Gli artisti concettuali Dear Ribane


Un safari culturale d’alto livello

A Ginevra è di nuovo andato in scena Antigel, festival multidisciplinare che si fa un baffo delle convenzionalità e invita il pubblico a scoprire mondi nuov
/ 25.02.2019
di Giorgia e Muriel Del Don

Definire il gigantesco festival Antigel come un «safari culturale» fra i differenti comuni che compongono la grande Ginevra (per riprendere le parole dei suoi organizzatori), ci sembra davvero azzeccato. Un safari interattivo però, dove gli spettatori possono scendere dalle loro jeep per osservare da vicino le creature che li attorniano. Osservare, capire, amare e persino (nella migliore delle ipotesi) entrare in simbiosi, ecco lo scopo che si prefissa una delle manifestazioni culturali più accattivanti non solo della Romandia ma dell’intera Svizzera. Al di là dei generi (tanto artistici quanto sessuali), dell’età o della provenienza geografica, gli abitanti (spettatori ma anche interpreti) della giungla antigeliana si raggruppano durante tre settimane sul territorio ginevrino per creare una coreografia effimera e sfaccettata, fatta di musica, danza, arte culinaria e tessile.

Antigel ha fatto della libertà il suo credo; la kermesse non circoscrive gli spettacoli a un solo luogo, limitandosi a uno stile o cedendo all’omogeneità di una programmazione concepita a tavolino. Al contrario il festival sul Lemano erige delle frontiere talmente permeabili da trasformarsi in puro concetto: audace e sempre rivolto al futuro. In effetti, a differenza di altre manifestazioni che ogni anno cercano di proporre una programmazione minuziosamente calibrata e sorretta da un tema federatore, Antigel si pone come esploratore: di nuovi territori da conquistare in nome della cultura, di nuovi slanci vitali da infondere a una regione intera, e soprattutto di nuove dinamiche fra centro e periferie che spingano il pubblico ad avventurarsi lontano dalla propria comfort zone. Emblematici in questo senso i concerti nella piscina del Lignon, seduti tra i banchi della chiesa di Bernex, o ancora gli spettacoli di danza nella sala del Lignon attorniata dalle sue imponenti torri abitative.

Lontano dall’elitismo che contraddistingue buona parte delle manifestazioni artistico-culturali svizzere, il festival romando assomiglia più a un comodo divano sul quale sdraiarsi avvolti in uno scintillante vestito di paillettes. Che gli spettatori portino una taglia XS o una XXXL, Antigel avrà di sicuro un vestito adatto per loro, affinché si sentano a proprio agio e partecipino al meraviglioso safari invernale. «Osate, siate selvaggi, esplorate e non dimenticatevi di rimanere pop», questa è la formula magica utilizzata senza moderazione da Antigel.

Sempre più convinto del potere della cultura (e di conseguenza delle differenti organizzazioni culturali) in quanto vettore di cambiamento sociale, il festival ginevrino punta anche quest’anno sul suo progetto Antidote, sviluppato in partenariato con differenti attori sociali del cantone: l’Hospice général, Scène Active, l’Association pour la Promotion des Droits humains, FLAG 21, la Croix-Rouge Genève e Filinea. L’edizione 2019 propone un progetto di atelier interculturali e intergenerazionali di sartoria.

Si tratta di momenti privilegiati d’incontro fra persone in situazioni molto diverse; richiedenti l’asilo, sarti professionisti, senior iper motivati e giovani alla ricerca della propria identità hanno dato vita a variopinte borse in tessuto wax i cui ricavati andranno all’associazione elisa-asile. Preziose occasioni di apertura, di condivisione delle proprie paure ma soprattutto di riscoperta delle risorse. La cultura approcciata non solo in quanto caleidoscopio attraverso il quale osservare la realtà, ma anche come strumento universale e democraticamente accessibile grazie al quale ricollocarsi in un tessuto sociale troppo spesso ostile.

Le compagnie di danza Dear Ribane – che ha incendiato il Théâtre de l’Usine – e Lia Rodrigues Companhia de Dança, art et société – che ha invaso la Salle du Lignon – hanno incarnato alla perfezione questo spirito rivoluzionario e sociale. La prima, sorta di amalgama familiare (il gruppo è formato dalla performer Manthe Ribane, oltre a sua sorella e suo fratello) e pluridisciplinare fra moda, musica e performance, ci presenta una personale e attuale versione della «pantsula», danza per la libertà d’origine sudafricana in cui si afferma la propria cultura attraverso un linguaggio indecifrabile per la polizia. Il tutto arricchito da costumi fluorescenti un po’ hipster.

La seconda invece, attiva nella gigantesca favela Maré di Rio de Janeiro, si presenta per la prima volta a Ginevra regalando ai suoi spettatori Fúria che, come indica il titolo, è un’esplosione catartica che interroga l’alterità nelle sue forme: sessuale, sociale, linguistica, razziale. Le creazioni di Lia Rodrigues, sempre profondamente ancorate al tessuto sociale che le ha viste nascere, sublimano la violenza e la povertà trasformandole in grida di ribellione.

Assolutamente rivoluzionarie anche le lunghe notti del Grand Central, per l’ultima volta nell’imponente Tour CFF (Pont rouge), che danno il via a un grido queer capace di sfidare le barriere di genere creando un’onda di choc che si ripercuote per tutto il festival. A innescare questo terremoto la coppia composta da DJ Lakuti, fondatrice del label Uzuri e co-programmatrice delle «Friday Nights» del Panorama Bar di Berlino e sua moglie Tama Sumo, resident del mitico Panorama e militante queer.

In sintonia con questa sensibilità permeabile ai generi socialmente imposti, il magnifico MDLSX degli italiani Motus interpretato dalla magnetica Silvia Calderoni (v. «Azione» 11 giugno 2018, Ndr). MDLSX, intenso monologo sulle frontiere di genere e le norme sociali fra biografia e citazioni letterarie, apre il dibattito sulla permeabilità di un’identità non sempre disposta a essere imbrigliata. Come sempre anticonvenzionali anche i mitici Low (band slowcore del Minnesota), che hanno illuminato la sontuosa sala dell’Alhambra.

Outsider rispetto al testosteronico universo rock, i Low da più di venticinque anni sfidano le convenzioni. Coppia nella vita e in scena, i leader del gruppo non hanno mai nascosto la loro fede nel mormonismo che si insinua nei testi delle canzoni tingendole di un’affascinante spiritualità decisamente atipica rispetto al classico universo rock. Le creazioni sonore, fra avanguardismo e messianismo, trasportano lontano, fino ai confini del mondo. Un viaggio immaginario, quasi spaziale che ci dimostra ancora una volta quanto i confini di Antigel siano impossibili da raggiungere.