Dove e quando
Giuseppe Chietera, Fabio Tasca: The Point and Shoot Series. Lugano, Istituto i2a, Limonaia di Villa Saroli. Fino al 21 giugno 2019

Bibliografia
Giuseppe Chietera, Fabio Tasca, The Point and Shoot Series, Lugano, Artphilein Editions, 2019


Tasca e Chieteri, guardare insieme

Uno sguardo condiviso e insolito, quello proposto dai due fotografi
/ 17.06.2019
di Gian Franco Ragno

Entrambi fotografi di un territorio sempre più antropizzato, il locarnese Giuseppe Chietera (1966) e il comasco Fabio Tasca (1965), collaborano da alcuni anni sulla base di un’idea comune di paesaggio – antiretorica, attuale e di ricerca – traendo forza dal confronto diretto e sviluppando inedite dialettiche interne ai rispettivi lavori.

Ad esempio ciò si è verificato nel 2012 nella ricognizione topografica parallela delle strade litoranee del lago di Como e del Verbano, oppure nelle zone periferiche del Locarnese e della Brianza (lavori esposti alla Fondazione Rolla e alla Camera di Commercio di Como nell’ambito del progetto di ProHelvetia, Viavai); due anni dopo hanno partecipato a un progetto condiviso su Berlino – con il videoartista Roberto Mucchiut e il fotografo Domenico Scarano – dal titolo, Berlin Moving Still.

Nell’ultima prova esposta alla Limonaia di Palazzo Saroli, già sede del Dicastero delle Attività Culturali di Lugano e oggi sede dell’Istituto internazionale d’architettura i2a, vi sono delle novità: non si tratta di un progetto idealmente concluso. Esso nasce infatti dall’idea di riunire quel magmatico materiale prodotto nelle tante ricognizioni del territorio, pellegrinaggi senza una vera meta, appunti visivi di carnet di viaggio di forma contemporanea, che non hanno una precisa collocazione all’interno di una serie, e forse non l’avranno mai. Immagini più veloci e immediate rispetto a quelle più meditate prese a cavalletto (da cui il titolo The Point and Shoot Series, traducibile nell’imperativo «inquadra e scatta»).

Nella mostra a Lugano e nel catalogo, la cui ideazione ha preceduto l’esposizione, l’impressione generale è quella di sostanziale uniformità tra i risultati dei due fotografi: ogni immagine potrebbe essere stata scattata dall’uno o dall’altro autore. Questa impressione – voluta e cercata – prende origine da alcune scelte di fondo: usare la stessa macchina fotografica tascabile non professionale (una piccola «compatta» Rollei 35mm con obiettivo fisso), stampare insieme tutte le immagini dallo stesso stampatore e, per quanto riguarda l’esposizione, incorniciarle in cornici simili di piccole dimensioni.

Le zone indagate sono quelle periurbane: luoghi in cui non sembra succedere nulla, periferici e marginali pur all’interno di una città globale diffusa. La loro identità è imprecisa – se residenziale, industriale oppure commerciale non è chiaro – e rappresenta un rapporto squilibrato tra uomo e natura, o quello che ne rimane dopo una fase di feroce appropriazione del territorio da parte dell’uomo.

Ma vi sono anche elementi di discontinuità rispetto a ciò che hanno prodotto finora Chietera e Tasca, sia a livello espositivo sia editoriale. Vi è, ad esempio, un leggero piacere nel riprendere situazioni inconsuete: sono assai presenti scritte di vario genere, cartelli e insegne, vetrine con elementi kitsch – tutti tratti pop costitutivi dello stile anche di molti autori di riferimento del duo, tra i quali ricordiamo Walker Evans, Ed Ruscha e Luigi Ghirri.

Un esempio può essere quantomai emblematico: ad Arles, ogni estate capitale della fotografia e dell’arte contemporanea, invasa da turisti e artisti in cerca di visibilità e contatti, i due non trovano di meglio che fotografare un supermercato «Monoprix» degli anni Settanta – non certo una mèta abita dalla mondanità internazionale. Lanciando al contempo un ironico riferimento al mercato dell’arte.

Come detto, inizialmente tutto nasce da un catalogo: in parte finanziato attraverso una piattaforma di crowdfunding e in parte edito dalle edizioni Artphilein di Lugano – da alcuni anni in prima linea nel sostenere giovani artisti – il volume contiene anche due contributi, il primo di Alberto Chollet e il secondo dell’architetto Luigi Trentin.

Ognuna delle immagini del catalogo trova spazio nella suggestiva Limonaia di Villa Saroli, stagliandosi liberamente in tre registri sulla lunga parete in legno: più che un percorso, appare una partitura libera – meno rigida di quelle che siamo abituati a vedere nelle esposizioni – composta da immagini di piccolo formato dai colori saturi e celesti chiarissimi.