Quasi centomila visitatori. Difficile dire se la pioggia abbia aiutato la seconda edizione di Tempo di Libri (diluvia, non si fa il fine settimana fuori che per i milanesi è quasi obbligatorio). Oppure l’abbia danneggiata, facendo cambiare idea ai lettori che hanno preferito la lettura di un romanzo sul comodo divano di casa alla passeggiata tra i padiglioni dove gli editori hanno messo in mostra la mercanzia.
Il sessanta per cento in più di visitatori rispetto all’anno scorso garantisce il futuro della manifestazione. Scongiurati i problemi dell’edizione 2017, che ormai vale come numero zero funestato dalle date sbagliate, dalla Fiera sbagliata (per arrivare a Rho serviva mezz’ora di metropolitana, i padiglioni del Portello sono accanto ai grattacieli di Isozaki e Hadid), dal mancato coinvolgimento delle scuole, dalla smania di anticipare il Salone del Libro di Torino che si tiene a maggio. Nel 2019 il direttore sarà ancora Andrea Kerbaker, che vanta una lunga esperienza nell’organizzazione di eventi culturali per le aziende, e ha organizzato gli appuntamenti in giornate tematiche.
Ha aiutato l’inaugurazione fissata per l’otto marzo, giornata della donna (delle mimose parliamo un’altra volta, anzi non parliamo affatto: dodici ore di festeggiamenti, di discorsi, e ora anche di hashtag, che grondano scarsissima convinzione). Le altre giornate erano dedicate alla ribellione, son passati 50 anni dal 68. E poi Milano, le immagini, il digitale. Per l’anno prossimo sono già annunciati i peccati capitali. Sarebbero sette, ma verranno ridotti a cinque. Il primo a cadere, ne siamo sicuri fino a scommetterci qualcosina, sarà l’invidia.
La partecipazione del pubblico, gli 850 incontri con 1200 tra scrittori e presentatori dei medesimi, le scolaresche arrivate in massa (sedicimila, saranno i lettori di domani, anche se per ora leggono solo Sofia Viscardi o Iris Ferrari, creatura del web che saluta i fan con «ciao unicorni») lasciano però in sospeso una questione. I rapporti con il Salone del libro di Torino, che l’anno scorso si era preso la bella sua rivincita su un Tempo di Libri frettolosamente organizzato.
Anche chi negli anni precedenti aveva mosso critiche (costruttive, per carità, sempre costruttive) sulla manifestazione torinese e sul suo difficile cambio di direzione dopo gli anni magnifici di Ernesto Ferrero, l’anno scorso ha affollato il Lingotto. In segno di solidarietà contro i grandi editori milanesi – Mondazzoli e il gruppo Gems – che volevano una fiera tutta loro. Perché Milano è la capitale dell’editoria italiana, e perché puntavano a una manifestazione fatta per gli addetti ai lavori, oltre che per i pubblico.
Da qui il gemellaggio con la Buchmesse di Francoforte. E l’attenzione al MIRC, Milan International Rights Center: 170 operatori stranieri e 130 italiani, impegnati in speed date per far circolare gli scrittori italiani all’estero. Tutti con la non troppo segreta speranza di trovare una nuova Elena Ferrante, che tra poco avrà una mini-serie tutta sua, intitolata L’amica geniale: la sta girando a Caserta Saverio Costanzo Qualche giorno fa si sono viste le prime immagini di Lila e Elena, detta Lenù, da piccole e da grandi.
Può un paese come l’Italia, con livelli di lettura bassi rispetto al resto d’Europa, permettersi due fiere del libro a poca distanza l’una dall’altra? I piccoli editori hanno detto subito di no, il gioco non vale la candela. Molti, come Iperborea o Sellerio, hanno scelto senz’altro Torino. Non bastasse, Milano dal 23 al 25 marzo ospita al Mudec Bookpride, la fiera dell’editoria indipendente (più mirata su un pubblico di lettori forti e dai gusti non mainstream, meno costosa per gli editori, e certo danneggiata dal colosso che le hanno piazzato quindici giorni prima).
I grandi editori cominciano a rifletterci ora. Tempo di Libri 2018 è andata bene, ma le vendite non sono state esaltanti. Tranne per lo stand del Libraccio, che vendeva libri usati, prime edizioni e volumi fuori catalogo, sempre affollato e con i registratori di cassa tintinnanti. Partecipare a due Fiere risulta piuttosto costoso, anche per i grandi gruppi. Da qui la proposta di organizzare la manifestazione un anno a Torino – che l’anno scorso, edizione del trentennale diretta da Nicola Lagioia, ha totalizzato più di 160 mila visitatori – e un anno a Milano. I milanesi hanno lanciato l’esca, i torinesi hanno continuato a lavorare al programma che dai primi annunci risulta piuttosto ghiotto.