Cosa spinge due diciottenni a presentarsi nella propria scuola armati di tubi di esplosivo, pistole e fucili, per uccidere con determinazione chiunque gli si pari davanti e poi suicidarsi? Perché un ragazzo di vent’anni va alla festa della scuola con un fucile a pompa e la trasforma in tragedia?
Il massacro avvenuto negli Stati Uniti nella Columbine High School del Colorado nel 1999, per alcuni anni venne considerato un caso limite, in parte persino un tentativo di emulazione di uno storico e sanguinoso «precedente»: la strage nella Bath School del Michigan nel 1927. Ma poi gli attacchi di questo tipo si sono moltiplicati e gli autori di queste carneficine in alcuni casi non se la sono presa solo con i propri compagni di scuola, ma hanno fatto irruzione anche in classi delle elementari, falciando bambini e maestri in un rituale di morte che induce lo scrittore texano Stefan Merrill Block a parlare di «epidemia sociale».
«Dalla creazione degli Stati Uniti la diffusione delle armi è un fenomeno che non si è mai fermato, così come la violenza che è un’eredità della storia e della psicologia nordamericana». Ci ha raccontato quando lo abbiamo incontrato a Firenze durante le giornate del Premio Von Rezzori, alla presentazione del suo ultimo libro: Oliver Loving, storia melancolica e struggente ambientata nella cittadina di Bliss in Texas, che inizia quando i riflettori dei media si sono spenti sull’ennesima strage in una scuola e resta solo il dolore delle famiglie che hanno seppellito un figlio; o di chi, come i Loving, non può neppure elaborare il lutto della propria perdita, perché il loro Oliver non è morto, ma è in coma neurovegetativo nel letto 4 della Crockett State Assisted Care Facility.
«Sono cresciuto a Plano, una città che a partire dagli anni 80 è diventata una delle più popolose dello Stato del Texas» – ha continuato il trentaseienne Merrill Block – «ma questa trasformazione non è stata senza traumi, soprattutto per i giovanissimi, tanto che durante la mia infanzia fu chiamata la “capitale dei suicidi d’America”. Dieci anni dopo, quando ero appena adolescente, tra i miei compagni di scuola ci fu un’ondata di morti per overdose di eroina e una impressionante serie di suicidi dove io persi molti amici e persino la consulente scolastica. Fu un periodo nero. Eravamo seguiti regolarmente da vari psicologi e perseguitati dai giornalisti. I miei genitori decisero di tenermi a casa per un po’, ma nel bel mezzo di tutto questo avvenne la sparatoria alla Columbine High School e nella mia testa i due eventi diventarono un unico lungo incubo. La Columbine era, in tutto e per tutto, una scuola simile alla mia, anche come estrazione sociale, e io non riuscivo a staccarmi dai resoconti incessanti che la televisione dava sulla sparatoria, sull’inchiesta e i protagonisti. La cosa andò avanti per settimane. All’epoca e anche oggi dopo aver visto i reportage su avvenimenti simili, non posso non pensare a come ognuna di queste morti trasformi una famiglia per sempre. Nessuno racconta cosa succede loro dieci, vent’anni dopo. Cosa ci può essere oltre al dolore che non si placa, al grande senso di solitudine e di vuoto, che segue questo genere di fatti?»
Da questi pensieri è nato il romanzo Oliver Loving proprio come «antidoto a quella solitudine», ma non solo, perché la storia che racconta aggira il fatto di cronaca per mettere a fuoco una città e i suoi abitanti oltre alla famiglia Loving e in parte, l’autore della strage: Hector Espina Junior, lo studente ventunenne di origini messicane che con il suo assalto sconvolse il piccolo mondo di Bliss.
È proprio Oliver, che giace immobile e silenzioso nel letto numero 4, attorniato dalla sua famiglia ansiosa di strapparlo al coma, che c’introduce in quella che è stata la sua vita: immagini che popolano la sua mente di diciassettenne raggiunto dai proiettili mentre correva e che lo hanno immobilizzato, ma non hanno cancellato la sua memoria che rievoca gli affetti familiari, momenti divertenti ed episodi della sua breve esistenza con ironia e candore. Emerge la sua personalità, i suoi rapporti con i genitori, il fratello minore e Rebekka, la compagna di scuola per la quale si è preso una cotta, ma anche la comunità di Bliss intenta con pervicacia da anni a negare l’anima messicana del Texas, cercando di rendere «invisibili» i propri concittadini che ne fanno parte.
«I messicani americani sono vittime di un pregiudizio che, anche se non se ne parla, emerge con forza nei momenti di conflitto. È una di quelle “crepe” sotterranee e insidiose che percorrono la società texana e fanno parte del suo malessere anche senza un vero muro, una cosa taciuta per troppo tempo». Ammette Merrill Block che ha lavorato dieci anni a questo romanzo, facendo ricerche approfondite anche sugli effetti a lungo termine di queste stragi di massa; sui sopravvissuti a simili eventi; sulle persone in coma vegetativo e i loro famigliari.
E così, come «la scia dolorosa di queste stragi è lunga ed è un fatto collettivo, non individuale», intorno al letto di Oliver durante quasi quindici anni, si avvicendano i suoi cari, che a turno prendono la parola per raccontarlo, per spiegarsi, ma anche, come in un «giallo», per dare sfogo al proprio senso di colpa nei suoi confronti, che con il tempo si acuisce sino a diventare insopportabile, tanto da portarli al limite dell’autodistruzione. Mentre l’equilibrio della famiglia Loving va in pezzi sotto il peso delle tante cose non dette divenute vergognosi segreti e intorno a loro la comprensione e la pena della gente si logora, un vecchio poliziotto non smette di cercare la verità sul folle gesto di Hector Espina Junior: perché andò alla festa della scuola e uccise solo il gruppo teatrale? Perché sparò a Oliver, che incontrò casualmente prima di suicidarsi? Cosa salvò Rebekka?
Oliver Loving, è un romanzo sorprendente, pieno di colpi di scena, intimo eppure capace di guardare al fenomeno delle stragi nelle scuole con lucida sensibilità; costruito con la consapevolezza che anche la realtà più banale può nascondere inaspettati misteri e soprattutto che la tragedia dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime di fatti simili avrebbe bisogno di essere seguita con più attenzione, perché trascende il gesto del killer, va oltre la cronaca, e come ci ha detto Merrill Block «per i suoi terribili effetti a lungo termine sulle persone, può essere paragonata ai disastri, ai cataclismi e alle calamità naturali».