Il tempo che passa si misura anche in «spacca di brutto, bro, bella zio» (dove «bro» – «brother» – sta per «fratello», e «zio» resta un mistero). Queste espressioni rientrano nel vostro quotidiano? Oppure vi scaraventano sul pianeta dei matusa, facciamo sopra i 40 anni di età?
Prendete un TILO Chiasso-Bellinzona presto la mattina fra settembre e giugno, e origliate gli scambi di battute fra adolescenti semisvegli (nel senso di ormai fuori dal letto), in viaggio verso la scuola. Il tono è soprattutto mòno-tono, a volte monò-tono, modello tipo rap o trap, con guizzi e spruzzi di risate, perlopiù femminili, da farti sobbalzare sul sedile. Anche se siete dei matusa riuscite comunque a seguire il discorso e a coglierne il senso (o forse il controsenso, ma tant’è). C’è da scommettere però che inciamperete su un sinistro «non parlo con gli snitch» (che è? qualcosa del tipo «non parlo con gli infami»); vi sentirete del branco invece cogliendo il senso pieno di «whatsappami ‘sta foto», perché anche voi smanettate con l’applicazione tanto celebre quanto fortunata, che riesce a mettere in comunicazione (o in certa spiccia forma) nipoti affettuosi e nonni molto avanti (di vedute).
Da che mondo è mondo, i giovani hanno sempre avuto un loro gergo, un codice legato alle generazioni. I matusa non dovrebbero storcere il naso, perché dai 16 anni ci siamo passati tutti. Magari dovrebbero essere un po’ indulgenti, notando poi che certe espressioni come «ci sei o ci fai?» iniziavano a circolare già ai loro tempi e cocciutamente sembrano sopravvivere.
Il modo in cui i ragazzi comunicano fra di loro fa molto parlare gli adulti: il genitore, il docente, il linguista, il sociologo. Qualche espressione a volte ce la fa a superare il posto di blocco e a diventare maggiorenne. Del resto la lingua cresce, proprio come i ragazzi. Forse non piacerà tutto, ma che ogni generazione sperimenti con le parole deriva proprio dal fatto che la lingua stessa è viva. In fondo le parole nuove – i neologismi – nascono per rispondere a un’esigenza comunicativa, che se persistente può anche riuscire a guadagnarsi un posto nel dizionario. Ben vengano dunque certe espressioni, tranquilli raga, ci sta.
A un patto, però. Cari adolescenti: sbizzarritevi pure oggi, ma dovrà venire il momento in cui dovrete ripigliarvi anche voi. Una lingua è fra le più belle creazioni dell’uomo: in origine l’italiano era solo «il volgare», la parlata del popolo che il volgo sentiva tutta sua, oltre il colto latino. Cari ragazzi: quel volgare ci ha dato Petrarca, Dante, poi Leopardi e Manzoni, ma anche Plinio Martini, Gianni Rodari, Andrea Camilleri. Whatsappatevi pure senza freni oggi, ma verrà il giorno della folgorazione, quando capirete che la lingua è arte, è musica, è armonia, è veicolo di storia pensieri emozioni. Salutatevi pure con «ciao fratello», «ciao sorella», se la parentela fittizia vi è utile per esaltare l’amicizia. Ma ricordate (qui non mi maledicano i puristi, mi si conceda un azzardo pedagogico): fra i testi più commoventi che l’italiano delle origini può vantare vi è quello che inneggia a Fratello Sole e Sorella Luna.