Parlare di fotografia oggi è piuttosto semplice e accettato: da alcuni decenni ha iniziato a entrare nei musei dalla porta principale, spinta dall’interesse generale e, anche, dal mercato dell’arte. Parlare di festival di fotografia, invece, appare meno scontato: si tratta infatti di eventi assai eterogenei, ma di grande successo e che si stanno moltiplicando in tutta Europa.
Allo Spazio Officina di Chiasso la neocostituita Associazione della Biennale, nata come istituzione indipendente e autonoma dopo vent’anni di esperienza espositiva, ha cercato di fare il punto intorno al binomio fotografia-festival, in un contesto, anche in Ticino, sempre più ricco di proposte.
La due giorni è stata ospitata allo Spazio Officina di Chiasso, per l’occasione reso meno austero grazie alla creazione di uno gradevole spazio relax e lettura adiacente all’entrata – allestito dallo studio grafico CCRZ e arricchito dalla presenza dalla libreria d’arte Choisi di Lugano.
Ma non si è parlato solo di fotografia, si è anche potuta gustare la proiezione, la sera del 30 settembre, del film di Laurie Anderson, Heart of a Dog, presentato dal produttore Luciano Rigolini – visione che ha registrato una ricca presenza di pubblico.
È stato però sabato mattina che si è parlato di festival: protagonista dell’incontro, François Hebel, per molti anni direttore del maggiore tra i festival europei e mondiali, Les rencontres de la photographie di Arles; una manifestazione annuale che il curatore francese, dopo averla guidata a metà anni Ottanta, ha rilanciato nei primi anni Duemila per una decina d’anni, guidandola alla piena consacrazione a livello mondiale. Arles infatti è un festival capace di raccogliere, a inizio luglio, quasi centomila spettatori nelle settimane iniziali, in cui si concentrano aperture e dibattiti (gli opening e i talk secondo il gergo del mondo della comunicazione), e il triplo per tutta la durata delle esposizioni, fino a fine settembre. Un festival forse sin troppo grande, come ha scritto Christian Cajoulle sulle pagine di «Internazionale», di un’ampiezza che rischia di snaturarne la missione. Ma per chi li frequenta, i «Rencontres» di Arles hanno e mantengono la loro identità: per la loro storia – di quasi mezzo secolo di esposizione – e per la suggestione data dai luoghi utilizzati (l’anfiteatro romano su tutti). Spazi che diventano protagonisti, scalzando temporaneamente con il circuito della fotografia più attuale le folle di turisti alla ricerca di Van Gogh.
Certo, quaranta esposizioni ufficiali (perlopiù inedite) e altrettante – se non oltre – del circuito off implicano (anche per i maratoneti delle esposizioni) un’attenta scelta a priori, ma crediamo che questo sia il prezzo da pagare per tanto successo.
Con verve brillante Hebel, attraverso esempi e molti aneddoti, ha affascinato la platea raccontando come e perché la fotografia sia entrata nel mercato dell’arte, l’avvento della fotografia a colori al festival (Nan Goldin, Martin Parr) ma anche le sue scelte di principio, l’impegno con le istituzioni. Hanno partecipato al dibattito anche Enrico Stefanelli, del festival Fotolux di Lucca, e Hélène Joye Cagnard, delle Journées Photographiques di Bienne, appuntamento annuale anch’esso con vent’anni di storia, i quali hanno dialogato con il curatore francese focalizzando l’attenzione sui giovani e i festival, ovvero sulla lettura portfolio e sulle modalità attraverso cui essi riescono ad entrare, o meno, nelle sale ufficiali.
Nel pomeriggio di sabato hanno avuto luogo anche le presentazioni di alcune giovani riviste che si occupano di fotografia e design («Yet», «Ganda» e «Adventice»), e due videoproiezioni di uno dei più celebri fotografi e artisti italiani, Olivo Barbieri, con i suoi noti Site Specific, visioni inedite di città che egli ha iniziato nel 2003, e dal 2007 proiettato in tutti i più grandi musei al mondo. Prima della doppia visione, Barbieri, protagonista da giovanissimo della mitica esposizione di Luigi Ghirri intitolata Viaggio in Italia nel 1984, è stato intervistato da Francesco Zanot, curatore dello spazio per la fotografia torinese Camera.
Nelle giornate della Biennale, è stato infine presentato il tema della prossima manifestazione, quella dell’autunno del 2017, che sarà ufficialmente la decima edizione: si parlerà infatti di Città divise, città plurali – un tema vasto proprio per affrontare la complessa realtà delle aggregazioni umane – le sue separazioni e la sua sostenibilità. Come per le passate edizioni, l’Associazione cercherà di coinvolgere musei, gallerie, spazi espositivi sul territorio per un visione sempre più pluralista e partecipativa di uno dei temi più urgenti della contemporaneità.