Artista malgascio poco più che quarantenne, Joël Andrianomearisoa racchiude già nel nome le suggestioni esotiche della sua isola di origine. Sebbene dal Madagascar sia presto approdato in Francia, a Parigi, dove ha studiato all’École Spéciale d’Architecture e dove tuttora vive e lavora, sono sempre molto frequenti i suoi ritorni ad Antananarivo per non allentare il profondo rapporto che ha con la sua terra, fonte inesauribile di stimoli e di sensazioni da riversare poi nell’arte.
Ciò che più rappresenta il processo creativo di Andrianomearisoa è il suo approccio libero, scevro da qualsivoglia vincolo con una meta predefinita. È l’artista stesso a condensare in poche parole questo concetto: «L’opera nasce da varie manipolazioni che mi portano al risultato finale. Quando penso a una installazione, non immagino la sua finalità. Conosco gli elementi che la compongono, ma mentre li assemblo scopro qualcosa di diverso. Ed è in questo momento che l’opera incomincia ad avere un senso». I suoi lavori non seguono una direzione precisa, non pretendono di acquisire un significato prima ancora di essere conclusi, si muovono piuttosto assecondando la disposizione d’animo del loro autore, che ne svela lentamente la natura e il carattere.
Andrianomearisoa utilizza elementi di vario tipo, dal tessuto alla carta alla plastica, e ama confrontarsi con diversi linguaggi, dalla performance al video, dalla fotografia alla scultura, dal disegno all’installazione, con la capacità, complice la sua formazione da architetto, di conferire a ogni lavoro una potente corporeità, privilegiando così la funzione espressiva della materia. Spesso la fragilità e il valore effimero delle componenti scelte dall’artista si contrappongono proprio alla solida energia vitale sprigionata dall’opera: le creazioni di Andrianomearisoa sono campi di forze contrastanti, spazi percorsi da tensioni dinamiche che generano conflitti ma anche inedite connessioni.
Nelle sale della Primae Noctis Art Gallery di Lugano è allestita in questi giorni una mostra dedicata all’artista africano che raccoglie una quindicina di suoi recentissimi lavori. Si tratta di opere realizzate con il tessuto che mettono in evidenza l’interesse di Andrianomearisoa per la geometria, un aspetto da sempre presente nella sua poetica e da lui rielaborato di continuo.
In queste composizioni la dimensione psicologica e sentimentale si mescola a un’indagine dei problemi formali legati alla percezione, attenta soprattutto alla relazione tra spazio, colore e luce. È un orientamento, questo, che l’artista mutua dalle ricerche del costruttivismo storico, movimento che nei primi decenni del Novecento si è occupato tanto dell’incidenza visiva della forma nello spazio. Da qui non è poi difficile scovare nelle opere di Andrianomearisoa richiami al più ampio panorama delle correnti analitiche e razionaliste, in particolare agli esiti artistici, per i tempi rivoluzionari, del russo Kazimir Malevič, il cui quadrato nero, uniforme e bituminoso dipinto nel 1915 su uno sfondo bianco è divenuto una sorta di icona nichilista dell’arte tradizionale, una tela dal minimalismo precoce capace di sradicare dalla pittura qualunque traccia di oggettività.
Nei pezzi presentati a Lugano Andrianomearisoa si affida proprio al formato quadrato, figura statica per eccellenza entro la quale molte altre possono essere inscritte, e al nero, tinta che assorbe ogni frequenza come se le contenesse tutte.
I lavori sono stati assemblati dall’artista con brandelli di stoffa accostati e sovrapposti, una tecnica peculiare della sua cifra stilistica che riesce ad attribuire all’opera una volumetria quasi architettonica: le sete e i cotoni provenienti dall’Africa, in taluni casi tinti con i pigmenti della terra, sono tagliati, piegati, intrecciati e addossati a creare uno spazio dalla struttura ben definita ma al contempo dinamico e variegato negli effetti di luce e movimento. Il tessuto, materiale leggero e flessibile, caratterizza fin dagli esordi la pratica di Andrianomearisoa, un elemento che lo lega al suo paese perché porta con sé l’eco dei tipici panni del Madagascar, come il lamba, la stola dall’alto valore simbolico che gli abitanti sono soliti avvolgere attorno al proprio corpo.
Sebbene al primo impatto le opere dell’artista possono evocare atmosfere cupe, a uno sguardo più attento si coglie come il nero totale delle stoffe si apra a un’infinità di sfumature. Il nero di Andrianomearisoa, difatti, non è mai monocromatico, statico e austero, è invece diventato nel tempo una specie di sfida, reinterpretato e rinnovato costantemente dall’artista che lo declina ogni volta nelle sue tante possibilità espressive per regalare energia ed esuberanza alle creazioni.
Di particolare interesse nella rassegna luganese è il lavoro che dà il titolo alla mostra, The geometry of the angle as point of no return to dress the present, costituito da piccoli pezzi di cartone utilizzati come rocchetti su cui è stato avvolto del filo di seta nero e bianco a formare una croce, proprio come le matassine che ancora oggi vengono vendute nei mercati malgasci.
Tra fuggevolezza e fisicità, tra spazio e tempo, tra geometria e sentimento, tra tradizione e rinnovamento, l’arte di Andrianomearisoa rivela quanto il sapiente gioco tra materia, forma e colore possa sollevare una moltitudine di significati ed emozioni.