Dove e quando
Tristan und Isolde, Berna, Konzert Theater. Fino al 30 giugno 2019. www.konzerttheater.ch


Tutto da sentire, ma senza vedere

Tristan und Isolde in paillettes e carta stagnola al Konzert Theater di Berna
/ 17.06.2019
di Marinella Polli

Si è ormai al termine della stagione teatrale, operistica e concertistica in tutta la Svizzera, e Il Konzert Theater di Berna conclude la sua nel segno di Richard Wagner. Per la precisione con Tristan und Isolde, uno dei supremi capolavori dell’opera dell’Ottocento europeo: magniloquente, luminoso rifacimento di una delle più antiche, conosciute e sfruttate leggende celtiche, immortale espressione del dilemma fra bene e male, fra eros e thanatos, dell’estasi liberatrice, dell’amore alla massima potenza e assoluto che si realizza solo con la morte.

La nuova e attesissima produzione bernese si avvale della direzione musicale di Kevin John Edusei e della regia di Ludger Engels. In occasione della première, lo diciamo subito, il maestro tedesco dirige con bacchetta ora attenta e leggera nei momenti più mistici, ora vigorosa e decisa nella resa degli esacerbati cromatismi wagneriani. Edusei, sempre perfettamente padrone di una smagliante Berner Symphonieorchester che lo asseconda con precisione e sensibilità, dimostra dai primi accordi all’ultima nota della morte di Isotta l’importante ruolo espressivo dell’orchestra, accompagnando comunque con grande tatto il fraseggio degli interpreti lungo tutta l’intensa partitura.

Non vi sono parole sufficienti per elogiare il più che eccellente cast, dal tenore svedese Daniel Frank, vocalmente sempre a suo agio nel ruolo di Tristan, al soprano inglese Catherine Foster in quelli di Isolde, scenicamente impacciata, né carnale né trasfigurata, ma vocalmente grandiosa anche nella sempre coinvolgente Liebestod; dal basso tedesco Kai Wegner, imponente nel ruolo di Re Marke, al baritono Robin Adams, di grande presenza in quello di Kurwenal; dal nostro mezzosoprano Claude Eichenberger, davvero insuperabile nella parte di Brangäne, al baritono Todd Boyce in quella di Melot, dal baritono David Park nella parte dello Steuermann (il timoniere), al tenore Andries Cloete in quella doppia di artista – in questo allestimento di cui diremo, non si capisce bene se ricordi più un Puck un tantino psicopatico, un cupido controvoglia o un conférencier pasticcione – e pastore.

Sgradevole (e assai sgradita) invece, e per dir tutto con poco, la parte visiva. La concezione del regista e musicista tedesco Ludger Engels, che se poteva anche sembrare interessante spiegata nel programma di sala, non regge in scena, anzi affoga inesorabilmente nel mare di una simbologia caotica e incomprensibile. Soprattutto a partire dal II Atto sono il kitsch, inutili effetti come paillettes, vernice gialla e plastica, insomma il brutto, a regnare. Non vi è purtroppo nulla nell’allestimento (scenografia di Volker Thiele, goffi costumi di Heide Kästler, luci di Bernhard Bieri) che suggerisca passione amorosa ed erotica, desolazione e disperazione, ricerca dell’annullamento nella morte e trasfigurazione. Nulla che faccia intendere che questo Musikdrama in tre atti di Wagner è molto di più di una semplice, per quanto tragica, love story.

Alla prima, da parte dell’attentissimo pubblico composto in prevalenza di wagneriani, gli applausi sono stati entusiastici e sfocianti in una vera e propria ovazione all’indirizzo del maestro e della Berner Symphonieorchester, della brava solista Catherine Kämper al corno inglese, del coro (Chor Konzert Theater Bern) preparato da Zsolt Czetner e agli interpreti; fiacchi e accompagnati da perentori buh per il team registico. Le repliche, sempre con pause molto lunghe fra i tre atti, si protrarranno sino al 30 giugno.