«Lo spazio fisico del Cortile è stata una realtà che sento il dovere morale di cercare di portare avanti dandogli una seconda vita. E la forza per superare l’iniziale sconforto mi è arrivata anche dalla solidarietà del pubblico».
A parlare è Emanuele Santoro che così commenta la chiusura de Il Cortile, la sala teatrale da lui creata 15 anni fa ormai giunta al capolinea. L’annunciato sfratto risale a qualche mese fa, ma la forzata chiusura del teatro per la pandemia l’ha indotto a renderlo operativo sgombrando la sala per la fine di aprile, sull’attuale sedime a Viganello verrà eretta una palazzina di appartamenti destinati agli studenti universitari. E quale sarà il destino de Il Cortile?
«Devo ancora capire come procedere» ci spiega Santoro: «l’ideale sarebbe che la Città mettesse a disposizione uno spazio dove potermi trasferire per ricreare un piccolo ambiente. Penso che sia l’unica soluzione sostenibile. Dopo 15 anni di sacrifici, anche economici, sento che questa lunga gavetta potrebbe aiutarmi a chiederlo».
Emanuele Santoro (1970), attore, regista e pedagogo, è attivo nel teatro dal 1984. Inizia professionalmente nel 1993 come attore con la Compagnia Nuovo Teatro di Locarno di Patrizia Schiavo. Nel 1994 fonda I Microattori, corsi di teatro per ragazzi in età scolastica. Dal 1998 al 2003 firma regie per le Compagnie Teatro delle Contrade e Teatro Contestabile. Nel 2003 fonda la e.s.teatro, la sua compagnia. Debutta con Caligola di Camus a cui sono seguiti molti altri allestimenti, legati a un repertorio fra classico e moderno, fino al recente Uno, nessuno e centomila, di Luigi Pirandello. Proposte corredate da una nutrita serie di récital, per attore solo o in coppia, che hanno soprattutto contraddistinto l’ultimo periodo di programmazione riscuotendo un buon successo di pubblico.
Tutte produzioni delle quali, oltre all’interpretazione, Santoro cura l’adattamento, la scenografia e la regia. Nel settembre del 2006 a Lugano-Viganello inaugura Il Cortile, una sala teatrale da settanta posti, in affitto (1700 CHF al mese), costruita praticamente da solo e con un investimento complessivo di circa 60-70 mila franchi di materiali. Oltre ad essere stata la sede di e.s.teatro, de I microattori e dei Laboratori teatrali, Il Cortile ha ospitato ogni anno la stagione teatrale di e.s. teatro e la rassegna SOLOinscena.
Un paio di anni fa, la Città di Lugano, ha incontrato Santoro in rappresentanza della sua compagnia considerata storica… «Ciò mi ha fatto riflettere, soprattutto in questi giorni. Potrebbe rappresentare un appiglio per chiedere di avere a disposizione uno spazio… Un appiglio disperato: se la mia è una compagnia storica potrebbe integrarsi alla Città in uno spazio comunale dove mi assumerei le spese vive. Con una famiglia e due bambini, all’idea di ricreare una sala come privato e pagarmela come ho fatto fino ad oggi, se devo dire la verità, non me la sentirei più. Ma è una possibilità che va valutata bene, distinguendo fra una soluzione d’emergenza e una prospettiva stabile. (…) Ora però è urgente trovare un magazzino dove poter lasciare l’attrezzatura tecnica e tutti i materiali».
Ma quali sono le possibilità per un rilancio stagionale? «Sarebbe interessante, per esempio, sottoporre alla direzione del LAC la possibilità di integrare nel suo Teatrostudio la proposta dei récital, un’iniziativa che è piaciuta al pubblico, così come la rassegna SOLOinscena».
E che ne sarà della formazione dei più piccoli e dei giovani? «È un aspetto che va ben al di là del fattore economico, è un’attività che pratico da oltre 25 anni e che può essere interessante per la Città. A questo proposito il primo che ho contattato è stato Claudio Chiapparino, direttore della Divisione Eventi e Congressi che, per quanto riguarda lo spazio destinato alla parte didattica, ha dimostrato una certa disponibilità».
Una visione tutto sommato positiva per un artista quasi cinquantenne… «Credo nei cambiamenti. Sono convinto che dopo un certo numero di anni doveva succedere qualcosa di importante e questa battuta d’arresto mi ha portato a riflessioni personali e professionali. Quello che prima facevo con grande disinvoltura, oggi, che ho una famiglia, richiede uno sforzo diverso. Questa chiusura del teatro, devo ammetterlo, non mi sta avvilendo più di tanto: con essa si conclude una fase della mia vita dove ho fatto cose che ho voluto fortemente e realizzato con grande passione. Ma non sarà questo a fermarmi: ho ancora voglia di cercare, di fare e di dire delle cose.