Una nostalgia ben riposta

Dalla sedia dell’analista: 35 anni dopo, il capolavoro dei Tears for Fears riacquista nuova vita grazie a un cofanetto celebrativo a dir poco magistrale
/ 13.04.2020
di Benedicta Froelich

Nella storia del pop-rock di matrice anglosassone, vi sono album che hanno segnato indelebilmente l’immaginario della propria generazione d’appartenenza; e sebbene l’effetto nostalgia e il rimpianto per la giovinezza perduta giochino senz’altro un ruolo di rilievo nell’odierna rivalutazione della musica anni 80, non c’è bisogno di essere degli esperti per rendersi conto di come la formazione inglese dei Tears for Fears non corrisponda affatto all’identikit della tipica «meteora» degli eighties – ovvero, a quell’effimera tipologia di one hit wonders che, dopo un solo 45 giri di successo, sono state presto inghiottite dall’anonimato.

In realtà, il duo fondato nel 1981 da Roland Orzabal e Curt Smith si è dimostrato ben più creativo e artisticamente solido della maggior parte dei gruppi del tempo, al punto da aver proseguito il proprio sodalizio ben oltre l’epoca d’oro, conquistandosi nel frattempo una folta schiera internazionale di fan. E a detta di molti di essi, l’album forse più rappresentativo della band (e senz’altro quello di maggior successo critico e commerciale) è Songs from the Big Chair, che oggi, in occasione del 35mo anniversario della pubblicazione, beneficia di una riedizione a dir poco lussuosa. Si tratta della ristampa di un cofanetto originariamente pubblicato nel 2014, ormai da tempo esaurito – e ora, infine, riproposto ai molti fan ansiosi di approfittare dei ben sei dischi in esso racchiusi; i quali, sebbene traboccanti delle solite, inevitabili quanto superflue, versoni remix, offrono all’ascoltatore anche una miriade di inediti e vari lati B – insieme a selezioni live tratte dal ben noto concerto alla Massey Hall di Toronto e dalle favoleggiate sessioni con Richard Skinner; materiale che, a distanza di oltre tre decenni, appare particolarmente prezioso, e che è qui accompagnato da due booklet commemorativi.

Del resto, nel 1985, il successo di Songs from the Big Chair finì per stupire i suoi stessi autori: infatti, benché, due anni prima, l’esordio The Hurting fosse stato accolto da ottimi riscontri, il secondo album costituiva una sorta di azzardo per Orzabal e Smith, i quali scelsero di convertire il synth-pop del disco precedente in atmosfere di più ampio respiro, in grado di spaziare dal sound cantautorale e intimista della ballata Woman in Chains alle sonorità quasi orchestrali e polifoniche del tormentone radiofonico Shout, forse la hit più nota del duo. Tali suggestioni appaiono valorizzate appieno da questo nuovo box set, nel quale l’album viene presentato in ben due versioni rimasterizzate (di cui una in surround 5.1, a opera di Steven Wilson), il che dona a ogni traccia una purezza di suono assoluta, a esaltare la forza e pulizia degli arrangiamenti – confermando, una volta di più, come il disco risulti tuttora moderno, grazie alla potenza di un sound raffinato e a una perfetta fusione tra testo e musica.

Soprattutto, Songs from the Big Chair mostra la versatilità del songwriting di Orzabal, principale autore del repertorio dei Tears for Fears, il quale si cimenta qui con brani assolutamente delicati e struggenti – su tutti, I Believe, dedicato allo storico musicista progressive Robert Wyatt – senza, tuttavia, disdegnare le sperimentazioni (si vedano The Working Hour e Broken, intrisi di influenze jazz di matrice statunitense). Il disco conduce così le suggestioni tematiche degli esordi a un livello ancor maggiore di consapevolezza, riprendendo l’interesse di Roland per la psicoanalisi, fortemente legato alla sua infanzia traumatica e qui evidente fin dal titolo – riferimento alla «big chair» dell’analista di Sybil, donna dalle personalità multiple protagonista di una celebre miniserie televisiva anni 80.

E in effetti, l’unica, inspiegabile mancanza di questa pur accuratissima edizione risiede nell’assenza delle bonus tracks già incluse nella prima ristampa commemorativa del 1999: su tutte, la misconosciuta «title track» The Big Chair, la quale riproduceva tutta la destabilizzante angoscia della malattia mentale di Sybil. A parte ciò, comunque, il cofanetto realizza ogni possibile desiderio degli ascoltatori, offrendo ben tre dischi di remix, outtakes, missaggi alternativi ed esibizioni live delle varie tracce, tra cui tutte le versioni esistenti (singolo, videoclip e radio edit d’epoca) di ogni hit. Non solo: i due DVD che chiudono il ricco box set includono anche il documentario Scenes from the Big Chair e svariate esibizioni live presso la BBC, mentre una guida completa ai contenuti è poi fornita dai booklet, vere e proprie rarità per completisti.

Così, questa riedizione di Songs from the Big Chair rappresenta una preziosa occasione per riscoprire il contributo fornito alla storia del pop-rock da un gruppo d’indubbio valore, ma troppo spesso relegato nell’ambito delle «macchine da hit’ tipiche degli anni 80; oltre che per ricordare come, lungi dall’adagiarsi sugli allori, Roland e Curt siano a tutt’oggi attivi come live performers. In barba ad ogni facile nostalgia.