Seguire gli sviluppi di una compagnia teatrale composta esclusivamente di giovani prima o poi riserva sorprese. E se la strada verso la professionalità non è sempre lastricata da produzioni di successo, è anche vero che bisogna lasciare che la tenacia e l’esperienza riescano a dare quel giusto contributo per modellare la presenza artistica in forme e contenuti convincenti. Come nel caso della compagnia Grande Giro fondata nel 2013 da Lea Lechler, Valentina Bianda e Daniele Bianco, che riunisce differenti percorsi formativi finalizzati all’uso di linguaggi espressivi, dalla parola al movimento, dalla musica alla danza al video, con il proposito di acquisire identità garantendo le diversità: un processo sul quale costruire una cifra stilistica di cui tener conto.
Il palco del Teatro Foce di Lugano ha recentemente ospitato il debutto di Firmato M., spettacolo ispirato al romanzo Le intermittenze della morte di José Saramago (2005), un’affascinante allegoria che il grande scrittore portoghese ha costruito nell’ipotesi che la morte potesse un giorno smettere di agire. Saramago l’immagina in un paese sconosciuto, a partire dallo scoccare della mezzanotte di un qualsiasi 31 dicembre. Inizia così una situazione paradossale che mette a scompiglio la comunità coinvolgendo tutto e tutti: dal governo alle assicurazioni, dalle agenzie di pompe funebri… alla chiesa che si ritrova senza poter nutrire la prospettiva, peraltro fondamentale, della resurrezione.
Il Nobel per la Letteratura portoghese aveva già percorso le vie dell’inquietudine collettiva che condiziona il vivere sociale con Cecità (1995). Anche in quel romanzo il luogo e il tempo erano indefiniti e facevano da cornice a un’improvvisa e inspiegabile epidemia a causa della quale la popolazione diventava cieca liberando istinti primitivi e incontrollabili. Un saggio, come l’aveva definito Saramago, che in filigrana poneva interrogativi filosofici. Analogamente ne Le intermittenze della morte ritroviamo l’angoscia di una società privata dal suo riferimento per la fine di una vita. Una morte che nel romanzo assume sembianze umane per venire a patti con lo Stato che a sua volta delega a un’organizzazione criminale per non sporcarsi le mani. L’adattamento sviluppato dal Grando Giro si è inserito nell’attività di Young Lab, un laboratorio di ricerca fra Ticino, Losanna, Zurigo formato da tredici ragazzi tra i 20 e i 24 anni.
Ne è scaturito un gioco teatrale in cui risalta l’uso del modello del coro classico dove il collettivo diventa protagonista attorno a occasionali corifei. Lo spettacolo risulta fresco ed efficace grazie certamente a un lavoro accurato sull’affiatamento del gruppo per restituire al pubblico emozioni, ironia e umorismo. Sono i fattori che hanno convinto maggiormente durante l’affollato e applaudito debutto di Firmato M., che venerdì prossimo (14.9) parteciperà a Fanfaluca, il Festival teatrale svizzero della gioventù di Aarau.