Un mese scintillante a San Pietroburgo

In una stagione che eccezionalmente non ha visto la neve, sono andati in scena una serie di concerti di indiscutibile valore che hanno confermato ancora una volta la grandezza musicale russa
/ 27.01.2020
di Francesco Hoch

A San Pietroburgo, da dicembre a gennaio, tutti erano in attesa della neve che non è arrivata: una prima assoluta nella sua storia. Se il paesaggio e il cielo sono rimasti grigi, il cartellone culturale invece, prima, durante e dopo le Feste è brillato riccamente, e i russi ne hanno approfittato ampiamente, talvolta anche toccando il fondo dei loro risparmi per partecipare ai grandi eventi. La città di Vladimir Putin investe da tempo nella cultura, specialmente musicale, attorno a due pilastri fondamentali, quali il Teatro Mariinskij con le sue tre sale e la Philharmonia con la Grande e la Piccola Sala. I protagonisti di riferimento sono i direttori Valerij Gergiev per il Mariinskij e Yuri Temirkanov per la Philharmonia, entrambi molto apprezzati anche nel nostro Ticino, dove più volte si sono presentati con le loro orchestre.

Quest’anno, la novità incontrata a San Pietroburgo è consistita nel restauro appena iniziato dello storico Palazzo della Radio di Leningrado che verrà affidato a Teodor Currentzis che si è ormai affermato in tutto il mondo come uno dei più importanti e originali direttori del momento. Anche per l’Eifman Ballet, in attesa da tempo, si sta costruendo un teatro, appositamente dedicato alla sua attività, mentre il restauro del grande Conservatorio Rimskij-Korsakov purtroppo langue impacchettato da cinque anni, in assenza di lavori.

Siamo riusciti a penetrare nel folto programma di concerti, opere, balletti e anche del teatro, del circo e delle marionette, incontrando conferme e sorprese interessanti che hanno portato ad alcune riflessioni.

Naturalmente, durante le feste, l’aspetto dell’identità russa è stato prorompente. La Chovanscina di Mussorgskij, al bellissimo vecchio Mariinskij, è stata rappresentata con una messa in scena tipicamente tradizionale, dove l’anima russa con la sua profonda religiosità si è espressa pienamente anche per merito di un cast di cantanti di livello. Questo sentimento intimo è stato immesso anche nel Don Carlo di Verdi; le opere italiane non potevano mancare, dato che la Russia ha sempre apprezzato lo stile italiano, anche se più aperto nella sua essenza espressiva. Per il Verdi al Mariinskij, musicalmente più interiore, per la scena ci si è lanciati in dimensioni più astratte, meno realistiche, più moderne.

Anche la Salomè di Richard Strauss non poteva che essere moderna, con luci e costruzioni geometriche in bianco e nero, cantanti ottimi e una grande Mlada Khudoley nella parte di Salomè, alla fine immersa in un rosso sangue che non poteva mancare.Purtroppo, invece, è risultato piuttosto piatto e turistico il balletto di fine anno, lo Schiaccianoci di Cajkovskij, sia nella messa in scena sia nella coreografia e nell’esecuzione musicale. Il riscatto è avvenuto con uno Schiaccianoci prodotto dal Teatro Skaski, da un cosiddetto piccolo Teatro stabile dedicato alle fiabe (cento persone vi lavorano in vari settori), che ha tenuto in attenzione con maestria, vivacità nella recitazione e nella messa in scena, un folto pubblico di ragazzi. Bellissima la tradizione dei teatri di marionette in Russia e della loro importante produzione, tanto che è stata rappresentata al Mariinskij anche l’opera di Rimskij-Korsakov, Il Gallo d’oro, basata su una fiaba, alla quale hanno assistito per la durata di ben tre ore anche numerosi giovanissimi. Una tradizione insomma che continua, come pure quella delle rappresentazioni, assolutamente originali per il loro impianto narrativo, del Circo nel suo monumentale stabile alla Fontanka.

È vero che il compositore di San Pietroburgo, Rimskij-Korsakov, non aveva potuto vedere la sua opera-fiaba perché censurata: sono bastati uno zar ubriaco e un esercito di poveracci a far ricordare la guerra russo-nipponica di allora, contro la quale studenti del Conservatorio della Città si erano opposti, con il conseguente licenziamento di Rimskij, allora direttore dell’Istituto.

Un’attualizzazione della fiaba, oggi, avrebbe portato a conseguenze simili.Un’altra grande tradizione che abbiamo potuto apprezzare è stata la qualità eccezionale e unica dell’apparato orchestrale della Philharmonia, sotto la direzione del maestro stabile Yuri Temirkanov che dall’alto della sua esperienza ha plasmato le seducenti sonorità degli strumenti che si sono fusi in un’intima e profonda amalgama musicale, in un toccante concerto dedicato alla memoria di Maris Jansson con brani di Mahler e Brahms.

Con Ion Marin, direttore che vive da tempo a Lugano e regolare ospite della Philharmonia, abbiamo potuto ascoltare questo stile aggiornato nel Requiem di Mozart, forgiato con grande sicurezza ed equilibrio.

Alla chamber hall della Philharmonia, il magnifico violinista Andrey Baranov (più volte invitato a Lugano) ha dimostrato da solista, con profonda intensità, la provenienza dall’importante scuola russa.

Una speciale novità interpretativa a San Pietroburgo è stata portata da Teodor Currentzis con la sua splendida serata di invenzioni su musiche di Rameau alla Sala Capella.

La forza del teatro di prosa, l’abbiamo potuta poi gustare al Teatro di Dodin con le Tre sorelle di Cechov e nel Misantropo di Molière allo storico Komissargevskoy Theater.

Una particolarità indicativa dell’impegno culturale in questa città è rappresentata dall’albergo Ambassador, che ha designato un responsabile per assicurare attività originali di avvenimenti non prettamente turistici.

Per l’inizio delle rassegne di musica contemporanea bisognerà invece attendere i mesi di febbraio e marzo, con l’arrivo forse anche della neve.