**(*) Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, di Tim Burton, con Eva Green, Asa Butterfield, Chris O’Dowd, Allison Janney, Rupert Everett, Terence Stamp, Judi Dench, Samuel L. Jackson (USA 2016)
Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali è anche una favola, ma non proprio destinata ai bimbi. Già per la sua storia, tratta dal bestseller del 2011 di Ransom Riggs: quella di un sedicenne della soleggiata Florida, al quale il nonno ebreo (Terence Stamp) racconta prima di morire di aver trascorso la propria infanzia nelle nebbie di un’isola al largo del Galles, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Partito per quei lidi misteriosi assieme al padre, Jake avrà di che soddisfare la propria curiosità. Scoprirà un luogo magico, come sospeso nel tempo e nella storia. E una comunità di orfani minacciata, oltre che dalle bombe tedesche, dagli hollowgast, mostriciattoli malefici che vorrebbero nutrirsi delle loro pupille.
Pur sotto la direzione dell’inquietante direttrice Miss Peregrine (un’affascinante Eva Green) capace di trasformarsi in falco e modificare il trascorrere del tempo, i ragazzini godono di strabilianti caratteristiche soprannaturali. Non solo evolvono in una fascia atemporale che garantisce loro l’eterno incanto dell’infanzia; ma c’è Emma che si libra nell’atmosfera, Millard che è protetto dalla sua invisibilità, Hugh che libera sciami di api dalla propria bocca, Fiona che coltiva carote giganti e la deliziosa Claire con i suoi riccioli, provvista di una bocca vorace.
Dietro a tutto ciò, l’avrete compreso, c’è Tim Burton. Il visionario gotico del cinema moderno, un po’ normalizzato dalla critica e dimenticato dal pubblico dopo il disneyano Alice nel paese delle meraviglie (2010) e l’impersonale Big Eyes (2014). Ma pur sempre il cineasta per eccellenza della fede nelle fiabe, nella diversità e fragilità (Batman), nella sfrontatezza (Mars Attacks!), nella tenerezza del fantastico delirante (Sleepy Hollow e Sweeny Todd).
«Una versione spaventosa di Mary Poppins», l’ha definita l’autore. Ed è effettivamente impossibile ignorare l’energia straordinaria con la quale Burton riesce a penetrare nello spazio di libertà assoluta concesso al fantastico di Miss Peregrine. Con una quantità impressionante di tragicomici mostri sempre creati nella tradizionale attenzione per il diverso che lo contraddistingue dagli esordi di Edward mani di forbice.
Il cinema di Tim Burton è stato da sempre debitore dell’universo delle maschere, non tanto indossate da chi deve nascondersi, ma destinate agli individui che non osano lasciare trasparire la propria fragilità. Ed è forse nelle carenze di quei sottofondi che la magistrale immaginazione creativa del regista in Miss Peregrine, la sofisticazione di un uso sorprendente del montaggio, l’utilizzo di un cast a dir poco privilegiato finiscono per suscitare tutta la nostra ammirazione. Un po’ meno la commozione.