Straniamenti e crisi di identità

Buone proposte al Teatro Cambusa e nuove prospettive al Teatro Dimitri
/ 07.05.2018
di Giorgio Thoeni

La Compagnia Cambusa Teatro da diverso tempo si orienta su scelte che attingono a professionalità ed esperienze consolidate. Dalle regie di Laura Pasetti alle collaborazioni con il Teatro della Tosse di Genova. È il caso di Brutto, il recente allestimento della compagnia che, dopo essersi scaldata i muscoli con alcune repliche «d’essai» nella nuova sede allo Spazio Elle di Locarno, ha proposto lo spettacolo con successo al Teatro Foce di Lugano. Va anche detto che questa produzione ha già confermate date in Ticino a partire dal prossimo autunno (Locarno, Lugano, Balerna) e in Italia (Genova, Milano, Torino).

Cambusa non è nuova a coproduzioni con la Tosse di Genova ora alle prese con Marius Von Mayenburg (Monaco, 1972), Premio Kleist per giovani drammaturghi e Preis der Frankfurter Autorenstiftung (1997), uno degli autori tedeschi più rappresentati in Germania e in Europa. Brutto (Der Hässliche) è stato scritto nel 2007 per la Schaubühne di Berlino dove Von Mayenburg collabora come «Dramaturg» per il regista Thomas Ostermeier. Il suo testo offre una duplice lettura: da un lato ritroviamo la commedia surreale dalle venature comiche, dall’altro si fa strada un’insolita prospettiva dal taglio filosofico, laddove l’uso della chirurgia plastica diventa un ponte subliminale verso un’ipotesi di manipolazione genetica.

La trama è comunque molto semplice: le brutte fattezze del viso del protagonista vengono eliminate con forbici e bisturi. Il risultato è talmente perfetto che riqualifica il suo successo professionale (e non) e il protagonista diventa oggetto di invidia. Spinti dal desiderio di emulazione, tutti i suoi colleghi e amici finiranno col farsi operare sul suo identico modello di volto, diventando così imprinting estetici, facce clonate per avatar di sé stessi… con tutte le conseguenze paradossali del caso.

Cambusa Teatro e il Teatro della Tosse riprendono la bella traduzione di Umberto Gandini (il primo allestimento in assoluto l’ha realizzato il Nuovo Teatro Nuovo di Napoli nel 2010) con il risultato di un lavoro molto scorrevole e divertente, voluto semplice nel suo allestimento con pochi oggetti scenografici e luci essenziali. L’ottima regia di Marco Taddei propone un’interpretazione lineare, ritmata, brillante e gradevole degli attori confrontati con un copione per quattro interpreti e sdoppiamento di ruoli: una struttura che ammicca al teatro di boulevard con un taglio moderno e accattivante, dove le apparenze di una grottesca satira sociale sul concetto di identità lasciano che una dimensione surreale si accomodi senza concedere manierismi o esagerazioni espressive. Divertimento e applausi per Max Zampetti, Laura Zeolla, Alessio Calciolari e Lorenzo Piccolo.

A Verscio si respira aria nuova
A partire dall’estate di due anni fa il Teatro Dimitri di Verscio ci ha raccontato la crisi di un’istituzione storica alle prese con il rischio della perdita della sua identità artistica. Un’accelerazione iniziata con la scelta infelice di una direzione durata pochissimo a cui si sono aggiunte inquietanti derive economiche accanto alla messa in discussione di un’offerta ancorata a un certo tipo di rappresentazioni, a una programmazione che, senza i dovuti accorgimenti, poteva diventare obsoleta. Il consolidato rituale incentrato sull’arte di famiglia aveva inoltre subìto un duro colpo con la perdita di Dimitri, il grande clown, l’artefice di quella originale visione teatrale. Una serie di scossoni che tuttavia hanno avviato il motore del cambiamento.

Con piglio deciso è entrato in campo David Dimitri il quale, coadiuvato da Emmanuel Pouilly, ha preso in mano le redini della stagione teatrale. Artista di fama internazionale, David ha un’esperienza artistica che lo ha portato in tutto il mondo e oggi si sta facendo garante della continuità, alimentandola con produzioni «di casa», un punto fermo per questo centro culturale periferico, frammisto a una vena innovativa che guarda al «nouveau cirque» (con un tendone da 200 posti allestito nel giardino adiacente, ndr), ma anche a proposte teatrali per la sala, coraggiose e di qualità, allo scopo di dare una nuova veste al cartellone.

Ecco così il recente appuntamento con Peter Brook a cui è seguito quello con l’incredibile compagnia australiana di giovani acrobati «Gravity and Other Myths». Non ci siamo fatti mancare nemmeno il ritorno della danza contemporanea di prestigio con la compagnia svizzera Linga con ONA (lei, in polacco). Uno spettacolo mozzafiato: sei danzatrici straordinarie e la magia coreografica di Katarzyna Gdaniec e Marco Cantalupo in un’esplorazione fisicamente esigente e perfetta per una trama di corpi che indagano sull’armonia del maschile e del femminile, sulla forza e la dolcezza in un gioco di unioni e abbandoni con Ai Koyama e Myriam Garcia Mariblanca, Raquel Miro, Marie Urvoy, Nathalie van den Homberg, Clara Villalba e Cindy Villemin. Un’estasi danzata con assoluta bravura.

Eccoci dunque al rilancio di un importante centro culturale periferico che vuole guardare al futuro senza rinnegare il passato. L’inizio di un nuovo capitolo.