I primi decenni del secolo scorso sono di vitale importanza per comprendere i corsi e i ricorsi della storia dell’arte. A Parigi gli ex refusé ai vari Salon sono oramai istituzionalizzati. L’arte con gli Impressionisti è diventata tranquilla e «bella», mentre nuove nubi si scorgono all’orizzonte. I giovani se ne accorgono e vogliono capovolgere la situazione, che diventa esplosiva. In giro sta arrivando la banda Bonnot (un gruppo anarchico che rapina banche e semina il terrore) e gli artisti non sono da meno. André Derain afferma che bisogna far esplodere i colori come cartucce di dinamite e il suo amico anarchico Maurice de Vlaminck pensa che non possano esserci altro che due soluzioni: incendiare le tele o lanciare bombe. Fernand Léger d’altro canto scrive: «È nell’accettazione di uno stato di guerra contro la società, che queste opere viventi sono state concepite e realizzate».
Sono gli anni del cubismo e dei fauve, che all’inizio coinvolgono gli stessi artisti quali per esempio Paul Cézanne, André Derain, Raoul Dufy. Ma sono i fauve che si impongono per una vera e propria rivoluzione estetica. Colori accesi, tinte piatte, tanto che il critico Louis Vauxcelles nel 1905 chiama la loro sala al Salon d’Automne «cage aux fauves» (gabbia di belve). Belve incendiarie che a loro volta diventano in seguito istituzione. Troviamo, come scritto, Derain, Dufy, de Vlaminck con Henri Matisse, Georges Braque. Il 1907 è l’anno decisivo. Questi artisti si frequentano e si scambiano le idee e realizzano, proprio nel 1907, altrettante opere molto simili: in questo caso parliamo di Henri Matisse, André Derain e Pablo Picasso i quali con i loro nudi – per Picasso il celebre Les demoiselles d’Avignon – «svolsero un ruolo decisivo nelle trasformazioni del periodo»; in questo caso la nascita del Cubismo. La Baigneuses di Derain viene esposta al Salon des Indépendants del 1907 assieme al Nu bleu di Matisse suscitando la feroce critica di Louis Vauxcelles che li definisce «sacerdoti arroganti».
André Derain negli anni Venti è uno dei più importanti artisti viventi, ammirato tanto dai classicisti che dai giovani surrealisti. Poi cade nel dimenticatoio perché, assieme all’anarchico de Vlaminck e ad altri artisti francesi, nel 1941 si reca a Berlino invitato da Propagande Staffel per esporre i suoi lavori e dimostrare l’amicizia con la Germania nazista. Questo dopo che Hitler, l’anno prima, fa requisire le collezioni d’arte francese, soprattutto ebree. Altre fonti sostengono che il viaggio a Berlino dovesse servire a intercedere a favore di alcuni artisti imprigionati in Germania o per riavere la casa sequestrata dai nazisti. Sia come sia, la decisione di prestarsi alla propaganda nazista non viene accolta molto bene dalla Resistenza parigina che lo inserisce nella lista nera dei collaborazionisti. Muore nel 1954, vecchio e malato, solo come un cane, a causa di un incidente stradale.
Il Centre Pompidou di Parigi dedica al suo lavoro dal 1904 al 1914 un’esposizione particolarmente intrigante. Una settantina di dipinti con alcune sculture, incisioni, disegni e documenti. Gli anni migliori, cruciali, rivoluzionari, nel quale Derain scopre, inventa, ribalta la grammatica estetica del periodo. Gertrude Stein nel 1930 lo descrive come un avventuriero dell’arte, un Cristoforo Colombo dell’arte moderna che si muove fra genialità e dilettantismo.
Il percorso inizia dalle sue simpatie verso l’ambiente libertario nate dalla vicinanza con de Vlaminck – anarchico non per sentimento, come molti artisti del periodo, ma per convinzione politica e lettore di Émile Zola, Friedrich Nietzsche, Max Stirner. Le bal à Suresnes del 1903 è un dipinto antimilitarista nel quale si vedono tre soldati che osservano con ironia un loro camerata che balla con una donna molto più alta di lui. Frequenta poi i caffè, i boulevard e le case chiuse che dipinge con tratti sempre più accentuati. Dopo il 1905 inizia una corrispondenza con Henri Matisse che in quel periodo si trova a Collioure. In giugno Derain lo raggiunge. Ne sortiscono dipinti fortemente accesi, pieni di luce e il famoso ritratto di Matisse con la pipa di terracotta in bocca. Matisse ha trentasei anni, Derain venticinque, de Vlaminck ventinove. Nel 1906 dipinge la grande tela La Danse: un paradiso lussureggiante ispirato ai colori di Paul Gauguin e alla statuaria cambogiana e indiana. Dopo un soggiorno a l’Estaque, il gallerista Ambroise Vollard lo invia a Londra per dipingere la città a seguito del successo della mostra di Monet Trente-Sept Vues de la Tamise alla galleria di Durand-Ruel nel 1904. Derain realizza ventinove dipinti, essenziali, a tratti un po’ brumosi.
A partire dal 1911 ritorna ai modelli classici della pittura per donare alle sue opere un carattere spirituale e atemporale. Guillaume Apollinaire scrive che dopo le «truculenze giovanili, Derain torna verso la sobrietà e la misura». I suoi dipinti si fanno arcaici e si ispirano ai primitivi italiani, come Pietro e Ambrogio Lorenzetti; diventano melanconici e pieni di un realismo magico che sfocia nella grande composizione La Chasse (L’Âge d’or) del 1938-1944: allegoria di un passato mitico.
Una parte importante dell’esposizione è dedicata alla fotografia dalla quale Derain prende spunto per donare ai suoi lavori maggiori dettagli. Da anni oramai si sa che i più grandi artisti hanno utilizzato la fotografia per i loro dipinti. La mostra fa il punto sugli studi relativi a Derain. Risulta che nel 1910 l’artista abbia posseduto un apparecchio fotografico che ha usato come fonte d’ispirazione e contemporaneamente come strumento per fissare le immagini delle modelle per i suoi nudi o dei paesaggi; stregato dalla dimensione teatrale che l’oggetto registra.
Ottimi l’allestimento e l’illuminazione. Utile il catalogo