Scoprire la natura umana, da casa

Un ottimo esordio letterario, quello di Fabio Bacà, uscito per la prestigiosa Adelphi con la sua «Benevolenza cosmica»
/ 01.04.2019
di Mariarosa Mancuso

Come fanno gli scrittori a sapere cosa passa nella testa delle persone? Il problema si pone per i romanzi fabbricati alla maniera classica, la maggior parte di quelli che abbiamo letto finora. Vuol dire: storie dove i maschi possono entrare nella testa delle donne, raccontando le fantasie di Madame Bovary (e ovviamente storie dove le donne possono entrare nella testa degli uomini, magari Mr Darcy o Rochester). Storie che vanno a curiosare nella testa dei marziani o degli animali. Storie immaginate senza muoversi da casa, ma ambientate in paesi lontani, vale per tutti l’esempio di Emilio Salgari che l’esotismo lo trovava nelle enciclopedie.

Tutto il contrario dell’autofiction. O di quel che sta succedendo nel cinema: ai bianchi è vietato (o vivamente sconsigliato) girare film con personaggi neri o asiatici. Se un attore senza handicap ha il ruolo di un handicappato (è successo a Joaquin Phoenix in Dont’ Worry) si scatenano le proteste. La correttezza politica sta cancellando l’idea che recitare significhi «fare finta» – se arriva anche al romanzo, sarà vietato inventare.

Prima del disastro, c’è il metodo di Elizabeth Brooks. Il suo agente le riconosce «un talento perverso per l’intreccio». Purtroppo non è altrettanto brava nella caratterizzazione dei personaggi, leggere non basta a colmare la lacuna. Da qui lo stratagemma: per procurarsi conoscenze sulla natura umana mette in scena piccole commedie. Visita «architetti, ornitologi, presidenti di associazioni benefiche, sacerdoti vudù, attori in disarmo, anarchici, parenti di vittime di disastri epocali» (ne abbiamo lasciati fuori parecchi, per motivi di spazio). Si presenta come cliente, esperta, o collega, e incamera informazioni.

Elizabeth Brooks sta nel romanzo di Fabio Bacà, Benevolenza cosmica, appena uscito da Adelphi. Un record, per uno scrittore con un paio di racconti all’attivo, neppure dichiarati nel risvolto di copertina, che lo presenta come «insegnante di ginnastiche dolci a Alba Adriatica». Letto il romanzo che scorre via magnificamente, con una scrittura e una capacità di invenzione rari nel panorama italiano, viene da chiedersi se il metodo Elizabeth Brooks non sia un po’ anche il metodo Fabio Bacà: uno che ambienta il suo romanzo a Londra, e a Londra dichiara di non essere mai stato. Probabilmente non ha neanche mai visto una piscina a sfioro in cima un grattacielo, dove ambienta una scena – abbastanza paurosa – del romanzo.

Kurt O’ Reilly è il protagonista, trentenne consorte dell’aspirante romanziera Elizabeth Brooks (il metodo letterario vampiresco viene illustrato a margine della terapia di coppia, fasulla anche questa). Lo incontriamo dal medico, e già ci aspettiamo il peggio. Sbagliato: ha una lesione che nel 96 per cento dei casi è maligna. Ma il dottore aggiunge: «La sua no, lei sta nel restante quattro per cento». Poche pagine, e siamo già al centro della storia. Kurt nella vita si occupa di statistiche, e ha notato da un po’ che le cose gli stanno andando molto bene. Troppo bene, in tutti i campi: compra azioni spazzatura e ci guadagna, i tassisti lo accompagnano a casa gratis, il dottore gli dice «sta benissimo», le donne lo corteggiano apertamente, il sedile della metropolitana davanti a lui è sempre vuoto.

Da statistico provetto, Kurt prende nota di tutto. Fino a contare, in un giorno, 18 eventi favorevoli. Troppo, per essere considerati pura coincidenza. Quindi si preoccupa, vuole capire cosa gli sta succedendo, e perché l’universo mostra tanta benevolenza verso di lui – dovesse consultare, per riuscirci, una cartomante o uno sciamano. Sul fascino che le statistiche esercitano su di noi, la sa lunghissima. Ha clienti convinti che una statistica favorevole sia «l’incantesimo che li affrancherà da angosce metafisiche» (ripensate all’ultima volta che avete letto una statistica medica, e dite che non è vero, se ne avete il coraggio). Lui sa come accontentarli: «Se li torturi abbastanza a lungo i numeri confesseranno qualsiasi cosa».

Una nota segnala che in Benevolenza cosmica la metà delle statistiche sono inventate di sana pianta, quindi non usatele per sostenere tesi azzardate. Trattasi di romanzo, non di prontuario per arrampicarsi sui muri dell’argomentazione. Tutto da godere, come si godono i romanzi ben scritti, pieni di fantasia e di sorprese, che sanno raccontare una pornostar dal tatuatore, un incidente aereo che sfida tutte le statistiche, un attentato terroristico. Trascinati dal pensiero di una cosmica benevolenza verso il lettore, vorremmo trovare subito un altro romanzo tanto divertente.