Raina Telgemeier, Fantasmi, Il Castoro. Da 10 anni.
Dopo Smile e Sorelle, un’altra meravigliosa graphic novel dell’autrice americana Raina Telgemeier, certamente candidata al grande successo di critica e pubblico già riscontrato per le sue opere precedenti.
Stavolta, pur sempre ispirandosi a episodi autobiografici, il tema è particolare e si caratterizza per una delicata escursione nel mondo «di là», quello dei fantasmi del titolo, i quali, lungi dall’essere un espediente macchiettistico per fare horror a buon mercato, sono invece personaggi poetici e commoventi, in grado di rinnovare i legami affettivi con i loro cari del mondo «di qua», aiutandoli a dare un senso alla vita. Sì, perché questo, che potrebbe essere un libro sulla morte, è invece un intenso e gioioso libro sulla vita. La gioia proviene in tutta la sua energia dalla piccola Maya, sorellina di Cat, ma è attraverso lo sguardo di Cat che è narrata la storia. La prospettiva narrativa è una strategia importante per la Telgemeier, e questo è interessante in un genere come il fumetto, in cui la narrazione è più spesso teatrale, esterna, e non focalizzata. Eppure il fatto che sia Cat a raccontare, conferisce spessore a tutta la vicenda.
Cat è adolescente e si trova a dover traslocare con tutta la famiglia in una località più consona alla grave malattia respiratoria di cui soffre Maya. Lo stato d’animo di Cat oscilla tra la preoccupazione per la precaria salute di Maya, che ama moltissimo, e l’irritazione per una scelta che si è trovata a subire; tra la commozione per l’irrefrenabile, contagiosa, gioia di vivere che Maya manifesta ad ogni istante, e l’insofferenza per il suo modo irruente di esprimere entusiasmo; tra il desiderio di condivisione con Maya, che affronta tanti disagi senza mai perdere il buonumore, e la voglia di avere, ogni tanto, spazi e persone solo per sé. Ma il fulcro della storia risiede nell’omaggio ai fantasmi che la cittadina di Bahìa de la Luna celebra nel giorno dei morti, con la tradizionale festa del Dìa de los muertos, quando si dice che i morti tornano a ritrovare i loro cari. Cat è terrorizzata e non ha alcuna intenzione di andare a incontrare i fantasmi, ma viene trascinata dall’entusiasmo di Maya e dal senso di protezione che sente per lei: così la segue e l’incontro con i fantasmi le permetterà di elaborare le sue paure e di capire meglio se stessa e la vita. Quella vita che Maya ama e si sa godere, giorno dopo giorno, insegnando a Cat – e a tutti noi – a non sprecarla e ad avere fiducia.
Maria Loretta Giraldo-Nicoletta Bertelle, Prova a dire Abracadabra!, Camelozampa. Da 3 anni.
Dedicato a tutti quei bambini che, come il piccolo gufo che ha paura di volare, o il ranocchio che ha paura di saltare, sono un po’ timorosi e invece di provarci preferiscono dire «non voglio», «non ce la faccio» o «non sono capace», questo delizioso albo, frutto della consolidata collaborazione di Maria Loretta Giraldo per i testi e Nicoletta Bertelle per le illustrazioni, incoraggia e diverte.
Le autrici conoscono bene il pensiero bambino e sapientemente entrano nella modalità magica del ragionamento infantile: al piccolo Gufo che s’impunta sul ramo e non vuole provare a volare, non serve a niente dire razionalmente, come fa la maestra Colomba, «se non provi non ce la farai mai». È invece molto più produttivo ed empatico l’atteggiamento di Tartaruga, che gli dice «prova a dire abracadabra (...) e vedrai che riuscirai a volare senza cadere». Tuttavia – e qui sta l’ulteriore finezza del libro – non basta la fiducia nella magia, se non ci sono anche tenacia e allenamento: il gufetto, infatti, nonostante dica abracadabra, continua a cadere (è perché l’hai detto male, o troppo piano, o perché tenevi gli occhi chiusi, gli dicono ogni volta gli amici animali, e questo espediente narrativo rende oltretutto molto umoristica un’eventuale lettura a voce alta), finché, dopo molti tentativi, riuscirà a spiccare il volo e si godrà il vento. Ma sarà perché ha detto abracadabra nel modo giusto, o perché per riuscire occorre provare e riprovare senza temere i fallimenti?