L’undici gennaio per il ciclo Colazioni letterarie, il giornalista italiano Paolo Pagani dialogherà con Yvonne Pesenti Salazar per presentare il suo libro edito da Neri Pozza I luoghi del pensiero. Dove sono nate le idee che hanno cambiato il mondo. Una lettura non solo consigliata ma necessaria per riflettere sul nostro tempo in un momento simbolico come quello del passaggio al nuovo anno. Una piccola edizione densa di sostanza che attraverso una ricognizione storica, topografica e passionale racconta un viaggio-reportage sentimentale alle radici della cultura europea e propone una personale ricostruzione di una certa Europa. Dall’Olanda del Seicento fino alla Svizzera del Novecento, il lettore attraversa in lungo e in largo il Vecchio Continente e incontra quei filosofi che secondo Paolo Pagani hanno promosso idee e pensieri lungimiranti, potenti, fondativi, ancora oggi attuali e vivi.
Con un Martin Heidegger in copertina a passeggio nei boschi della Foresta Nera di Todtnauberg, il volume si apre sul secolo del genio nel quale hanno convissuto menti formidabili come quelle di Leibniz, Spinoza, Cartesio, Newton e Blaise Pascal, il secolo in cui furono scavate le fondamenta del mondo moderno e furono generate le grandi idee che hanno spalancato la Modernità. Nel 1632, nel quartiere di Waterlooplein ad Amsterdam, nacque Baruch Spinoza «filosofo rarefatto e appartato, un paradossale uomo di Dio laico, meditabondo, fragile e isolato». È questo sguardo umano e appassionato a fare la differenza in un testo che ci parla di filosofia ma ha il merito di aprire sguardi profondi sulle vite dei grandi pensatori attraverso i luoghi che hanno abitato e nei quali hanno partorito i testi fondamentali del nostro sapere.
Da quali presupposti è partito per il suo libro?
Attraversiamo un momento sciagurato per l’Europa e mi sono domandato che cosa andasse perduto, cosa avremmo rimpianto, da dove viene la grandezza dell’Europa. Per trovare delle risposte sono andato alla ricerca di quei valori fondativi sui quali è costruito il Vecchio Continente e ho scoperto che sono soprattutto culturali.
Ho individuato quei valori che secondo me stanno alla base della nostra grandezza che rischia di scomparire e ho definito la nostra condizione, quella di nani sulle spalle di giganti. Dall’Olanda di Spinoza fino alla California dell’esilio di Thomas Mann, sono andato a vedere i loro luoghi, convinto che le idee appartengano a quei posti così come certi luoghi, non altri, appartengono a quelle idee.
Karl Marx visse nei bassifondi di Londra, Ludwig Wittgenstein, scrittore imperterrito animato da forti passioni etiche nel corso di un’esistenza tolstojana, dal fastoso palazzo viennese di famiglia andò in Gran Bretagna, Irlanda e Norvegia dove con le sue mani costruì una baita a picco sul fiordo di Sogne. Lei è stato in tutti questi posti?
Ho voluto andare a vedere dove vivevano e che storie avevano le idee che mi appassionavano. Il mio non è un trattato teoretico, non è un libro di filosofia in senso accademico ma un lungo racconto di vite filosofiche. I luoghi mi sono serviti per entrare nell’officina della scrittura, per andare nei locali dove Spinoza molava le lenti per sbarcare il lunario, per conoscere le passeggiate che Wittgenstein faceva in Irlanda davanti all’Atlantico. Sono entrato nelle loro case, nelle vie, negli uffici, qualche volta nelle camere da letto e ho spiato, certe volte immaginando, altre trovando ancora delle tracce.
A proposito di Leibniz e di Newton dice che la formidabile attualità di entrambi risiede nella perfetta armonia di cultura umanistica e di aspirazione costante al progresso del patrimonio scientifico-tecnico che li caratterizzava. A noi questa sintesi manca, non le sembra?
Tutti i pensatori che ho scelto sono portatori di modernità e da qui viene il rimpianto, la malinconia di non trovare più visioni di questo genere nei gruppi dirigenti contemporanei, di non trovare più indicazioni di pensiero di questa profondità adesso, intorno a me.
Ciò che affascina sono anche gli incontri tra i grandi intellettuali e pensatori del passato, la loro capacità di confrontarsi in scambi dialettici costruttivi. Anche questo, mi pare, lo abbiamo scordato.
Come diceva Nietzsche «ci sono solo interpretazioni, non ci sono fatti». Viviamo nell’era della connessione totale e continua ma mancano persone, mancano élite intellettuali che si mettano in contatto, in comunicazione per elaborare dei pensieri originali.
È paradossale ma nell’Olanda del Seicento, in cui le carrozze ci mettevano settimane a trasportare lettere, Spinoza, il più eremita dei filosofi, era in contatto con i più grandi talenti e geni d’Europa. Ecco perché c’è da rimpiangere certi pensieri, certi luoghi che è bene visitare per ricordarsi certe idee. I luoghi del pensiero dovrebbe costituire un monito: ricordarci che cosa è stato, anzi, che cosa siamo stati.
Da Spinoza a Hesse, da Amsterdam a Montagnola, a unire l’ampia galleria di personaggi c’è un valore, anche questo sempre più raro, ed è la coerenza. Ci spiega in che modo?
Tutte le loro vite furono condotte filosoficamente, furono vite mosse, animate da una profondissima coerenza tra vita e pensiero.
Definisce i suoi filosofi portatori di modernità ma anche costruttori di mondi. Perché?
Sono tutti personaggi che hanno vissuto in epoche turbolente e hanno combattuto per il loro pensiero, per questo sono costruttori di mondi e per questo motivo non possono non fungere da modelli per il nostro futuro. Il nostro futuro sta nel nostro passato.