Un nuovo anno con qualcosa di diverso?

Due film che rischiate di non vedere nelle sale
/ 16.01.2017
di Fabio Fumagalli

*** Mustang, di Deniz Gamze Ergü-ven, con Günes Nezihe Sensoy, Doga Zeynep Doguslu, Elit Iscan (Turchia 2015)

Primo film di una regista turca, premiato con 4 César e la nomination agli Oscar 2016 quale miglior film straniero, questa favola femminista sulla condizione di cinque adolescenti cresciute in un villaggio turco discosto e dal patriarcato feroce vive di un contrasto straordinario. Da un lato, l’intransigenza tradizionale nei confronti della donna da parte di uno zio, ai confini di una violenza anche fisica. Dall’altro la grazia, la freschezza e la determinazione indimenticabile di cinque giovani protagoniste.    

Cronaca dell’oscurantismo di una società prigioniera del proprio passato, Mustang attinge però la sua straordinaria energia non soltanto dalle sue deliziose attrici: la giovane cineasta le immerge in universo estetico di grande armonia, cogliendo le loro reazioni incantate nel segno di una ricerca estetica che non è mai decorativa. Più le situazioni sono ai limiti della violenza maschilista e del moralismo, più la regia (nelle inquadrature, i colori, l’ambiente, le musiche) le sottolinea con moltiplicata armonia.

Un contrasto più che sorprendente in una sceneggiatura che potrebbe anche risultare in parte prevedibile: una serenità disinvolta e allegra che decuplica la carica di un femminismo poetico e in definitiva irresistibile.

***(*) Three, di Johnnie To, con Louis Koo, Wei Zhao, Wallace Chung, Suet Lam, Hoi-Pang Lo (Hong – Kong 2016)

Al suo... settantesimo film o giù di lì lo straordinario oltre che fecondissimo creatore di forme del cinema di Hong-Kong riesce a scoprirne una inedita. Un contenitore nuovo, a dir poco sorprendente, un ospedale con tanto di operazioni di chirurgia cranica riprese in dettaglio. Ovviamente trasposto in uno degli incredibili universi onirici dell’inimitabile Johnnie To, clamorosamente postmoderni e manieristi.

Neurochirurgia e tanta commedia, con aggiunta quasi ovvia di azione scatenata. Ne nasce un mix paradossale e affascinante: fra lenzuola svolazzanti e colori iperrealisti, buffoni assurdi e truci cattivissimi nel consueto balletto coreografico caro alla tradizione nazionale. Un immaginario sfrenato, pronto ad ogni svolta della «storia» a superarne i limiti.