Bibliografia

Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore a cura di Paola Italia, Giorgio Pinotti e Claudio Vela. Adelphi 2017. 381 pagine


Una nuova cognizione e un nuovo dolore

Esce da Adelphi l’edizione riveduta del capolavoro gaddiano
/ 23.04.2018
di Pietro Montorfani

Sarebbe un errore ritenere secondaria, in Gadda, la vicenda narrata, soltanto perché evidentemente il cuore dello scrittore batteva per la lingua, lo stile, il gorgo verbale, più che non per il plot. Proprio perché la sua penna era al servizio della sua anima, e non a quello di una qualunque Signora Cesira che avesse il desiderio «d’aver tutti inginocchiati al livello della sua zucca» (ipse dixit), è bene agganciare saldamente periodi difficili come quelli della sua prosa a un contesto narrativo il più possibile sgombro ed inequivocabile. In altre parole, richiamare alla mente «di cosa parla» un testo di Gadda è azione preliminare e necessaria allo studio del «come lo dice».

La questione torna a interrogarmi ogni qual volta io debba prendere in mano un «nuovo» libro del grande scrittore, che davvero sta vivendo, dal punto di vista editoriale e critico (è tra i pochi autori defunti ad avere siti web degni di tale nome), una stagione fortunata, ricchissima, certo più di quelle che lui abbia potuto sperimentare in vita. E sono sempre grato a Gadda per aver fornito, in modo sì criptico, ma non per questo inaccessibile, una chiave d’ingresso ai testi nei titoli delle sue opere. Si pensi alle Novelle dal ducato in fiamme (1953, il ducato del Duce, l’Italia fascista di cui con sarcasmo aspirava a narrare cose «novissime») e naturalmente al Pasticciaccio (1957), preciso fin nella notazione toponomastica, quasi a voler costringere il lettore a non lasciare mai, con la mente, i paraggi di Via Merulana...

Meno semplice parrebbe lo scioglimento del nodo nella sua opera maggiore, se ancora dobbiamo tornare a chiederci di quale «cognizione» si parli, e di quale «dolore» (1963). A far luce, indirettamente, anche su questo problema, forse non dei filologi ma certo di tanti lettori comuni, giunge oggi la nuova edizione del libro, curata da Paola Italia, Giorgio Pinotti e Claudio Vela nell’ambito del vasto progetto di studio e ristampa dell’intero corpus gaddiano voluto dall’editore Adelphi. Tolti tutti gli orpelli, la patina linguistico-amministrativa di un’improbabile repubblica sudamericana, i finti invalidi di guerra, le modalità mafioso-fasciste e le piccole beghe di vicinato, al cuore del libro restano due questioni cruciali: il tormentato rapporto di un figlio con la propria madre, e l’altrettanto tormentato rapporto con la propria casa (intesa come edificio). Gelosie, rabbie e l’affannosa ricerca di soluzioni si muovono infatti attorno a questi due poli, la casa e la madre, e su entrambi la nuova edizione della Cognizione aggiunge gustosissimi dettagli biografici e documentari: dalla crux dello scrittore nella gestione delle ipoteche della villa di Longone (Brianza), la «fottuta casa di campagna» ereditata da un padre megalomane assieme a una marea di debiti, allo strazio per la scomparsa della madre nel 1936, a ridosso della prima messa a fuoco dell’opera.

L’edizione non è commentata, nel senso comune del termine, ma la lunga Nota al testo (un centinaio di pagine) è un saggio di prim’ordine che non lascia rimpianti. Segno che l’idea forte di una certa scuola filologica novecentesca, dei Contini e degli Isella, ha ancora qualcosa da dire ai lettori di oggi, se è vero che una rigorosa ricostruzione genetica della storia del testo, delle sue stratificazioni e dei suoi agganci alla biografia dell’autore, è spesso il miglior commento che si possa offrire.