Nelle sue innumerevoli tecniche, forme, applicazioni, come terracotta, maiolica, grès, porcellana, raku e altro ancora, la ceramica è presente nella storia di tutti i popoli, dalla Grecia Antica al Giappone, dall’era preindustriale ai nostri giorni. In un’esposizione interamente dedicata a questa pratica la Galleria Buchmann di Agra evidenzia come nelle mani dei singoli artisti la tecnica possa diventare linguaggio autonomo, sfociare in risultati assolutamente diversi, adattarsi a ogni interpretazione, stile espressivo, visione.
Dopo aver aperto i battenti nel 1975 a San Gallo proponendo artisti svizzeri emergenti ed essere passata poi ai grandi nomi della scena internazionale, la Galleria Buchmann ha oggi una sede a Berlino, partecipa ad ArtBasel (Basilea e Miami Beach) e ai maggiori eventi di arte contemporanea mondiale. Dal 1998-2000 si trova anche ad Agra e dal 2013 nel centro di Lugano.
Fra le figure che compongono il sistema dell’arte contemporanea, il «vero» gallerista ha un ruolo essenziale, anche se certo non sono molto pochi quelli che riescono a operare seguendo rigorosamente questi criteri: in primo luogo individuare l’artista, promuoverlo, seguirlo organizzandogli mostre, nel contempo quindi influenzando e determinando le tendenze di gusto del pubblico. La gallerista Elena Buchmann lavora da anni con un limitato numero di artisti internazionali, fra i quali i due ticinesi Felice Varini e Alex Dorici. Tra quelli che segue da sempre vi sono i sette artisti che presenta alla mostra tematica di Agra. Il nome più appariscente è sicuramente quello di Toni Cragg: una sua opera, Munster, fa parte della Collezione permanente al piano inferiore del LAC. Si tratta di oggetti di recupero, di scarti industriali che ritrovano nuova funzione e si fanno ad esempio guglie di cattedrali. Il percorso artistico di questo grande artista di enorme versatilità plastica è una continua trasformazione. Da legno, pietra, marmo e bronzo trae risultati che ogni volta sorprendono, evidenziando sempre nascoste strutture di forme che si sciolgono contenendo emozioni. Ad Agra, Cragg espone alcuni lavori degli anni 90 e piccole sculture più recenti. In due ceramiche fortemente cromatiche, rivestite di argento satinato e di bianco, il dinamismo dei piani si libera nello spazio.
Accostati alle sue opere, sospesi su strutture metalliche in acciaio ci sono gli elementi geometrici in argilla smaltata della tedesco-iraniana Bettina Pousttchi. Nel suo lavoro questa artista usa video e installazioni, interviene su vasta scala in edifici urbani con significative proiezioni fotografiche. In particolare con l’allineamento in spazi pubblici di grandi orologi allude al tempo, mentre il suo totale interesse per l’ambiente urbano traspare in altri lavori particolari, costituiti da piccole «casette», elementi seriali in argilla smaltata.
Anche in Thomas Virnich, il noto artista inglese che nelle sue opere sa spiazzare abilmente i nostri processi percettivi assemblando, tagliando, capovolgendo oggetti colorati e restituendoli in sorprendenti visioni ludiche, è sempre presente il riferimento alle abitazioni dell’uomo. Ci presenta il Duomo di Milano con alcuni piccoli frammenti esterni e con un’opera che ha il candore e il fascino della ceramica smaltata, con tratti lineari e segni impressi sulla superficie. Vèronique Arnold è invece un’artista di Strasburgo, In una sua mostra precedente ricamava parole con ago e filo rosso e bianco su lunghi rotoli di lino. Qui presenta un bianco delicato kimono in «georgette» di seta appeso alla parete. Su di esso ha posato delle foglie di incredibile leggerezza, quasi impalpabili realizzate in porcellana di Limoges. L’effetto dell’insieme, di suggestiva e silenziosa poesia richiama la cultura del Giappone e forse allude allo scorrere del tempo.
In semplice primordiale terracotta di colore naturale sono invece i lavori di Martin Disler, pittore, scultore e poeta svizzero dalla fortissima ribelle personalità. Morto prematuramente non ancora cinquantenne, ha lavorato anche in Ticino. Le sue grandi tele di indomita gestualità e di un quasi selvaggio espressionismo potevano richiamare Francis Bacon: la potente carica di essenzialità, la violenta sintesi che caratterizza le sue terrecotte sembrano riportare lo spettatore ai territori dell’infanzia.
Alberto Garutti è conosciuto per la sua collocazione artistica radicale e concettuale, per gli interventi di arte pubblica realizzati in città e musei di tutto il mondo. Nella sezione «Parcours» di Art Basel era presente proprio con la Galleria Buchmann. Per questa mostra ha realizzato appositamente delle ceramiche dove a una struttura totalmente geometrica si contrappongono parti di colore puro. Infine nella zona espositiva esterna della Galleria, nella luminosità della Collina d’oro, il luganese Alex Dorici, che pure opera nell’ambiente urbano attingendo anche lui materiale di scarto nei centri di riciclaggio, ha creato un singolare ambiente. Azulejos Luce, Azulejos Light, è un’installazione ispirata alla forma del cubo e all’«azulejo», la piastrella in ceramica appartenente alla tradizione architettonica del Portogallo. Bianche e azzurre, di dimensioni variabili queste piccole ceramiche costruiscono uno spazio sorprendentemente magico, sono percorse da un filo di luce e vogliono anche illuminare la notte.