Ritornello vade retro. Ecco un possibile slogan per quelle musiche di oggi che non si riconoscono nelle comuni e semplici architetture formali. Un disagio che inevitabilmente apre a temi basilari della creazione musicale: in che modo ordino le mie idee? Per quali vie le espongo a chi mi dovrebbe ascoltare? Fino a che punto devo accettare i vincoli di una comunicazione efficace?
E il problema, al di là del creatore, si pone anche per l’ascoltatore: cosa devo ascoltare? Che riferimenti devo cercare in una canzone o in una sinfonia?
La questione è tanto scivolosa quanto fondamentale, e il totem costituito dal ritornello è un’utile via di fuga. Si usano i ritornelli – in qualsiasi genere musicale – per trovare appoggi formali inequivocabili, per dare all’ascoltatore la possibilità di un riparo. Ogni quaranta secondi – succeda quel che succeda – ti riporto nella comoda casa che ti ho costruito.
Ci sono però espressioni musicali che non possono essere ridotte a questo continuo comeback, alla sempiterna strizzatina d’occhio in favore di pubblico, e sempre ci sono state: dal durchkomponieren wagneriano al rock psichedelico, dall’avanguardia classica a tutto il jazz piuttosto free. Ma nel recente rimescolamento di carte post-millennio, post-ideologia, post-commercio, post-tutto, sembra essere maturato un sentimento di maggiore libertà in chi crea musica e che si spinge in percorsi ben oltre le maglie del musicalmente dovuto.
Zu – Jhator
Affermatosi su scala planetaria come una delle realtà più vivide e pure in ambito jazzcore – la terra di nessuno dove il metal incontra il jazz e nessuno dei due sopravvive – il gruppo romano Zu ha prodotto quattordici dischi in vent’anni, spesso accanto a prim’attori della scena internazionale come Mike Patton, Damo Suzuki o Roy Paci. E sottolineata la radicalità essenza ritmico-noise del trio, il recente disco Jhator non può che spiazzare l’ascoltatore.
Tanto per cominciare perché contiene solo due tracce di più di venti minuti l’una – gli ampi archi temporali sono peraltro una delle più affascinanti facoltà di chi non usa ritornelli – e in secondo luogo perché non sono ritmo e distorsioni a farla da padrone. Si potrebbe addirittura parlare di echi ambient, se non fosse che tale genere propugna la stasi (e l’estasi) per se stessa. Jhator è invece narrazione sonora – affascinante e immaginifica – dell’omonima antica pratica funebre tibetana, quell’«elemosina agli uccelli» in cui il corpo del defunto viene donato agli avvoltoi.
Oiseaux-Tempête – AL-’AN!
Dopo la riverenza agli avvoltoi, quasi per caso (ma esiste davvero, il caso?) ecco altri uccelli: uccelli-tempestosi che ormai da più di un lustro si sono riuniti in Francia per creare vortici di musica indefinibile. Portentosi e destabilizzanti i tre dischi finora pubblicati, ai quali si aggiunge il recente AL-’AN a ribadire l’innovativa commistione di field-recordings (registrazioni ambientali realizzate in giro per il mondo), improvvisazione ed elettronica. Anche qui il percorso tracciato è di tipo narrativo – «e la vostra ombra è la vostra notte», recita il sottotitolo dell’album – anche se meno sorprendente che in passato è il risultato. A risultare stucchevoli più che altrove sono soprattutto le parti di batteria in puro stile post-rock anni ’00: batterie rallentate che impongono ritmica terrigna, autentico inciampo per il definitivo salto verso l’infinito.
Giusto Pio – Motore immobile
L’ultima suggestione discografica non è una novità, ma un omaggio alla recente scomparsa di Giusto Pio, morto alla veneranda età di novantun anni. Se le ideologie culturali del secondo Novecento non si fossero costrette in pregiudizi ottusi e improduttive lotte di quartiere, questo riservato violinista veneto dovrebbe oggi essere onorato e studiato da chiunque volesse abbracciare i più ampi sensi del far musica. Meravigliosi i suoi contributi all’opera di Battiato – sia quello sperimentale, sia quello pop – e straordinari alcuni dei suoi lasciti creativi: Motore immobile, album del 1979 (!), è puro concetto ma anche pura sensorialità, musica al tempo stesso monolitica e leggera, pochi ingredienti disposti secondo rara perfezione.