Dove e quando
20 – An Exhibition in Three Acts, Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo. A cura di Heike Munder, Raphael Gygax, Nadia Schneider Willen. Fino al 5 febbraio. www.migrosmuseum.ch


Vent’anni, la retrospettiva

Mostre - Anniversario per il Migros Museum di Zurigo
/ 09.01.2017
di Gianluigi Bellei

Il Migros Museum di Zurigo compie vent’anni. Per l’occasione si è scelto di allestire un’esposizione riassuntiva della collezione dal 1957 a oggi con alcune iniziative collaterali fra le quali la realizzazione di un volume di prossima pubblicazione – scritto in collaborazione con l’Istitut d’histoire de l’art de l’Université di Berna e l’Haute École de graphisme et d’art du livre di Leipzig – il quale tenta di fare il punto sulle funzioni di un museo d’arte contemporaneo attraverso vari punti di vista e diverse prospettive. 

Sul concetto espositivo del museo della Migros abbiamo già scritto in alcune occasioni (vedi «Azione» del 12 novembre 2012 e 18 marzo 2013) tracciandone il profilo che si inserisce, per quel che riguarda gli ultimi anni, all’interno della cosiddetta arte relazionale propugnata nel 1998 da Nicolas Bourriaud, futuro direttore di Palais de Tokyo a Parigi, il quale nel suo libro Esthétique relationnelle sostiene che l’arte consiste nel produrre «rapporti» tra artista, curatore e pubblico in un dialogo e uno scambio fra l’opera e chi gli sta di fronte con un’interazione partecipe e costruttiva. 

Le mostre presentate nel museo sono circa otto all’anno e le acquisizioni di opere seguono le esposizioni stesse. Gli artisti sono quasi tutti di caratura internazionale. Ne citiamo alcuni: Ugo Rondinone con Dog Days Are Over nel 1996; Rirkrit Tiravanija con Das soziale Kapital nel 1998; Anglela Bulloch con Superstructure del 1998; Maurizio Cattelan con La rivoluzione siamo noi nel 2000; Yoko Ono con Horizontal Memories nel 2005; Tadeusz Kantor nel 2008; Tatiana Trouvé con A Stay Between Enclosure and Space nel 2009/2010; Ragnar Kjartansson con The Visitors nel 2012/2013. 

La collezione è iniziata verso il 1950 per iniziativa di Gottlieb Duttweiler (1888-1962), fondatore della Migros, il quale nel 1957 ha fissato una cifra d’affari da dedicare a progetti sociali e culturali. Nel 1976 Arina Kowner è stata incaricata di creare la Direction des affaires sociales et culturelles della Federazione delle cooperative Migros. Nel 1977 si è avvalsa della collaborazione dell’artista Urs Rausmüller che è stato incaricato di acquisire opere d’arte. 

L’anno successivo Rausmüller ha fondato a Zurigo uno spazio per l’arte contemporanea chiamato InK – Halle für internationale neue Kust – aperto fino al 1981. Vi hanno esposto, tra gli altri, Georg Baselitz, Marcel Broodhaers, Martin Disler, Donald Judd, Jannis Kounellis. Nel 1996 viene fondato il Migros Museum für Gegenwartskunst per iniziativa dell’allora direttrice degli Affari sociali e culturali la quale incarica della programmazione Rein Wolfs. Nel 2004 la nuova direttrice Affari sociali e culturali Hedy Graber, con Heike Munder direttrice del Museo, ha aperto una nuova era. Nel 2012 viene inaugurato lo spazio attuale del Löwenbräukunst-Areal. 

Il museo dispone di due livelli e consta di 1300 metri quadrati. Comprende 1300 opere di 700 artisti dei quali il 37% è nato dopo il 1964 e il 52% prima. Il pubblico è composto dal 46% di visitatori zurighesi, dal 24% svizzeri e dal 30% proveniente da altri paesi. I visitatori complessivi per anno variano tra i 23’954 nel 2005 e il 28’092 nel 2013. Le mostre maggiormente frequentate sono state It’s Time For Action (There’s No Option). About Feminism del 2006 con 9079 entrate e Ragnar Kjartansson e Collection on Display nel 2012 con 15’625 visitatori. Dal 1987 al 2001 il museo si è fatto promotore della realizzazione di borse della spesa in carta disegnate da artisti svizzeri. Distribuite in 500’000 esemplari portano la firma, per esempio, di Rolf Iseli, Daniel Spoerri o Sylvie Fleury. Dal 2007 sono state distribuite soltanto nella zona di Zurigo in 70’000 esemplari. Fra gli artisti incaricati troviamo Pipilotti Rist e Peter Regli.

L’attuale mostra si apre con un piccolo bar, che serve per offrire ai visitatori il caffè o il tè gratuitamente, e l’installazione minimale di Olaf Nicolai Landschaft, metaphysisch und konkret (nach Max Bill) del 1998 che presenta una serie di grandi parallelepipedi di diverso colore sui quali ci si può sedere, parlare o leggere uno dei libri sparsi (molti dei quali cataloghi delle precedenti esposizioni, come i manifesti appesi alle pareti circostanti).

Nell’altra sala vengono esposte alcune delle opere della collezione del Museo. Solo alcune, ovviamente, per ragioni di spazio. Per lo stesso motivo l’allestimento è di tipo ottocentesco: come in una vecchia quadreria, con le opere una sopra all’altra, sino al soffitto. Sono disposte in ordine cronologico e, così tutte assieme, fanno un certo effetto straniante. Si parte con lavori di artisti svizzeri acquisiti fra il 1957 e il 1975 con personalità quali Ignaz Epper, Giovanni Giacometti, Ferdinand Hodler, Hermann Scherer e Marianne Werefkin. Segue, più o meno, il periodo di Rausmüller fra il 1976 e il 1985 con lavori appunto di Georg Baselitz, Martin Disler, Donald Judd e Yannis Kounellis. Diverso ovviamente il decennio successivo con Alighiero Boetti, Marlene Dumas, Martin Kippenberger e Fischli/Weiss. L’ultimo decennio vede la presenza di John Armleder, Maurizio Cattelan, Douglas Gordon, Pamela Rosenkranz e Rirkrit Tiravanija.

La mostra, e il relativo futuro catalogo, pongono interrogativi sul concetto di museo contemporaneo attraverso temi quali «la produzione di nuove opere, la documentazione tecnica e conservativa, il restauro, l’immagazzinamento, il trasporto, il montaggio e lo smontaggio di una mostra, le assicurazioni e le questioni giuridiche relative alle opere d’arte contemporanee». Tantissima carne al fuoco! Dato che l’operazione è in corso risulta difficile darne un giudizio. Un appunto però viene spontaneo: constatato che l’ultimo periodo espositivo del museo ha una vocazione e una predilezione per l’arte partecipativa non sarebbe più coerente offrire al visitatore l’entrata gratuita invece che a pagamento? Come nella vecchia InK di Urs Rausmüller.