato, nella prima metà del Seicento, Giambattista Basile), Perrault si mette all’opera e consegna alla carta otto fiabe (La Bella Addormentata nel bosco, Cappuccetto Rosso, Barbablù, Mastro Gatto o Il Gatto con gli stivali, Le fate, Cenerentola, Arrighetto dal ciuffo, Pollicino) conferendo loro uno stile elegante, ironico, scorrevole, perfettamente adatto a un pubblico di dame di corte e godibilissimo anche per il lettore di oggi (i dettagli sull’abbigliamento fuori moda della Bella Addormentata che si risveglia dopo cent’anni e al principe pare vestita come sua nonna, restano folgoranti).
Uno stile, quello di Perrault, capace di coniugare «sapore di salotto» con «sapore di osteria» (si pensi ad esempio al clima noir di Barbablù), come notò Antonio Faeti. Uno stile così necessita di una traduzione intelligente e accurata, e così è quella che ci viene proposta ora dalle Edizioni La Nuova Frontiera nella bella collana dedicata ai grandi «classici illustrati».