Raboni e Belluno

Ultima, convincente e solida raccolta di poesie di Patrizia Valduga dedicata a Giovanni Raboni e alla città di Belluno
/ 17.06.2019
di Stefano Vassere

È un poema quasi tutto in quartine Certo è che leggendo il suo ultimo saggio Per sguardi e per parole dedicato alla caravaggesca Cena in Emmaus e probabilmente anche altre prove saggistiche non necessariamente di critica letteraria come un meno recente e solo in apparenza innocuo Italiani, imparate l’italiano!; o ancora pensando ad attività più antiche come la partecipazione alla fondazione della rivista «Poesia», o alle traduzioni, o alla limpida e appassionata esegesi dell’opera di Giovanni Raboni; certo è che davanti alla qualità di tutto questo (il saggio sullo sguardo del Cristo è semplicemente tra le cose più belle che possa capitare di leggere di questi tempi in Italia) si sarebbe tentati di azzardare un paragone di qualità tra, di Patrizia Valduga, l’attività saggistica e quella poetica e si rischierebbe l’impasse. Un imbarazzo che continua poi e più forte aprendo questo Belluno. Andantino e grande fuga, che arriva molto tempo dopo l’ultima raccolta della poetessa veneta e dove si leggono cose nuove e di grande pregio.

È un poema quasi tutto in quartine «stese» pagina per pagina, dedicato alla città dove Patrizia Valduga passa regolarmente lunga parte delle estati, e della quale offre qui un campionario non prevedibile di simboli anche personali: le Dolomiti, viste da lontano e probabilmente mai frequentate direttamente, l’onomastica liturgica e tranquillizzante della tradizione dialettale locale, qualche accenno all’altra grande simbologia di quei posti, quella della guerra e dei martiri. «Questa piazza piaceva anche a Giovanni: / piazza dei Martiri, ex Campitello. / È stato qui quando avevo dieci anni… / Dio! che fitta mi tràpana il cervello».

Il mondo di questa raccolta è – già – contornato e penetrato dalla figura di Raboni: oltre all’ampio saggio in appendice Per Giovanni Raboni, ci sono la diffusa variazione sul prenome (Giovanni, Don Giovanni, Johannes, «Dilla per me, Johannes, la Parola!»), le citazioni dirette, l’ultima serie di poesie dedicata all’idea promossa da un gran numero di intellettuali milanesi di intestare un Centro, un luogo nella zona del milanese Lazzaretto al Poeta e alla sua opera («Raboni è fra i più grandi in ogni aspetto: / è un patrimonio dell’umanità. / Intitolategli il suo Lazzaretto / in nome di giustizia e verità!»).

Il Bellunese e la sua città capoluogo è zona pregna di segni che non hanno, come si vede in questa raccolta, usi e interpretazioni unanimi. Il fiume Piave, la guerra, i suoi martiri e le montagne, variamente incrociati, entrano in modo obliquo nella poesia di Patrizia Valduga, e non solo da oggi. Lo Schiara di una bella poesia del Libro delle laudi che sta anche in questi testi è tra l’altro pure, visto da lontano, in un memorabile passo di Dino Buzzati, scorto in giornate limpide d’autunno fin dai tetti di Venezia («Dalle 11 del mattino a pomeriggio inoltrato una piccola macchia lucente risplende infatti all’orizzonte. È la faccia sud dello Schiara, una delle poche grandi pareti dolomitiche che guardano direttamente la pianura»). La morte dei cari e l’afflizione dei sopravvissuti abitano lo sfondo di luoghi che ne richiamano il soccorso e il sostegno. Tutto quanto è retto, ma di Patrizia Valduga ormai lo sappiamo, da riconosciuta responsabilità metrica e strutturale.

Insomma, alla fine, letto e riletto, consumato avanti e indietro con pause benedette alle pagine 60, 90, 34-35, questo libro finisce in luogo privilegiato, facile a essere reperito e riaperto nelle emergenze, accanto agli sguardi e alle parole del Caravaggio. E ci lascia il virtuoso ma come pacificato dubbio dell’inizio; saggista, poetessa, testimone del Poeta, custode di care ombre familiari, Patrizia Valduga è per il non sempre all’altezza mondo delle lettere italiane un approdo regolare. Di conforto e di consolazione.

«Io dico a tutti i morti in fondo al mare: / perdonatemi di essere così… / La luna si nasconde e poi riappare. / Vorrei essere meglio di così».

Bibliografia
Patrizia Valduga, Belluno. Andantino e grande fuga, Torino, Einaudi, 2019.