Un viennese dalle radici armene

Il violinista Emmanuel Tjeknavorian al LAC il 14 marzo con l’Osi
/ 04.03.2019
di Enrico Parola

«I miei genitori erano entrambi musicisti: papà direttore e compositore, mamma pianista; e non volevano che seguissi le loro orme». Ha disobbedito, Emmanuel Tjeknavorian: sarà lui il solista nel Concerto per violino di Brahms che l’Orchestra della Svizzera Italiana accosterà giovedì 14 alla Terza Sinfonia Renana di Schumann. A soli 23 anni. «Diciamo che ho iniziato a fare i capricci presto» ironizza «A due anni ero già sul palco: pretendevo di dirigere a fianco di papà. A cinque chiesi un violino e già due anni dopo facevo il mio primo concerto pubblico; ad accompagnarmi fu proprio mia madre». 

Emmanuel è nato e cresciuto a Vienna, patria del Classicismo aureo di Haydn, Mozart e Beethoven; ma la famiglia, come certifica il cognome, ha radici armene. «All’inizio non ci pensavo tanto, ma ora il saper parlare armeno e poter leggere la letteratura russa in lingua originale mi regala belle sensazioni; così come suonare musiche di quella terra». Se lo farà a Lugano sarà solo per il bis: il Concerto di Brahms vide la luce nell’estate del 1878 in un ameno paese della Carinzia che si specchia nel Wörthersee, Pörtschach; un luogo magico che per il compositore amburghese profumava di note e armonie. Amava passeggiare immerso nella natura e tutto lì, dai prati in fiore alle acque lacustri, gli suggeriva idee musicali; non è un caso che oltre al Concerto vi furono composte anche la gioiosa Seconda Sinfonia e la Sonata op. 78.

Nonostante la luminosità e la serenità, questo concerto è tutt’altro che una passeggiata di salute per il solista, chiamato ad affrontare una parte sì piena di canto meraviglioso, ma anche irta di tanti passaggi di enorme virtuosismo. Brahms era un ottimo pianista, non un violinista, e non gli era facile cesellare una scrittura perfettamente adeguata all’idioma degli strumenti ad arco; si affidò al rinomato virtuoso Joseph Joachim, amico sincero nonché già sodale di Schumann, confidente fraterno di Johannes e scopritore del suo genio. Il sodalizio fu proficuo e il Concerto è diventato uno dei più amati di tutta la letteratura violinistica; eppure tutti i grandi virtuosi dell’archetto muovono all’autore un rimprovero. 

La melodia più bella non viene presentata dal violino, bensì dall’oboe, che per primo intona il lirico tema dell’Adagio. Dettaglio forse non trascurabile, ma sicuramente scusabile pensando ai tantissimi altri momenti dove le qualità timbriche e tecniche del solista vengono esaltate. Bellezze e prodezze che non spaventano il 23enne austriaco (compirà 24 anni in aprile): «Nella musica solo l’1 per cento è talento, che viene dal Creatore e su cui non possiamo fare nulla; il 99 per cento è studio e applicazione, e su questo possiamo lavorare». Alla direzione dell’OSI ci sarà Markus Poschner, impegnato anche nella Renana di Schumann.