Svizzeritudine fra mito e ossa rubate

Oltre a Tell del ticinese Flavio Stroppini, è andato in scena anche il nono appuntamento di Performa, il festival di Arbedo ideato dal coreografo Filippo Armati
/ 06.05.2019
di Giorgio Thoeni

Applausi meritati e ampia soddisfazione hanno accompagnato il recente debutto al Teatro Sociale di Bellinzona di Tell, atto unico fra giallo, commedia e pochade musicale magrittiana. Un lavoro nato dalla penna di Flavio Stroppini e Monica De Benedictis, diretto dallo stesso Stroppini e interpretato da Matteo Carassini, Igor Horvat, Silvia Pietta, Flavio Sala e Massimiliano Zampetti. Una squadra affiatata che ancora una volta ha permesso di sottolineare la volontà di Gianfranco Helbling nel caratterizzare una produzione bellinzonese, la sesta dal 2013, come un ulteriore e importante capitolo nell’affermazione di un teatro svizzero di lingua italiana.

Un processo indentitario importante per il territorio, che valorizza talenti e scrittura attraverso contorni professionali maturi per molte delle voci che compongono un allestimento teatrale: dagli attori alla regia, dalle musiche alla scenografia, dalle luci ai costumi. Tell li mette in campo tutti, sono gli ingredienti di un gruppo che dà corpo e sostanza a un progetto articolato anche sul piano dell’intrattenimento senza rinunciare a riflessioni sulla contemporaneità.

La chiamata in campo della leggendaria figura del nostro eroe nazionale evidentemente è un pretesto. Come il furto delle sue ossa poi ritrovate in tre valigie nella stiva di un aereo diretto a Istanbul: fra i preziosi resti anche 50 passaporti svizzeri con nomi arabi e dei piani trafugati al CERN… Tre persone sono fermate dalla polizia. I dialoghi inizialmente sono dilatati: ci fanno conoscere i personaggi. Si fanno più ritmati quando una vice ispettore di polizia inizia gli interrogatori. Accelerano quando un ambizioso commissario entra in gioco alla ricerca dei colpevoli.

Sullo schermo sfilano in volo figure colorate, attimi di fantasia, icone, allusioni per appassionanti videoscenari dal taglio surrealista. E la canzone diventa accompagnamento in playback per i sogni dei personaggi. La platea si diverte. La regia è brillante. Scopriamo la vis comica di Carassini, l’efficace double face seriosa di Sala, si riafferma la bravura del trio Zampetti, Horvat e Pietta (in versione pré-maman). Lo spettacolo replica ancora il 9 e 10 maggio (20.45).

Piccolo è bello per happening e performance
Comunicazione, empatia, scoperta e (perché no?) trance estetica. Sono le linee guida che hanno contraddistinto il festival Performa che da pochi giorni ha archiviato la sua nona edizione. La rassegna, creata e diretta dal danzatore e coreografo di Gorduno Filippo Armati, ha nuovamente registrato un lusinghiero successo. Lo si deve alla caparbietà dell’ideatore della manifestazione, sostenuta anche dal Percento culturale di Migros Ticino e da un pubblico non folto, ma che si è dimostrato fedele e attento nel seguire le proposte che si sono avvicendate sull’arco di una decina di giorni.

Un piccolo festival, beninteso, che, dopo esser stato in un certo modo itinerante, ha ormai trovato in Arbedo la sua sede ideale per presentare le varie produzioni sia ne Lo Studio, stabile situato nell’area industriale, sia nella sala multiuso dello Spazio Civico (chiamata per l’occasione un po’ pomposamente Teatro di Arbedo) ma anche in case private del nucleo del piccolo comune del distretto bellinzonese.

Performa, nonostante i mezzi molto limitati, riesce a convincere per il suo carattere informale, per la professionalità dei performer e per il seguito che ottiene da chi accetta di lasciarsi trasportare in dimensioni diverse, inconsuete, in una realtà particolarmente giovane e originale, non paragonabile a quelle che sono proposte da manifestazioni più blasonate e forse meno a fuoco sul tema.

Dagli spettacoli brevi a momenti di danza, da jam improvvisate con danzatori e musica (come quella con l’eclettico percussionista Ivano Torre) ai workshop, passando per happening sonori, dj set electrobeat e installazioni video e fotografiche.

Due dozzine di appuntamenti hanno alimentato l’atmosfera di nicchia di un festival molto particolare e prezioso, grazie alla presenza di artisti svizzeri e internazionali. Non ce ne vogliano se non li elenchiamo tutti, ma un paio di esempi meritano di essere ricordati. A cominciare dal performer e danzatore australiano James Batchelor, fra i più quotati e innovativi, straordinario nell’esibire uno studiato minimalismo nel movimento per una minuziosa mappatura dello spazio: da solo (Hyperspace) o in duetto con Chloe Chignell (Deepspace).

La compagnia belga Tumbleweed (Angela Rabaglio e Micaël Florenz) con The Gyre, ipnotica rotazione dei corpi attorno a un punto centrale. O ancora Julie Semoroz con Hygge Secret, sculture sonore accompagnate dalle riflessioni sul tempo e la ricerca di una felicità non materialista (e un massaggiatore).