Biglietti in omaggio
«Azione», mette in palio alcuni biglietti per il concerto del pianista Andrea Bacchetti con l’OSI diretta da Markus Poschner che avrà luogo giovedì 31 gennaio 2019 all’Auditorio Stelio Molo RSI di Lugano. Per partecipare all’estrazione basta seguire le indicazioni sulla pagina web www.azione.ch/concorsi


Tra Beethoven e Chiambretti

Il pianista ligure Andrea Bacchetti, che si esibirà con l’OSI il prossimo 31 gennaio, racconta come il suo orecchio assoluto sia stato scoperto a cinque anni durante la recita di Natale
/ 21.01.2019
di Enrico Parola

Oggi, nell’era dei social dove tutti possono mostrarsi creandosi dei canali youtube, tanti musicisti anche classici promuovono la propria immagine non partecipando ai concorsi o cercando ingaggi prestigiosi, bensì riprendendosi mentre suonano. A suo modo Andrea Bacchetti, seppur involontariamente, aveva anticipato questa moda divenendo popolare a soli 13 anni, senza aver vinto un premio importante o aver suonato alla Scala. Certo, il pianista genovese già due anni prima si era esibito al Conservatorio di Milano accompagnato da Claudio Scimone e i Solisti Veneti; ma fu nel 1980 che tutta Italia conobbe improvvisamente l’estro e il talento di quell’adolescente: Mike Buongiorno lo invitò in una sua trasmissione, schiacciò tre tasti a caso del pianoforte posto in studio e Bacchetti improvvisò un brano funambolico basato su quelle tre note.

Orecchio assoluto (cioè la capacità di individuare immediatamente qualsiasi nota) e fantasia conquistarono il pubblico in sala e a casa. Da allora il pianista ligure gira il mondo alternando il grande repertorio a rarità come la produzione pianistica di Cherubini o di semisconosciuti autori veneziani riscoperti in un manoscritto della Biblioteca Marciana, intervallando l’attività di concertista a progetti televisivi ad esempio con Piero Chiambretti.

«Non sono nato in una famiglia di musicisti, sono cresciuto tra le canzoni di Gino Paoli, De André e Lucio Battisti, oltre alla classica: un po’ ma decisamente non troppa; quindi non sono un purista nel senso deteriore, integralista del termine» ricorda Bacchetti, che ha firmato un disco con Antonella Ruggiero. Il 31 gennaio chiuderà il ciclo «Osi in Auditorio» come solista nel sontuoso Concerto K 503 di Mozart; Markus Poschner dirigerà l’Orchestra della Svizzera Italiana anche nell’ouverture dal Coriolano e nella prima sinfonia di Beethoven.

Pur non avendo parenti musicisti, Bacchetti si avviò sui sentieri dell’arte già a cinque anni: «Durante la recita di Natale la maestra si accorse che sapevo distinguere tutte le note, mi fecero un test e si vide che avevo l’orecchio assoluto, così decisero che dovevo studiare e lavorare su questa mia capacità: mi imposero anche di suonare il pianoforte, pensando che fosse lo strumento più completo».

All’inizio non fu dunque un’infatuazione col suono o l’estetica dello strumento, ma il piccolo Andrea vi si appassionò, mostrando una facilità d’apprendimento non comune e sorprendendosi lui stesso di quanto la musica lo aiutasse: «Anche a scuola. Già alle medie e poi al liceo mi veniva spontaneo confrontare il pensiero di un grande statista con quello di un grande compositore, le idee di un interprete con quelle di un esecutore, fare parallelismi tra i metodi di studio del solfeggio e del latino, della storia musicale con quella generale.

A livello puramente mnemonico ricordare una Sonata di Mozart o Beethoven è estremamente più complesso che imparare a memoria una poesia di Pascoli o Carducci. Al liceo, quando ci assegnavano temi letterari, mi veniva spontaneo confrontare un certo scrittore con il tal compositore coevo: mi sembrava bello vedere come due artisti che vissero nello stesso periodo storico e nella stessa temperie culturale riuscissero ad esprimere in due modi diversi emozioni uguali, bellissime o bruttissime che fossero».

La consapevolezza piena di quale fosse l’anima del pianoforte fu raggiunta grazie a Luciano Berio, uno dei massimi compositori italiani dell’ultimo mezzo secolo: «Lo conobbi a Salisburgo nel 1989, era ligure come me e scattò immediata una sintonia anche umana; mi ripeteva che il pianoforte non è una macchina da scrivere o una palestra dove bisogna dimostrare velocità, muscoli e forza, ma che lo strumento musicale si chiama così perché è appunto uno strumento per emozionare, coinvolgere, entrare nel cuore della gente. Il virtuosismo esibito su youtube può colpire e sorprendere, ma è imparagonabile con l’emozione profonda suscitata da un concerto dal vivo di un grande interprete».