Il programma di «Segni di jazz»

Dopo la serata anteprima andata in scena a Como lo scorso 2 marzo, il Festival di Chiasso aprirà i battenti al Cinema Teatro di Chiasso giovedì 14 marzo con il concerto solista di Fred Hersch (ore 20.45), seguito dall’attesa performance della nuova stella del jazz francese, Camille Bertault (22.30). Venerdì 15 grande momento in prima serata per il concerto solo del percussionista Trilok Gurtu (ore 20.45), mentre alle 22.30 l’ottima band di Michael Fleiner proporrà il suo repertorio latino (vedi articolo a lato); alle 24.00 secondo appuntamento con Fred Hersch, in duo con il fuoriclasse britannico Gwilym Simcock.

Sabato 15 marzo, infine, Hersch avrà l’onore del concerto d’apertura (ore 20.45) con un trio formidabile, di cui fanno parte Drew Gress al contrabbasso e Joey Baron alla batteria. Grande esplosione di energia invece alle 22.30 per il concerto di una delle band storiche della fusion internazionale, gli Incognito. Come di consueto, le tre serate saranno animate da Dj Set e da momenti «After». Info: www.centroculturalechiasso.ch


Un residente da Grammy, Fred Hersch

Al Festival di Chiasso (dal 14 al 16 marzo) un programma originale e di richiamo, in cui si inserisce, con tre concerti, uno dei maggiori pianisti oggi in attività
/ 11.03.2019
di Alessandro Zanoli

Per la seconda volta il Festival Jazz di Chiasso offrirà al suo pubblico un’originale proposta artistica. Dopo l’esperienza compiuta lo scorso anno con la «residence» di tre giorni affidata al pianista israeliano Shai Maestro, quest’anno, nell’edizione intitolata «Segni di jazz», a raccogliere il testimone sarà Fred Hersch, uno dei solisti in attività più quotati e apprezzati. Ognuno dei suoi dischi recenti non ha mancato, si può dire, la Nomination ai Grammy, e questo non è certamente molto frequente. A Chiasso potremo seguirlo in un crescendo che lo vedrà sul palco giovedì 14 marzo da solista; poi venerdì 15 in duo con lo straordinario pianista e compositore inglese Gwilym Simcock. Sabato 16, come coronamento di una progressione incredibile, Hersch salirà sul palco con due fuoriclasse come Drew Gress e Joey Baron.

Mr. Hersch, come interpreterà il concetto di «residenza artistica» a Chiasso? È la prima volta che riceve un’offerta di questo tipo?
Il prossimo mese di maggio segnerà il tredicesimo anno in cui sono chiamato alle «Duo Invitation Series» al locale Jazz Standards di New York. Si tratta di una serie di concerti in cui invito un partner diverso ogni sera: comprese alcune ripetizioni mi capita quindi di suonare con oltre quaranta diversi ospiti. Sempre quest’anno, in aprile, la serie sarà organizzata anche sulla West Coast: prevede una mia serata da solista e una serata in duo con vari musicisti, tra cui, tra gli altri, Charles Lloyd. Quindi questo concetto «carte blanche» è una proposta che mi vedo rivolgere spesso. Mi piace molto l’idea di suonare con artisti che ammiro, e vedere cosa succede quando siamo sul palco.

Siamo curiosi di sapere se ci sarà un pensiero musicale strutturato che attraverserà i tre set...
No, saranno tre concerti completamente diversi, nessun collegamento tematico tra le serate.

Parliamo del concerto in dimensione solistica. 
Credo di aver registrato più album da solista che in duo o in trio, anche se, guardando i numeri, siamo più o meno lì. Quando suono da solista, invece di interagire con i musicisti della formazione, cerco di interagire con il pianoforte stesso, con l’acustica della sala in cui sto suonando e con i pezzi particolari che ho scelto. C’è sempre un equilibrio che va ricercato tra libertà esecutiva e focus organizzativo del pezzo. Quindi per me un concerto in solo è come programmare un pranzo in cui armonizzare differenti stati d’animo, tonalità, contrasti tra approcci ed emozioni. Nonostante possa affrontare e interpretare alcuni pezzi nella stessa maniera di volta in volta, secondo l’evoluzione che hanno avuto, i dettagli sono sempre diversi e voglio usare il materiale come base per una storia musicale.

Per ciò che riguarda la seconda serata della «residence», il duetto che intratterrà con il pianista Gwilym Simcock è una prima assoluta.
Non ho mai suonato con Gwilym. Sono un suo ammiratore e gli ho scritto una email, circa un anno fa, per iniziare una corrispondenza e un’amicizia. Mi piace molto il set con due pianoforti, anche se può essere un po’ rischioso, specialmente se uno dei due tende a suonare «troppo». Bisogna sempre tenere a mente che, in quel contesto, si è soltanto la metà di un suono complessivo e occorre comportarsi di conseguenza. Suoneremo alcuni miei brani, alcune delle sue composizioni e qualche pezzo di uno dei nostri eroi, di cui condividiamo la passione, Kenny Wheeler.

Il concerto in trio di sabato avrà una formazione diversa da quella che abbiamo ascoltato nel 2017, a Chiasso.
Ho suonato con Drew Gress per più di 15 anni, all’inizio con Tom Rainey alla batteria e poi con Nasheet Waits. Joey Baron ha suonato nei miei primi dischi in trio (Horizons, con Marc Johnson e Sarabande, con Charlie Haden). Con Marc Johnson, tra l’altro, Joey ed io abbiamo suonato per anni quale sezione ritmica di Toots Thielemans. Più di recente ho suonato con Drew in un trio, con Billy Hart alla batteria, ma con Joey sono più di 25 anni che non suoniamo. Abbiamo condiviso un lungo periodo di storia, possiamo dire, ma nonostante ciò non abbiamo mai sperimentato questa formazione particolare. Mi aspetto che sia un’occasione eccezionale e di grande divertimento.

Negli ultimi anni i suoi dischi hanno avuto un successo straordinario. Cambia qualcosa questo nel suo modo di affrontare la musica?
L’unica cosa che posso fare è continuare a «rendere le cose semplici». Non mi aiuta guardarmi intorno e confrontare quello che suono con ciò che propongono i molti altri pianisti che sono in attività oggi. Ho seguito un’evoluzione, nel bene e nel male, ho maturato uno stile molto personale a cui ho lavorato per quarant’anni. Ricevere i premi e diventare popolare è molto gratificante, così da poter suonare nei migliori festival e nelle sale più belle, ma attribuisco questo successo al volermi mantenere il più possibile aderente a quello che faccio e nel cercare di farlo sempre al meglio delle mie possibilità. Voglio che il pubblico sia toccato dalla mia musica, che si diverta e mi dia fiducia, lasciandosi accompagnare in un viaggio musicale piacevole a ogni concerto. Essere semplice non vuol dire suonare in modo facile. Devo suonare ogni frase in collegamento coerente con la seguente, devo rimanere connesso con il mio suono, con il ritmo e il brano che sto suonando: normalmente quando questo mi riesce, il risultato è garantito e sgorga spontaneamente.