Dove e quando
Craigie Horsfield. Of the Deep Present. Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Fino al 2 luglio 2017. Orari: ma-do 10.00 - 18.00; giovedì aperto fino alle 22.00; lunedì chiuso. www.masilugano.ch

Craigie Horsfield, «Via Cocozza, Nola. June 2008», 2012. Affresco: inchiostro su tavola preparata con gesso e cera montata su alluminio, cm 460×440 (Courtesy l’artista e Factum Arte, Madrid)


Se il presente è per sempre

Al MASI di Lugano un’esposizione dedicata all’artista inglese Craigie Horsfield
/ 08.05.2017
di Alessia Brughera

Cumuli di frammenti di acciaio e agglomerati di calcinacci ovunque, sullo sfondo la martoriata facciata delle torri del World Trade Center, sulla destra il profilo appena leggibile di una gru avvolta dal fumo e in mezzo una trave sbilenca da cui pende una minuscola bandiera americana: è lo scenario di caos e devastazione di Ground Zero, luogo simbolo del terrore generato dall’uomo, così come ci appare sull’enorme arazzo che ci accoglie all’inizio del percorso della mostra di Craigie Horsfield, allestita nelle sale del Museo d’arte della Svizzera italiana a Lugano. L’opera, intitolata Broadway, 14th, 18 minutes after Dusk. New York, September 2001, del 2012, sembra assorbirci, quasi intrappolarci, in questo spazio disastrato, oscuro e caliginoso, immortalato dall’artista inglese poco dopo il tragico attacco che ha segnato in maniera indelebile le nostre esistenze.

È un lavoro, questo, che ci racconta molto delle peculiarità dello stile di Horsfield, prima fra tutte la sua capacità di creare un’estetica dell’espressione che trasmetta il senso vero delle cose e che sappia suscitare empatia, favorendo un coinvolgimento fisico e mentale nel soggetto rappresentato.

Il maestoso arazzo ci rivela anche l’attitudine dell’artista a indagare la realtà attraverso un approccio interdisciplinare che attenua i confini fra le diverse pratiche artistiche e che utilizza l’immagine fotografica come punto di partenza per la realizzazione di opere con le tecniche più disparate.

Sebbene non sia facile ordinare la produzione di Horsfield sul piano cronologico, possiamo individuare un filo rosso che la attraversa fin dagli esordi negli anni Settanta, ovvero la ricerca sulla natura stessa del medium fotografico quale strumento privilegiato per innescare riflessioni sull’uomo e sulla società. Non per niente uno dei concetti fondamentali attorno a cui l’artista ha strutturato la sua indagine è quello di relazione, ora puntando sulla dimensione umana dei suoi temi, così da creare un legame tra gli individui, ora rafforzando il nesso che intercorre tra l’opera e il suo spettatore, un rapporto ogni volta unico e irripetibile che vive in uno spazio narrativo fatto di raccoglimento e di introspezione. 

E poi c’è il tempo. Un tempo che sembra espandersi fino a racchiudere insieme passato, presente e futuro. «Un presente profondo», lo definisce lo stesso Horsfield, che conferisce all’immagine un valore di «lunga durata», un ritmo lento e ineffabile che pare trattenuto e che trova nelle attente inquadrature, nel rigore compositivo e nell’impianto spesso imponente la via per allontanarsi dal contingente e assumere un valore di universalità.

Un’opera che testimonia bene questo concetto è un altro grande arazzo esposto in mostra, raffigurante una veduta notturna del Golfo di Napoli: sotto un cielo solcato da fitti nuvoloni compaiono alcune imbarcazioni e un piccolo ma vivido fuoco al centro della scena, a creare una visione enigmatica e spiazzante che catapulta quel brano di vita in un tempo sospeso. 

I lavori di Horsfield vanno oltre il racconto della storia, oltre l’avvenimento o il luogo in sé. L’intenzione dell’artista è spesso volta, soprattutto a partire dagli anni Novanta, a stabilire una vicinanza con l’ambiente e le persone al fine di esplorare a fondo le loro specificità. Interessanti in questo senso sono le opere dedicate a El Hierro, una piccola isola vulcanica appartenente all’arcipelago delle Canarie che si trova sperduta nell’Atlantico. Affascinato dal suo paesaggio desolato e ostile, Horsfield ha vissuto in questo territorio per qualche anno entrando in contatto con l’esigua popolazione che lo abita. Oltre a un film dal titolo El Hierro Conversation, presentato alla rassegna internazionale documenta 11 di Kassel nel 2002, da questa esperienza sono nate stampe di una struggente bellezza eseguite con la tecnica dry print, che sanno restituire l’aspetto selvaggio del posto e insieme evocarne la natura primordiale e inquietante.

Il bisogno di scavare le intenzioni e i comportamenti umani per capire cosa ne pungola le azioni è anche alla base del grande affresco che raffigura l’affollata processione di Nola, in provincia di Napoli: qui appaiono in primo piano i volti contriti dal dolore degli uomini che hanno caricato sulla propria schiena pesantissime torri di legno per portarle in giro per tutta la città. È un’opera che avvince, che coinvolge fisicamente, dandoci l’impressione di essere trascinati in mezzo a quella gente fiera e al contempo disperata.

Sfilano poi in mostra le bellissime nature morte in cui fiori, pesci, viscere animali, ortaggi e frutti fotografati dall’artista vengono riprodotti su tavole lignee preparate con cera e gesso. Un procedimento, questo, che conferisce ai lavori un aspetto antico, avvicinandoli per composizione e trattamento della luce alla pittura del Seicento, testimonianza di quanto per Horsfield sia importante il confronto con l’arte del passato. E ancora i numerosi ritratti, una serie di inediti realizzati dall’artista per l’esposizione luganese, in cui ritornano i concetti di creazione condivisa tra soggetto e spettatore, di opera che diviene relazione e narrazione, di tempo infinito che si fa storia. E di quell’andare oltre l’immagine per capire «quant’è sottile a volte l’epidermide del presente, tesa e quasi trasparente» e per scoprire «sotto di essa l’oscurità turbolenta. Correnti sotterranee che si muovono a un altro ritmo».