Armand Rondez, Le Stagioni Dell’utopia/Zeit Der Utopie, Visionarietà e progettualità tra vita e arte, Edizioni Topík – è una piccola monografia bilingue, in italiano e tedesco, curata da Maria Will, con progetto grafico di Ivano Facchinetti, testi della figlia di Armand Rondez, Gabrielle Dominique Rondez e di Loredana Müller Donadini, presentata nella Biblioteca del Museo d’Arte di Mendrisio. Si tratta di un omaggio all’artista, a oltre 30 anni dalla sua scomparsa all’età di 58 anni, che con più di 50 riproduzioni di opere e illustrazioni fotografiche, in un susseguirsi parallelo di testi e immagini corrispondenti, segue l’opera, l’evoluzione e la maturazione del pittore Armand Rondez, (Zurigo 1928-1986) vissuta nel segno dell’identificazione totale fra vita e arte, che sempre contraddistingue l’artista vero.
«L’attuale vincente prospettiva globalizzante», scrive Maria Will nell’introduzione della monografia, «invade sempre più, annullandoli, gli spazi di dimensioni altre; di conseguenza esperienze creative idonee a contribuire alla ricchezza intangibile della collettività rischiano di restare sommerse per sempre». Ed è anche per questo che nel 2012 per merito di Maria Will e di un ristretto gruppo di amici sono nate le edizioni Topík con un ben delineato progetto: rivolgersi alla produzione artistica del Ticino e regione per salvaguardarne e proteggerne l’imperdibile valore. (Questo curioso nome che deriva dal dialettale «andare a Topík» e vuole ricordare Giorgio Orelli che nelle sue passeggiate bellinzonesi con la bicicletta con questa espressione alludeva scherzosamente al pericolo sempre da lui evitato di cadere perdendo l’equilibrio).
Contraddistinte dal logo intenso e suggestivo di Ivano Facchinetti le edizioni Topík hanno già al loro attivo significative collane, come «Gli Accenti», partita con una mostra di Mirko Canonica, o come la collana «in Campo», che con Rondez è al suo terzo titolo, o come «Arco», rivolta ad artisti con varianti stilistiche, come Ivano Facchinetti.
Nato da una famiglia di origini giurassiane di agiato rango borghese, Armando Rondez studia a Einsiedeln, suo maestro è l’artista e urbanista Walter Jonas, dopo la frequentazione della Kunstgewerbeschule il suo spirito di irrequieto sperimentatore lo spinge a molte peregrinazioni che la monografia ci racconta. Era la stagione irripetibile degli inizi degli anni 70 che Rondez ha respirato, quella della ribellione, del rifiuto del conformismo, dello spirito hippie, di quando il mondo, a differenza di quanto succede oggi, non era sempre di facile accesso e disponibile, ma ancora erano possibili la scoperta di realtà nascoste, lo svelamento di luoghi inesplorati e, come scrive la figlia Gabriella Dominique Rondez, «ci si poteva lanciare in nuove avventure senza troppo pianificare».
Rondez frequenta la Spagna, la Costa Azzurra, la Francia; grazie all’amicizia con il pittore svizzero Theo Gerber che aveva acquistato e trasformato un ex convento, passa lunghi soggiorni in Provenza che alterna a periodi zurighesi, negli anni 80 tiene dei corsi in un frequentato atelier sotto i tetti nel quartiere della Langstrasse, dove le finestre guardano dall’alto sull’ambiente delle sommosse del centro giovanile autonomo. Frequenta la scena artistica zurighese di avanguardia di quel tempo, di matrice esistenzialista, inizia a essere apprezzato da galleristi e collezionisti, attira l’attenzione di un mercante d’arte zurighese, Max Bollag, che tratta artisti come Picasso e Klee, sue opere sono acquistate a Zurigo, Berna e da collezionisti americani.
Risale invece agli anni 60 il soggiorno a Riva san Vitale, nella signorile dimora cinquecentesca del palazzo della Croce, attiguo alla chiesa omonima, monumento artistico nazionale; in questa storica sede, acquistata dall’amico artista Ernest Houck, che condivide l’attrazione per il sud mediterraneo, vi erano spesso ospiti come il suo primo maestro Walter Jonas e si respirava un clima intellettuale di grande apertura. Giungerà poi negli anni successivi l’approdo a Mendrisio, nella centrale via Stella 9 dove la figlia Gabrielle prende in gestione, ristruttura e prosegue l’attività del noto e avviato centro d’arte gestito dal pittore e gallerista Carlo Gulminelli e successivamente dalla vedova Liliana.
Purtroppo la malattia interrompe crudelmente i nuovi sogni e la vita di Armand Rondez che progettava di iniziare un atelier di insegnamento delle arti incisorie, disciplina che aveva da sempre praticato. È in via Stella 8, di fronte alla galleria, che nel 2012 verrà aperto l’Archivio NAR (Nachlass Armando Rodez), dove l’intero lascito della sua opera si trova fortunatamente riunito: tele, tecniche miste, tempere acquerelli, disegni, incisioni, litografie, insieme all’archivio fotografico, ai suoi scritti e alle sue corrispondenze.
In tutta l’opera di questo artista sono leggibili e felicemente fuse le componenti culturali nordiche e mediterranee. Era attratto, come succede spesso agli artisti, da ogni forma di sapere anche esoterico e mistico e seppe conciliare i modi e il non facile dialogo del figurativo e dell’astratto, di cui usava i due registri espressivi. Nel suo diario si interrogava continuamente sul valore del processo espressivo e sui risultati che ne scaturiscono. La sua ansia di autenticità si coglie nei ritratti e in splendidi e luminosi acquarelli come Riva san Vitale, (1960), che rimandano alla leggerezza e alla luminosità di un Matisse. Dal legame con le forme del vero mai del tutto negate arriverà a una poetica dell’informale lirico in una tensione che congiunge concretezza geometrica, astrazione e potenzialità architettonica, dove il colore ha una funzione simbolica e drammatica, mai disgiunta dalla razionalità del disegno compositivo.
È questa la cifra stilistica originalissima delle ultime opere di Armand Rondez che in una simultaneità di spazio e tempo racchiudono una appassionata interrogazione sul destino umano.