Le ultime annate discografiche hanno dimostrato come l’età media delle star emergenti della scena pop-rock angloamericana si sia via via abbassata, al punto che parecchi recenti debuttanti si sono ritrovati travolti da immediato successo quand’erano poco più che adolescenti.
Uno dei migliori esempi attuali è quello di Ed Sheeran, assurto al rango di massimo performer pop britannico grazie all’incredibile successo del suo terzo disco, Plus (2011), pubblicato alla tenera età di vent’anni; da allora, il giovane cantante non ha fatto un solo passo falso, al punto che il suo quinto lavoro (Divide, da pochi giorni nei negozi) è già un bestseller mondiale – anche se nessun recensore può ignorare il fatto che Shape of You, primo singolo di lancio dell’album, sia in realtà contraddistinto da sconcertante banalità, trattandosi di un poco fantasioso esempio di elettro-pop commerciale come se ne trovano decine in qualsiasi compilation di disco-dance.
Fortunatamente, però, inserendo il CD nel lettore ci si rende conto che Divide offre parecchi brani dotati di maggiore inventiva compositiva: infatti, pur rimanendo nell’ambito dell’easy listening, atmosfere musicalmente più interessanti si possono riscontrare nell’energico Eraser – quasi interamente cantato in un ritmato recitativo non troppo dissimile da un vero e proprio rap à la Jay-Z – e anche in una traccia quale l’autobiografica Castle on the Hill, sorta di «amarcord» adolescenziale in salsa anglosassone; mentre la pur divertente New Man sembra confermare l’impressione che Sheeran tenda sovente a realizzare brani «riempitivi», al solo scopo di soddisfare la richiesta di un certo sound commerciale ormai implicita nei dettami dei passaggi radiofonici promozionali.
Una sensazione confermata dalla sorprendente duttilità e diversità stilistica evidenti nel resto della tracklist, nella quale non mancano nemmeno due brani intrisi di atmosfere celtiche: il primo di essi, Galway Girl, non è che l’ennesima riproposizione di un cliché narrativo assai amato dai cantanti americani – quello della sfuggente ma adorabile fanciulla irlandese incontrata dall’io narrante in un pub della nota cittadina costiera – e qui reso particolarmente gradevole dal notevole accompagnamento del fiddle (versione «popolare» del violino). Da parte sua, l’irresistibile bonus track Nancy Mulligan è in tutto e per tutto una tradizionale ballata folk tipica dell’Isola di Smeraldo, con tanto di cori entusiasti, tin whistle e ritmi incalzanti tipici dell’Irish Step Dancing, che ne fanno un irresistibile divertissement, impreziosito dalla sua natura autobiografica (Nancy Mulligan era la nonna paterna di Ed).
Suggestioni altrettanto gioiose si riscontrano anche in un altro pezzo presente solo nella deluxe edition del CD – Barcelona, sorta di cavalcata spensierata attraverso le atmosfere di una città oggi particolarmente «trendy» e alla quale Sheeran, come già Freddie Mercury prima di lui, rende appassionato omaggio; in questo caso, l’orecchiabilità del brano è tale da permettere di sorvolare sugli innumerevoli stereotipi che ne popolano le liriche. Meno convenzionali, per fortuna, le ballate romantiche che il CD offre: in particolare, stupiscono pezzi raffinati come Hearts Don’t Break Around Here e Perfect – esemplari richiami al più delicato soft rock anni 90, che certo non mancheranno di emozionare gli ascoltatori più giovani.
Risulta efficace anche l’agrodolce e solenne Happier, cronaca delle sensazioni che colgono un ex partner nel momento in cui si rende conto di essere definitivamente divenuto, nella mente della sua compagna di un tempo, un semplice elemento del passato; più convenzionale, al confronto, il pop romantico di How Would You Feel (Paean), che potrebbe provenire direttamente da un album di Mariah Carey. Tuttavia, ciò non fa che confermare come, ancor più che in passato, Ed sembri intenzionato a esplorare il lato più dolente e intimista del suo songwriting – come dimostra Save Myself, pezzo pacato e incredibilmente malinconico sulla solitudine di chi dedica tutta la propria vita agli altri, solo per ritrovarsi infine abbandonato. Le suggestioni dolenti riemergono anche in Supermarket Flowers, struggente cronaca della perdita di una madre molto amata: un pezzo forse un po’ enfatico, ma comunque efficace.
In definitiva, ciò che davvero stupisce di questo disco è il perfetto equilibrio tra le necessità, per così dire, «commerciali» di un artista mainstream come Sheeran e le atmosfere e suggestioni più intense e complesse qui esplorate; soprattutto, la versatilità interpretativa mostrata da Ed è davvero notevole, visto che Divide passa con sorprendente disinvoltura da un genere musicale all’altro – dal soul americaneggiante di Dive al folk rock di What Do I Know?, e così via. Segnali che fanno ben sperare per il futuro di Sheeran, il quale, se riuscisse a mantenere questa elasticità e inventiva, potrebbe in effetti confermarsi come uno dei migliori cantanti pop della sua generazione, e non solo.