Dove e quando
S. Dwi Stya Acong. Primae Noctis Art Gallery, Lugano. Fino al 6 aprile 2019. Orari: da lunedì a venerdì 10.00-18.00, sabato su appuntamento. www.primaenoctis.com

S. Dwi Stya Acong, Ruang Sunyi #1, 2018, olio su tela


Un po’ di Indonesia a Lugano

La Primae Noctis Art Gallery ospita una personale del pittore S. Dwi Stya Acong
/ 25.03.2019
di Alessia Brughera

Quanto l’ambiente artistico indonesiano si trovi ancora in una fase embrionale dal punto di vista della vitalità e delle relazioni internazionali lo dimostra il fatto che il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Nusantara, il primo del suo genere nel Paese, ha visto la luce solo nel 2017. Oltre a tanti artisti locali, la raccolta di questa istituzione con sede a Giacarta (il cui nucleo principale è costituito dalle ottocento opere concesse in prestito dall’uomo d’affari e collezionista Haryanto Adikoesoemo) annovera nomi di fama mondiale, tra cui Jeff Koons, Robert Rauschenberg, Andy Warhol e Gerhard Richter, creando così una preziosa connessione con ciò che travalica i confini nazionali.

Nonostante il grande ritardo con cui l’arte contemporanea indonesiana si sta vivacizzando, da un decennio a questa parte si assiste a un certo interesse nei suoi confronti, testimoniato dalle non poche rassegne che sono state organizzate in gallerie e musei europei (quella che ha avuto luogo al MACRO di Roma nel 2014 ne è un esempio) nonché dai primi successi registrati nel contesto dei mercati, come la vendita di una tela dell’artista indonesiano d’adozione Lee Man Fong per circa tre milioni di dollari a un’asta di Sotheby’s nel 2013.

Pare proprio che finalmente l’arte di questa nazione asiatica stia pian piano uscendo da quel cantuccio dove era stata relegata dalla critica occidentale, considerata, a torto, quale mero insieme di manufatti dal valore prettamente etnografico e antropologico.

Specchio delle logiche che stanno trasformando il volto del Paese, la produzione artistica indonesiana è fortemente influenzata da fattori politici, economici e sociali, sospesa tra la ricerca di solidi riferimenti tradizionali da perpetuare e la volontà di rinnovarsi attraverso la sperimentazione di nuovi codici espressivi, anche mutuati da altre culture. 

La storia contemporanea dell’Indonesia ha assistito al succedersi di quattro generazioni di artisti che ne hanno vissuto le più importanti fasi evolutive: da quella che negli anni Quaranta ha respirato il clima d’indipendenza dal colonialismo olandese, facendo delle proprie opere un mezzo per creare un’identità nazionale, a quella che, assoggettata al regime tirannico di Suharto, ha utilizzato l’arte come strumento di lotta contro il potere. E, ancora, da quella che nella ritrovata libertà post-dittatura ha concepito il fare artistico come sinonimo di aggregazione comunitaria a quella che negli anni recenti sta allentando il vincolo con i temi e gli stilemi tipici del Paese natio per volgere lo sguardo verso orizzonti più lontani.

È proprio nelle opere di quest’ultima generazione di artisti che si riscontra maggiormente la dicotomia tra tradizione e modernità, tra locale e globale, in un continuo contrapporsi tra influssi interni ed esterni: se da una parte si coglie infatti il riaffiorare più o meno consapevole del patrimonio stilistico e iconografico della terra d’origine, dall’altra si fa evidente la tendenza ad aprirsi a nuovi impulsi.

Tra le figure che si stanno facendo strada nel panorama artistico contemporaneo indonesiano c’è S. Dwi Stya Acong, pittore nato nel 1977 a Malang, nella provincia di Giava Orientale, con il merito di essere già approdato alle aste internazionali nonostante la giovane età. Dopo numerose esposizioni nel suo Paese, in Cina e in Malaysia, Acong giunge in Occidente per una mostra negli spazi della Primae Noctis Art Gallery di Lugano. In questa rassegna, che è la prima personale a lui dedicata non solo in Svizzera ma nell’intera Europa, è stata raccolta una selezione di opere realizzate dall’artista dal 2015 a oggi, a testimonianza del suo linguaggio espressivo che sa coniugare suggestioni asiatiche e stimoli della storia artistica internazionale.

La pittura di Acong è fatta di pennellate ora brevi, a ricordare la maniera divisionista, ora lunghe e sottili, ora leggere, ora piene e materiche, capaci di imprigionare la luce ed estenderla a tutta la tela.

Nella quasi totale assenza di coordinate spazio-temporali, i dipinti dell’artista sembrano sospesi tra visione e realtà. Spesso vi compaiono anonime figure maschili vestite soltanto con semplici pantaloni scuri: le troviamo in completa solitudine e con la schiena rivolta allo spettatore, a testa china, come se fossero rassegnate, oppure ben erette, quasi in atteggiamento di sfida. Attorno a loro l’artista dipinge ampi paesaggi naturali caotici e rigogliosi, quelli della sua terra, così come desolati scenari urbani che amplificano la sensazione di abbandono e di lontananza. 

Negli spazi vasti e dilatati di Acong l’uomo pare vulnerabile, annientato. L’artista lo rende con una tecnica diversa da quella utilizzata per gli altri elementi dell’opera: tanto è indistinto e confuso l’ambiente che lo circonda, difatti, realizzato com’è con tratti di colore che si mescolano tra loro, tanto definita è la sua sagoma. In questo contrasto tra l’immagine umana, nitida e precisa, e il mondo che la accoglie, tumultuoso fin quasi a raggiungere una dimensione astratta, è come se il pittore volesse rimarcare, malgrado tutto, la solidità dell’individuo. Nelle sue surreali rappresentazioni, Acong condensa inquietudine e ottimismo, rinuncia e speranza, fragilità e forza, inneggiando alla ricerca di un equilibrio interiore attraverso cui difendersi e resistere.