Dove e quando
Paul Klee. Die abstrakte Dimension. Fondation Beyeler, Basilea. A cura di Anna Szech. Fino al 21 gennaio 2018. Catalogo Hatje Cantz, fr. 62,50. www.fondationbeyeler.ch

Paul Klee con il gatto Fripouille, Possenhofen, 1921 (Felix Klee, Zentrum Paul Klee, Berna, donazione Fam. Klee, © Klee-Nachlassverwaltung, Berna)        


Una dimensione astratta

Paul Klee alla Fondation Beyeler di Basilea
/ 27.11.2017
di Gianluigi Bellei

Paul Klee nella letteratura artistica è considerato un musicista che traspone nella pittura la sua visione. Proviene da una famiglia di musicisti; Hans, il padre, studia canto, piano, organo e violino al conservatorio di Stoccarda. Fino al 1931 lavora come maestro di musica a Berna. La madre, Ida Frick, studia canto. Paul nel 1886 a sette anni prende lezioni di violino e diventa membro dell’orchestra di Berna. In opposizione ai dettami genitoriali inizia però a scrivere e disegnare. Nel 1898 segue i corsi di disegno nella scuola privata di Heinrich Knirr e dal 1900 è all’Accademia di Belle arti di Monaco di Baviera con Franz Stuck. Ha una doppia vita e una doppia morale: tratto tipico della borghesia del tempo.

Da un parte, di giorno, frequenta la pianista Lily Stumpf e dall’altra, di notte, i bordelli malfamati. Amore da una parte e sesso dall’altra. Dopo il matrimonio con Lily e la nascita del figlio Felix i coniugi fanno vita ritirata. Lei insegna pianoforte e lui si occupa delle faccende domestiche e dell’educazione del figlio. Nel 1912 viene invitato da Franz Marc e Vasilij Kandinskij a partecipare alla seconda mostra del Gruppo Blaue Reiter. Ma è nel 1914 che scopre la sua autonomia artistica e contemporaneamente la potenza del colore durante un viaggio formativo, ancorché breve, in Tunisia assieme ad August Macke e Louis Moilliet. Nel suo diario scrive: «Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo tutt’uno. Sono pittore».

Dopo la Prima guerra mondiale, che lo vede all’inizio scettico ma favorevole e in seguito decisamente critico, è all’apice del successo e delle vendite. Nel 1920 lavora al Bauhaus di Weimar, chiamato da Walter Gropius. Qui viene riproposta l’opera d’arte totale e Klee è maestro di forma nella legatoria prima e responsabile dei laboratori di pittura murale e su vetro poi. «A volte – scrive – sogno un’opera di una vastità enorme attraverso tutta l’aria elementare, oggettiva, contenutistica e stilistica… Abbiamo iniziato là al Bauhaus, abbiamo iniziato con una comunità alla quale diamo tutto ciò che abbiamo».

Arriva Hitler. Klee non capisce bene il problema e rimane sempre fiducioso sugli sviluppi. Poi viene bollato come artista degenerato. Nel 1933 dipinge l’autoritratto intitolato Cancellato dalla lista. Perde la cattedra all’Accademia di Düsseldorf ma pure la sua dignità. Nel dipinto inserisce una grande X nera. Si stabilisce a Berna. Nel 1936 gli viene diagnosticata una sclerodermia progressiva. Muore nel 1940 nella clinica Sant’Agnese di Muralto.

La Fondation Beyeler di Basilea rilegge la sua opera e il suo rapporto con l’astrattismo. 109 dipinti, scelti fra un corpus di circa diecimila, per affrontare un tema cruciale del suo percorso. Siamo agli inizi del secolo e l’astrattismo irrompe e rivoluziona il linguaggio artistico; lo sovverte. Pensiamo solo a personaggi come Pablo Picasso, Kazimir Malevič o Piet Mondrian. Nessun riferimento alla realtà ma solo colore, linee, movimento. L’uomo esce di scena e a rappresentarlo ci sono le idee, i concetti. Man mano che la drammaticità degli avvenimenti si susseguono l’immagine dell’uomo scompare contribuendo a creare l’arte tragica e impalpabile del dopoguerra. Ancor oggi ne rimangono gli strascichi attraverso creazioni intellettualisticamente irrilevanti e prive di téchne: unicamente mentali.

Ma cento anni fa era diverso. Perché l’arte è sempre bene inserirla in un contesto generale come sostiene Meyer Schapiro. Klee, forse per questo ebbe tanto successo: elabora un suo modello di astrattismo mescolando, e facendo interagire, le linee e i colori con le più disparate forme tratte dalla natura. O magari, come scrive Anna Szech, solo perché la pittura astratta risulta spesso ermetica, impregnata d’esistenzialismo e portatrice di tratti totalitari, mentre quella di Klee è considerata, al contrario, come più facilmente accessibile, romantica, sensibile. Nel 1963 Jean-Paul Sartre scrive che «Klee è un angelo, mentre Wols un povero diavolo». All’inizio questa accessibilità si manifesta tramite i colorati paesaggi di Hammamet e Kairouan; in seguito con le variazioni ritmiche «musicali» e infine con una drastica riduzione delle forme nel decennio del Bauhaus. Nel 1915 nel suo diario scrive: «Quanto più spaventoso è questo mondo (come oggi), tanto più astratta è l’arte. Mentre un mondo felice produce un’arte dell’aldiquà».

L’esposizione è suddivisa in sette sale e rispetta l’ordine cronologico. Segnaliamo Teppich der Erinnerung del 1914 con i suoi motivi geometrici; Klassische Küste del 1931 con il suo puntinato geometrico dal quale si intravede la sagoma, appunto, di una costa lambita dal mare; Welthafen del 1933 con i suoi rimandi alla scrittura cuneiforme e ai geroglifici; fino agli ultimissimi lavori zeppi di luce e fantastici segni come Zeichen in Gelb del 1937, una sorta di «tapis de la vie», come lo descrive Ernst Beyeler, dai colori luminosi intrisi di ludici segni neri. Ohne Titel (Gitter und Schlangenlinien um «T») del 1939 è il tragico epilogo di un dramma umano e politico che si spegne con quelle grate in alto come a prospettare una prigione nel fanatismo del nazionalsocialismo. Scompare così il mondo incantato pieno di sole sfaccettato e inebriante del breve viaggio a Kairouan, presente all’inizio del percorso.

Dopo la morte a Muralto, Klee è stato sepolto assieme alla sua Lily nel cimitero di Berna. Il figlio Felix fa incidere le parole del suo programma: «Non appartengo solo a questa vita / Poiché io vivo bene coi morti / Come con i non nati / Più vicino di altri al cuore della creazione / Ma sempre troppo lontano».

Bella mostra, buone le luci, interessante il catalogo con saggi delle storiche dell’arte, ed esperte di Klee, Fabienne Eggelhöfer e Regina Prange, ma anche del direttore d’orchestra Teodor Currentzis e dell’architetto Peter Zumthor.