«Kafka aveva lamentato che la sua Verwandlung avesse caratteri “troppo scuri e fitti”. In effetti le interlinee, il materiale cieco che si inserisce tra i corpi delle lettere nella composizione e regola quindi lo spazio fra le righe, era inferiore a quello del Napoléon di Sternheim».
Attenti: questo è un libro fuori dall’ordinario. E i motivi sono almeno due: uno, perché ci fa un po’ innamorare di quella scienza che merita di essere amata che è la filologia; due, perché ci spiega che la Metamorfosi di Franz Kafka ha, come hanno tutte le grandi opere, qualche aspetto marginale, qualche passo minore e trascurato, che (lo dice Roland Barthes), se individuato svela essenze dislocate ma centrali. Qui per esempio c’è quel finale della gita in tram della famiglia, che, smaltita la carcassa del fratello insetto, si mette a ragionare sulle prospettive favorevoli della vita, a cominciare da quelle della figlia Grete. «E, quasi a confermare quei nuovi sogni e buoni propositi, al termine del percorso la ragazza si alzò per prima, stirando le giovani membra».
Anche lo spunto di questo libro risulta da un particolare: un’edizione Rizzoli del 2001 del capolavoro di K nella traduzione storica con testo a fronte, all’inizio della seconda parte, quando si racconta come a Gregor arrivino giù dalla strada frammenti di vita normale, la rispettata germanista Anita Rho traduce un apparentemente innocuo Strassenlampen «lampioni elettrici» con tranvia elettrica, che in tedesco fa «Strassenbahn». Una variante che si insinua nelle prime traduzioni, che sembra dapprima un errore dei traduttori, poi uno sbaglio del proto e infine, magari, un’opzione d’autore. La ricerca della svolta originaria ci porta un po’ in giro per il mondo: in Spagna, in Argentina, in Brasile, in Francia, in Turchia, in Iran. Ci fa ipotizzare un «fiammeggiante» e archetipico Borges, che nasconderebbe il particolare del tram al posto dei lampioni in una specie di traduzione-esercizio di stile (Buenos Aires non era, appunto, la città dei tram?). Ci invita a seguire l’avventura esistenziale della traduttrice oltre che pasionaria, comunista e molte altre cose Margarita Nelken.
A mettere a posto tutto è infine la scoperta quasi casuale di una seconda edizione precoce (si gioca tutto su due anni, tra il 1915 e il 1917) che ripiomba indietro nel tempo la variante lampioni/tram, assolve l’errore di traduzione originale e tutti i traduttori a seguire. E però apre un nuovo enigma: di chi è l’intervento? O meglio, è una variante introdotta da Kafka (conosciuto come un Cavalier Precisetti) o ancora dobbiamo tornare a interpellare le tipografie? Non c’è verso di saperlo, nessuna fonte ci aiuta; ed è qui che, abbandonate le armi della critica testuale, possiamo imbracciare quelle dell’interpretazione. Certo è che «se siete un grosso insetto rintanato, ferito e recluso e sentite e vedete il riflesso del tram che passa, il cuore vi si stringerà, ben più che alla percezione dell’illuminazione stradale». O forse no, in capo al sorprendente testo di Adriano Sofri non se ne esce e tra le ipotesi interpretative e nella sterminata esegesi del testo (uno degli studi più monumentali sul raccontino di Kafka è quello di Hartmut Binder, seicento pagine in quarto a fronte della qualche decina del raccontino) brilla per originalità il tema della compassione. Per le ragazze e per la sorella di Gregor Samsa: entrano in forma di luci di tram nella camera del poveretto tutte le tristezze del mondo e triste a suo modo è anche l’ingresso, in tram, alla fine della terribile vicenda, della sbocciata Grete nell’insidioso mondo dei grandi. È bello pensare, con Sofri, che quella sostituzione all’inizio del racconto sia come un segnale dell’autore; che ci dice: attenti ai tram, perché è lì e non al centro della scena che questo capolavoro, come tutti i capolavori, risolve la sua visione della vita.
«Io ho compassione di tutte le ragazze, è l’unico mio incontestabile sentimento sociale. Non ho ancora chiarito donde venga questa pietà. Forse ho pietà di loro per la trasformazione in donne alla quale devono soggiacere».
Bibliografia
Adriano Sofri, Una variazione di Kafka, Palermo, Sellerio, 2018.