«Il cinema? È un’invenzione senza futuro!» È stato proprio uno degli inventori del cinématographe, Louis Lumière, la prima cassandra a prevedere la morte del cinema. Ne vennero molte altre, e non solo quando nacque la televisione, ma sappiamo bene com’è andata: il cinema resiste, sebbene il suo consumo abbia nel frattempo conosciuto molte altre forme di fruizione (DVD e addirittura smartphone). L’occasione di vedere tanti capolavori del passato, remoto e recente, sul grande schermo di una sala dove non domina l’odore dei pop corn, ci è data dai benemeriti Cineclub del Ticino e dalla rassegna appena iniziata, Riscopriamoli.
Iniziamo dal Fritz Lang hollywoodiano. Scappato da Berlino quando Göbbels gli propose di prendere in mano il cinema tedesco/nazista («Non potevo certo accettare, ma rispondergli di no equivaleva al suicidio!»), Lang riprende negli USA quei temi che gli sono stati sempre cari: colpa e giustizia, odio e perdono, assassinio e vendetta, e questo sia in Fury, primo film girato nella mecca del cinema e ispirato a un fatto di cronaca (il tentato linciaggio di un innocente) e di cui Graham Greene disse: «L’unico film che conosco al quale posso affibbiare l’epiteto grande», sia in Rancho Notorius, storia di un uomo alla ricerca dell’assassino di sua moglie, il quale s’imbatterà in una dark lady impersonata dalla mitica Marlène Dietrich.
In cartellone troviamo molti titoli da ri/scoprire poiché spariti da anni (anche dai palinsesti tv) o usciti per l’espace d’un soupir. È il caso de Il fiume, primo film a colori di Jean Renoir, girato nel Bengala (aiuto regista: Satyajit Ray!) e opera di transizione dal realismo sociale a una narrazione più classica: si tratta di una «favola esotica, ampia e solenne, che chiede allo spettatore adesione contemplativa più che coinvolgimento emotivo» (M. Morandini). Oppure di Despair, trasposizione di un romanzo di Nabokov firmata da R. W. Fassbinder e interpretata da un indimenticabile Dirk Bogarde. Lo stesso Fassbinder si cala poi (probabilmente senza troppi sforzi…) nei panni di Baal, giovane poeta anarchico, il quale conduce una vita piena di eccessi, cercando così di riempire un vuoto esistenziale.
Girato nel 1970 da un giovane Volker Schlöndorff, tratto da una pièce di Bertolt Brecht, il film suscitò grande scandalo quando venne diffuso da una TV tedesca e uscì nelle sale solo 41 anni più tardi. Spazio infine alla Hollywood dei tempi d’oro con tre titoli divenuti ormai dei classici: Giungla d’asfalto di John Huston («Uno dei migliori noir della Storia», secondo il Mereghetti); Spettacolo di varietà, musical di Vincente Minelli con la coppia Fred Astaire e Cyd Charisse; e Infedelmente tua, regia di Preston Sturges: un mix di commedia-farsa e melodramma, dove il direttore d’orchestra Rex Harris, per vendicarsi del – vero o presunto? – tradimento della moglie immagina l’uxoricidio sulle note della Semiramide rossiniana, il perdono col Tannhäuser wagneriano e il duello col rivale con Francesca da Rimini di Ciajkovskij.
Parallelamente a Riscopriamoli!, i Cineclub ticinesi propongono anche una retrospettiva dedicata al regista canadese (ma il padre è un egiziano copto) Xavier Dolan, il quale a soli 28 anni ha già al suo attivo sei film, tutti o quasi premiati nei Festival più prestigiosi: «Quando si assiste a un suo film, è difficile percepire la sua giovinezza. I temi che gli stanno a cuore sono facilmente riconducibili all’ingenuità che caratterizza questo periodo della vita, ma il modo con cui li affronta è estremamente profondo e si rivela molto maturo» (M. Moretti). Un artista-promessa del cinema mondiale, che cita Truffaut e Godard tra i suoi modelli, ma che poi confessa di amare alla follia anche Titanic e Harry Potter.