Ci sono dei libri che non vorreste finissero mai, tanto vi prendono il cuore e la testa; oppure che una volta girata l’ultima pagina vi lasciano come in estasi, impedendovi di pensare ad altro che alla storia che avete appena vissuto. Per me uno di questi libri è Jerusalem di Selma Lagerlöf, appena ripubblicato da Iperborea a distanza di vent’anni.
Una saga straordinaria ambientata sul finire dell’800 quando il mondo aspirava a una rinascita spirituale, pubblicata dalla grande scrittrice svedese nel 1902. Qualche tempo dopo, nel 1909, Selma Lagerlöf veniva insignita, quale prima donna, del Premio Nobel per la Letteratura e pochi anni più tardi entrava a far parte dell’Accademia svedese. Moriva a Sunne nel 1940 all’età di 82 anni. Due curiosità: a lei è dedicato l’asteroide 11061 scoperto nel 1991, mentre il suo volto compare sulle banconote da 20 corone del suo paese.
Ma la sua attualità non si esaurisce qui: pensiamo a quanto succede oggi in quella parte tormentata del mondo e al fatto che molti, dentro e fuori la sfera delle religioni, sentono il bisogno di un’alternativa al materialismo contemporaneo che impoverisce l’uomo.
Jerusalem racconta la straordinaria vicenda di una piccola comunità di Näs, nel Värmland, che decide di lasciare il paese natale vendendo terreni, pascoli, fattorie e animali, per trasferirsi a Gerusalemme e unirsi a una setta americana che si ispira a ideali cristiani di uguaglianza, fratellanza, concordia, castità e povertà; e che vive nella millenaristica attesa del ritorno di Cristo. Una scelta drammatica, sofferta, che lacera le famiglie e che porterà molti dei partecipanti e dei parenti rimasti a casa, a percorrere sentieri spirituali inesplorati che cambieranno le loro vite, tra pulsioni idealistiche e debolezze terrene. Una storia vera che Selma Lagerlöf narra di prima mano essendo anche lei andata in Palestina in compagnia della sua amica e collega Sophie Elkan, per vedere con i propri occhi come vivevano questi suoi compaesani trapiantati in un mondo così lontano da quello nel quale erano cresciuti.
Un gruppo di fedeli invasati ma in buona fede che cercavano la Gerusalemme celeste, «la città di Dio dalle mura dorate e dalle porte di cristallo», le strade che il piede di Gesù aveva calcato, i luoghi della Passione che Sant’Elena aveva stabilito a pro’ dei pellegrini di tutto il mondo che sarebbero accorsi in quella capitale di tre religioni dove si respirava un’aria mistica unica al mondo. E cosa avevano invece trovato loro (o meglio la stessa Lagerlöf )? Pregiudizi, miseria, malattie, morte e soprattutto una città divisa da lotte tra paesi coloniali e fazioni religiose che cercavano di screditarsi l’un l’altra al fine di conquistare più anime alla propria causa, dove «tutti si odiano e si combattono a maggior gloria di Dio». Miserie umane, bilanciate dalla speranza nella salvezza divina.
Da grande scrittrice quale era, Selma Lagerlöf trasfigura il contrasto tra mito e realtà, questo mondo in grande fermento, complesso e contraddittorio, in un racconto mitico, in un’epopea che qualcuno ha addirittura paragonato a un poema omerico. Marguerite Yourcenar non aveva forse detto che la Lagerlöf era la più grande scrittrice dell’800?
Si susseguono nel romanzo pagine di straordinaria forza narrativa, nelle quali si alternano i sentimenti umani più profondi, si incrociano i destini dei molti protagonisti (dai nonni ai nipoti) alla ricerca di se stessi, ma si agitano anche le antiche leggende che popolavano la campagna della Dalecarlia con le figure magiche o inquietanti della sua tradizione.
Momenti indimenticabili come quando la Lagerlöf narra la vendita all’asta della fattoria degli Ingmarsson, la famiglia che fa da filo conduttore alla vicenda, che costituirà uno dei momenti chiave di tutto il racconto; o ancora il viaggio notturno attraverso le strade di Gerusalemme di Halvor per riportare a casa la bara dispersa della figlioletta morta. O infine la storia d’amore, contorta quanto infinita, tra Ingmar e Gertrud.
Una frase conclusiva, riportata sulla quarta di copertina: «Niente è tanto strano quanto pensare a come Dio governa il mondo. No, proprio niente è tanto strano».