Jackson Pollock è conosciuto prevalentemente per i suoi drip-paintings eseguiti con la tecnica del dripping (o pouring) cioè dello sgocciolamento. Grandi tele poste per terra sulle quali l’artista getta del colore, per lo più smalti industriali, sino a formare un reticolo ingarbugliato di segni ed emozioni. Pollock danza di fianco e dentro la tela con forza, determinazione e con l’energia della disperazione. La tecnica non è nuova perché già usata da Francis Picabia, Max Ernst e Hans Hofmann, ma in Pollock assume un tratto drammatico e generazionale con sottintesi psicoanalitici. Il suo famoso Full Fathom Five del 1948 è pieno di colature mescolate a tappi, chiodi, pettini, monetine, mozziconi di sigarette… e il titolo è il primo verso della canzone di Ariel nella Tempesta di William Shakespeare: «Cinque tese sott’acqua / Tuo padre si giace / Si son fatte sue ossa / Coralli di brace / Son gli occhi d’allora / Perle chiare». Pollock è un artista emotivo che ha segnato una generazione: quella dei dannati che si scagliano contro la società dei consumi e dell’American way of life. L’arte da cavalletto perde di significato, mentre azione e creazione si mescolano contribuendo a ricreare l’universo e il suo caos nell’unione fra spazio e tempo. La sua breve vita (1912-1956) termina sul ciglio di una strada in un incidente d’auto mentre era sotto l’effetto di chissà quale sostanza. Alcolizzato, depresso, misantropo, Pollock diviene una icona dell’arte e della sua generazione contribuendo al mito romantico dell’artista maledetto ed estremo.
Hans Namuth, assieme a Paul Falkenberg, gira nel 1950 un documentario mentre l’artista lavora e annota: «Fu un grande spettacolo. La fiammante esplosione del colore che si riversava sulla tela, i suoi movimenti di danza, il tormento negli occhi di Pollock prima di decidere dove sarebbe caduta la successiva colata di colore, la tensione, poi di nuovo il rilassamento… Le mie mani tremavano».
Il periodo dei dripping è però limitato nel tempo: dura dal 1947 al 1950. Il Kunstmuseum di Basilea dedica un’esposizione agli altri lavori realizzati tra il 1930 e il 1956 nella nuova costruzione adiacente al corpo principale del museo e inaugurata il 15 aprile di quest’anno. Disegnata dagli architetti Christ & Gantenbein, scelti dopo un concorso internazionale, la nuova costruzione si contraddistingue per un esterno un po’ troppo chiuso, una pianta poligonale, un interno pulito e limpido con mura alte più di cinque metri, ampie scale e infrastrutture in marmo di Carrara. Con questa nuova costruzione il Kunstmuseum si scinde in tre: il museo storico – che comprende oltre 4000 pitture, sculture e installazioni oltre a 300’000 disegni e incisioni –, il Kunstmuseum Basel / Gegenwart, che ospita l’arte contemporanea posteriore al 1990 e questa nuova struttura dedicata alle opere eseguite dal 1960 e alle mostre temporanee.
L’esposizione dedicata a Pollock presenta un centinaio di lavori suddivisi in ordine cronologico fra nove sale. Si parte con gli anni della formazione, dal 1930, accanto all’artista Thomas Hart Benton con opere che ricordano la sua volumetria severa e antimoderna. Seguono i disegni «psicoanalitici». Dal 1939 Pollock intraprende una terapia, con Josph Henderson prima e Violet Staub de Laszlo poi, per contrastare la sua dipendenza dall’alcool. Henderson gli propone di portargli dei disegni che rilegge secondo gli archetipi junghiani di maschile e femminile, partendo dal serpente, dalla luna e dal sole. Ma è la pittura messicana che travolge l’artista che si ispira a Diego Rivera, José Clemente Orozco e Alfaro Siqueiros con i loro grandi murales. In Naked Man with Knife del 1938-1940 le figure possenti e travagliate raccontano di morte e violenza: la stessa violenza che l’artista vive sotto l’effetto dell’alcool che lo rende aggressivo e che lo porta a più riprese a confrontarsi con altri all’arma bianca.
In seguito Pollock incontra Roberto Matta e si avvicina al gruppo dei surrealisti studiando parallelamente le opere di Joan Miró. I dipinti diventano maggiormente segnici come in Stenographic Figure del 1942, fonte di diverse interpretazioni, o Guardians of the Secret del 1943 dove, accanto a segni fluttuanti, ai lati troviamo due grandi figure, immobili e statuarie.
In ogni caso lo studio della psicoanalisi e dell’inconscio diventano per l’artista quasi un’ossessione e i simboli e le metafore riempiono i suoi dipinti. La luna appare sempre più spesso quale archetipo junghiano della femminilità e della madre come in The Moon Woman del 1942, mentre l’influenza giovanile della pittura sulla sabbia degli amerindi viene consolidata da una dimostrazione di questa tecnica dagli stessi indiani Navajos nel 1941 durante la mostra Indian Art of the United States al Museum of Modern Art. Tecnica che gli suggerisce i celebri drip paintings. In mostra troviamo uno dei primi quadri sgocciolati: Galaxy del 1947. Poi le serie Accabonac Creek nella quale dipinge su sfondo bianco ottenendo una maggior limpidezza totale e Cut-Outs dove le figure vengono ritagliate all’interno di uno spazio ricoperto con il suo tipico dripping.
Nel 1949 esce una sua intervista su «Life» dedicata al «più grande pittore vivente degli Stati Uniti» e l’anno successivo il citato film di Namuth. Nel 1951 fa parte del gruppo di artisti noti come gli Irascibili che contestano la politica espositiva del Metropolitan Museum of Art di New York, colpevole di non averli invitati a partecipare a una mostra sull’arte contemporanea americana. È in ogni caso al culmine del successo, proprio mentre l’alcolismo e la depressione prendono il sopravvento. Non dipinge quasi più… l’ultimo lavoro in mostra, Easter and the Totem del 1953, è verticalmente pieno di simboli, tutti da decifrare.
Le opere provengono da importanti musei quali il Whitney Museum of American Art di New York, la Tate di Londra, il Metropolitan di New York, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Centre Pompidou di Parigi, l’Albertina di Vienna, il Kunsthaus di Zurigo… In una saletta apposita è possibile vedere il film Pollock di Ed Harris del 2000. Buona l’illuminazione, come il catalogo.