Dove e quando

Dentro Caravaggio, Palazzo Reale, Milano. A cura di Rossella Vodret. Fino al 28 gennaio. Catalogo Skira, euro 46. Audioguida compresa nel prezzo del biglietto. www.caravaggiomilano.it


Una mostra di indagine e ricerca

Caravaggio a Palazzo Reale di Milano
/ 16.10.2017
di Gianluigi Bellei

Ci sono artisti così inflazionati nel panorama delle mostre che a volte fanno venire un po’ l’allergia da sovraesposizione. Uno di questi è sicuramente Picasso, onnipresente sia per il richiamo del nome sia perché ha distribuito la sua innumerevole produzione agli altrettanto numerosi figli, mogli, eccetera, che la vogliono far fruttare. Ci sono poi artisti di forte impatto e richiamo che per ragioni di scarsa produzione pittorica non sono particolarmente presenti. Uno di questi è sicuramente Caravaggio. Storica l’esposizione del 1951 a Milano curata da Roberto Longhi con un comitato composto, fra gli altri, da Carlo Ludovico Ragghianti, Walter Friedlander, Giulio Carlo Argan, Rodolfo Pallucchini e Lionello Venturi. In quell’occasione sono state esposte 193 opere delle quali 61 del Caravaggio fra copie e attribuzioni. Quella data fa da spartiacque per la querelle, spesso furiosa, riguardante la datazione dei dipinti, soprattutto quelli della Cappella Contarelli per San Luigi dei Francesi a Roma che segna il confine fra le opere giovanili e quelle dell’età matura. La datazione ora viene fissata tra il 1599 e il 1600 e di nuovo nel 1602. Nel 2009 Rossella Vodret presenta un volume con l’opera completa dell’artista. In questo caso i dipinti, diciamo certi, risultano sessantacinque. L’anno seguente, in occasione del quarto centenario della morte, alle Scuderie del Quirinale di Roma sempre la Vodret cura un’esposizione basilare che cerca di fare il punto sulla vita e le opere del Caravaggio («Azione», 19 aprile 2010).

Due le novità secondo la curatrice: gli studi d’archivio e quelli sulla tecnica esecutiva. Senza dimenticare quelli sulla datazione dei dipinti che ruotano attorno all’arrivo di Caravaggio a Roma. Prima del 2010 si riteneva che l’arrivo a Roma fosse stato nel luglio 1592. Dopo il 2010 e la consultazione di nuovi documenti d’archivio, la data viene posticipata al 1596. Quattro anni, dal 1596 al 1600, durante i quali bisognava inserire le opere giovanili. Nel 2017 Riccardo Gandolfi presenta nell’ambito di una giornata di studi alla Sapienza di Roma un manoscritto inedito di Gaspare Celio datato 1614 che contiene una biografia dell’artista e ci aiuta a meglio comprendere quegli anni.

Utilizzando anche questi recentissimi studi prende avvio l’attuale esposizione di Palazzo Reale a Milano, sempre curata da Rossella Vodret, che presenta venti opere di Caravaggio. Ovviamente nessun grande capolavoro come quelli della Cappella Contarelli e di Santa Maria del Popolo o magari le enormi tele dell’ultimo strepitoso periodo come la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori ricoverati a Messina. Alcuni erano presenti nella mostra Caravaggio: l’ultimo tempo 1606-1610 al Museo di Capodimonte di Napoli del 2004. Ma d’altronde è impensabile che venga prestata, per esempio, la tela Le sette opere della misericordia della chiesa del Pio Monte della Misericordia di Napoli dato che è il principale motivo di visita.

La mostra milanese da una parte approfondisce la ricerca documentaria e dall’altra scandaglia la tecnica esecutiva tramite indagini diagnostiche su 13 tele; altre 20 sono state studiate durante la precedente mostra romana.

Tre sono i motivi per andare a vedere l’esposizione. Il primo riguarda le 20 opere esposte che coprono tutto l’arco temporale della vita di Caravaggio, dal Riposo durante la fuga in Egitto del 1597 al Martirio di sant’Orsola del 1610.

Il secondo consiste appunto nella ricerca che svela alcune vicende della vita di questo personaggio dal «cervello stravagantissimo», così inquieto, intemperante, moderno. A Roma, per esempio, l’11 luglio 1597, durante l’interrogatorio di Pietropaolo Pellegrini, da parte del Tribunale criminale del Governatore, riguardante il furto di un mantello trovato da Caravaggio scopriamo che Pellegrini, cercando di spiegare chi è Caravaggio, dice che dal parlare «tengo sia milanese», meglio «lombardo, perché lui parla alla lombarda». Poi il 26 agosto 1605 la proprietaria del suo appartamento, tale Prudenzia Bruni, fa sequestrare i mobili e gli effetti personali dell’artista perché da sei mesi non paga l’affitto. Il notaio Lutius Marchetti annota tutto. Leggiamo così che ha pochissime cose: dei vestiti stracciati, 2 piatti ma 11 bicchieri, 3 pugnali, 2 orecchini, 1 scudo a specchio (tutto materiale che troviamo raffigurato nei suoi dipinti) e, soprattutto, 12 libri. Tanti! Sfortunatamente i titoli non sono menzionati.

Spostando la data di arrivo a Roma nel 1596 rimane un periodo, fra il 1592 e appunto il 1596, del quale non si sa nulla. Quattro anni. Molti per un’avventura durata così poco: Caravaggio muore il 18 luglio 1610 dopo essere nato a Milano il 29 settembre 1571. Questi anni sono in parte coperti dal nuovo manoscritto di Gaspare Celio intitolato Vite degli artisti. Celio scrive di un delitto commesso ai danni di un amico. Tra il 1617 e il 1621 Giulio Mancini fa alcune Considerazioni sulla pittura e a tale riguardo annota: «Fece delitto. Puttana scherzo et gentilhuomo scherzo» – che sembra voler indicare un goliardata finita male – ma soprattutto «fu prigion un anno»: il che può spiegare il vuoto di quel periodo.

Il terzo motivo riguarda le analisi eseguite sulle opere che in mostra sono adattate per il grande pubblico sintetizzando le caratteristiche tecniche di ciascun dipinto per vedere che cosa c’è dietro la pellicola pittorica e per capirne l’evoluzione. La svolta della sua tecnica è data dalla realizzazione della Cappella Contarelli nel 1600. In quell’occasione deve dipingere due grandi tele in un anno e quindi elaborare un sistema per velocizzarne l’esecuzione. Trova la quadratura dipingendo il fondo – che con gli anni diventa sempre più scuro sino a risultare nero – di un solo colore, il più vicino possibile al risultato finale. Quindi pittura solo le parti chiare delle figure e le mezzetinte. Man mano che il fondo diventa nero aumentano le possibilità di non vedere più i segni del pennello utilizzati per realizzare i contorni delle figure. Nascono le incisioni che altro non sono se non veloci solchi apposti con uno stilo sull’imprimitura ancora fresca per delineare i segni principali del volto o dei panneggi.

In mostra i dipinti sono posizionati al centro della sala. Sul retro uno schermo visualizza le rispettive riflettografie e radiografie e le posizioni delle incisioni. I video però sono forse troppo veloci per poterne apprezzare il contenuto. In soccorso viene il prezioso catalogo che contiene anche un e-book con tutte le informazioni: dalle indagini svolte sul dipinto al supporto utilizzato, dagli strati preparatori al disegno e all’abbozzo fino agli strati pittorici e alla bibliografia, per finire con la storia conservativa, i vari interventi di restauro eseguiti nel tempo e le relative immagini esplicative. Questo per ogni dipinto.

Una mostra tutta da gustare e un doppio catalogo tutto da leggere. Ottimo l’allestimento; buona l’illuminazione.

Attenzione: il Martirio di sant’Orsola verrà ritirato dalla mostra il 27 novembre, mentre Giuditta che taglia la testa di Oloferne il 10 dicembre.