So long, Tom

Tom Waits visto dalle donne: un nuovo album tributo permette di offrire un’eccellente rilettura «al femminile» del repertorio di un grande maestro
/ 17.02.2020
di Benedicta Froelich

Sebbene lo statunitense Tom Waits sia senza dubbio da annoverarsi tra i grandi storytellers del rock internazionale degli ultimi quarant’anni, non si può negare come il particolarissimo timbro vocale da lui prescelto (di fatto una forzatura non da poco delle corde vocali dell’artista) abbia allontanato molti potenziali ascoltatori dalle meraviglie di cui il californiano è stato finora capace. Fortunatamente, ciò non ha comunque impedito al pubblico casuale di apprezzarne profondamente le composizioni qualora esse vengano interpretate da artisti dalla voce più malleabile e convenzionale; il che spiega la pubblicazione di questo nuovo album tributo, Come On Up To The House, il cui sottotitolo – Women Sing Waits – conferma una volta di più come l’intenso repertorio di Tom sia sempre più apprezzato dalla sensibilità artistica femminile.

Certo, chiunque abbia familiarità con le incisioni di Waits potrà forse rimanere perplesso davanti all’idea di utilizzare voci femminili per un songbook che, da molti anni a questa parte, è stato dal suo autore gestito con tono roco e volutamente alterato fin quasi al parossismo; tanto più che il CD compie la scelta tutt’altro che scontata di indugiare su un album in particolare della discografia di Tom, ovvero il relativamente tardivo Mule Variations, pubblicato nel 1999. E in effetti, a parte classici assoluti come la celeberrima Downtown Train, la maggior parte dei brani selezionati proviene dai lavori per certi versi più «cantautorali» nella carriera di Waits – nonché i più riusciti ed emotivamente coinvolgenti, in cui il musicista ha messo in secondo piano l’abituale enfasi interpretativa a favore di una particolare attenzione alle sfumature emozionali e intimiste offerte dalle liriche.

Forse è proprio per questo che i brani di Mule Variations sono tanto adatti a una rivisitazione da parte di voci senz’altro più aggraziate e delicate di quella di Tom – e la dimostrazione la si ha fin dall’indiscusso capolavoro di songwriting che costituisce l’ispirata title track del CD, appassionato incitamento a non lasciarsi travolgere dalle brutture della vita e dall’autocommiserazione che ne deriva; peccato che la versione qui presente, interpretata dalle Joseph (nome dietro il quale si nascondono tre sorelle originarie dell’Oregon) sia così edulcorata e priva di nerbo da vanificare completamente lo spirito originale del pezzo. Va invece molto meglio con lo struggente lento romantico-esistenzialista Take It With Me, forse anche grazie al fatto che la natura stessa del suo arrangiamento si presta perfettamente a un’interpretazione delicata ed eterea quanto quella di Angie McMahon, in grado di indugiare in modo davvero toccante sul finale. Allo stesso modo, una sorpresa inaspettata è costituita da Ol’ 55, canzone quasi dimenticata appartenente all’album d’esordio di Waits (Closing Time, del ’73) e qui affrontata in modo particolarmente efficace dalle voci intrecciate di Shelby Lynne e Allison Moorer.

In effetti, anche per quel che concerne i brani cosiddetti «inevitabili», ovvero praticamente immancabili da un qualsiasi tributo dedicato al vecchio Tom, la qualità risulta piuttosto altalenante: ad esempio, la versione di Downtown Train offerta da Courtney Marie Andrews non riesce ad aggiungere nulla di nuovo alla dolente poesia dell’originale – forse anche perché, dopo l’ispirata versione di Rod Stewart (non a caso un altro artista dal timbro aggressivo e praticamente inconfondibile), qualsiasi altra rivisitazione finisce per suonare piuttosto insipida o, come nel caso della Andrews, quantomeno scolastica.

Per fortuna, l’eterogenea tracklist offre anche vocalist più esperte e determinate, la cui comprovata esperienza salva a tutti gli effetti la situazione: su tutte, Rosanne Cash (la cui voce magistrale è al servizio della sempre commovente ballata Time) e l’ispirata e rispettosa Patty Griffin, qui presente con una versione davvero coinvolgente del delicato Ruby’s Arms. E se Corinne Bailey Rae, da sempre maestra nell’intessere atmosfere da puro soul afroamericano, finisce per infondere di accenti forse un po’ zuccherosi lo scanzonato Jersey Girl, i fan più affezionati dell’opera di Waits non potranno evitare di sorridere nel vedere una cantautrice delicata ed elegante quale Aimee Mann cimentarsi con una ballatona ruvida e inequivocabilmente maschile come Hold On, il tutto rendendo giustizia allo spirito allo stesso tempo straziante e speranzoso del brano.

Così, sebbene non si possa affermare che ogni traccia di quest’album rappresenti un centro perfetto, Come On Up to the House raggiunge pienamente i suoi obiettivi, non solo costituendo un sentito omaggio al Maestro, ma anche dando la possibilità ai fruitori occasionali di apprezzarne davvero l’arte; e soddisfando inoltre pienamente la dichiarata (e legittima) necessità di ricordare al grande pubblico l’influenza che il magistrale repertorio del vecchio Tom ha avuto sulle successive generazioni di cantautori – e cantautrici – statunitensi.