Quell’esercito di Penelopi

Sono numerose le giovani scrittrici italiane recentemente balzate agli onori della cronaca per opere di qualità
/ 22.10.2018
di Laura Marzi

Il verbo latino «exordior» significa iniziare a tessere: del resto è di dominio pubblico come la metafora della tessitura sia perfetta per la scrittura, in particolare lo è quando si parla di autrici. Le donne nei secoli, almeno a partire dal mito di Penelope, si dedicavano al telaio, alla composizione di tele, le scrittrici compongono delle trame.

Le esordienti iniziano a tessere le loro storie e soprattutto le espongono attraverso la pubblicazione all’interno di un panorama, quale per esempio quello dell’editoria italiana, quanto mai denso e affollato, se si pensa che in Italia in media ogni anno vengono editi circa 60’000 libri, senza parlare dei corsi di scrittura, delle scuole, dei laboratori, dei concorsi e chi più ne ha più ne metta. Se i sogni ognuno li riponesse davvero nel cassetto, quelli degli italiani starebbero meglio in una libreria, considerato il numero di aspiranti scrittori e scrittrici. Alcune ce la fanno e può essere interessante comprendere attraverso l’analisi di qualche testo di esordio al femminile quale vento tira nel mondo della letteratura che più contemporanea non si può.

Prima si nominavano i premi, ma ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio: checché ne dicano con sprezzo coloro che, per rispetto alla vera, grande letteratura leggono solo romanzi pubblicati prima del 1950, esistono ancora dei riconoscimenti letterari ben organizzati che sanno premiare un testo quando esso per qualità di scrittura o per lo spessore dei personaggi, per la capacità di raccontare davvero a un vasto numero di lettrici e lettori una storia, si distingue nel mare magnum delle pubblicazioni ogni anno.

Fra questi, per esempio, il premio Calvino, che nel 2017 ha riconosciuto all’unanimità nel romanzo edito da Einaudi di Emanuela Canepa L’animale femmina un testo strutturato, compiuto. La protagonista una giovane, infelice, studentessa fuori sede che dal sud Italia e soprattutto da una madre anaffettiva quanto appiccicosa si è trasferita in Veneto, è una personaggia complessa, ma semplice, come sono molte giovani donne capaci di grande resistenza, ma condannate a una vita che non le rende felici, perché pare che il loro destino sia prima di tutto quello di dimostrare che sono abbastanza coraggiose per sopravvivere. Canepa è riuscita con la protagonista Rosita a creare una verità umana, allora. Molto interessante, poi, e di grande attualità, il suo focus sulla realtà di genere, sulla masquerade, per usare un termine della grande Judith Butler, che il maschile e il femminile espongono sulla scena sociale e che in questo tempo di grande attenzione alla questione, invece che attenuarsi, pare aumentare drasticamente. Come se la ricerca della libertà non passasse per la consapevolezza, bensì per l’esasperazione delle caratteristiche che il genere sessuale per definizione impone e dalle quali non si sfugge, neanche aderendo a quello opposto.

Di grande interesse sociale anche il libro di esordio di Carolina Orlandi pubblicato da Mondadori, Se tu potessi vedermi ora. Si tratta di un testo che è a metà tra un mémoire e un romanzo d’inchiesta: la giovane autrice racconta infatti dal suo punto di vista il suicidio di David Rossi, il manager della Monte dei Paschi di Siena che pare evidentemente essere stato gettato dalla finestra del suo ufficio più che aver scelto volontariamente di buttarsi giù.

Scopriamo leggendo queste pagine le varie tappe di una battaglia legale tuttora in corso per far emergere la verità e che poggia tutta sulle spalle di Carolina, la figlia della moglie di Rossi. Il motore immobile del testo è infatti l’amore e la stima sconfinata che l’autrice prova per quest’uomo che non ha sostituito il padre a cui infatti Orlandi fa un ringraziamento molto giusto nelle ultime pagine del testo, ma che è stato un mentore, un modello e l’uomo di casa per molti anni, nonché il grande, sconfinato amore di sua madre. Orlandi ci fa entrare in un fatto di cronaca nera non risparmiandoci giustamente particolari mostruosi di una morte ingiusta, perché il destino non li ha risparmiati a lei.

La mostruosità del corpo morto campeggia nel romanzo di esordio di Giorgia Tribuiani, Guasti, edito da Voland: al centro della scena, infatti, al secondo piano di un museo, il corpo plastinato di uno dei fotografi più famosi del mondo, che ha donato i suoi resti alla scienza, conducendo in questo modo la sua compagna Giada, assoluta protagonista del romanzo, nel baratro della follia. Come affrontare il lutto di una persona amata, dell’uomo della propria vita, se il suo corpo è ancora intatto, visibile fino all’ultimo tendine per chiunque sia disposto a pagare un biglietto di ingresso? Non è possibile, e infatti Giada si ostina ogni giorno a presidiare il piano di quel museo, a parlare con l’uomo adorato che le ha rovinato la vita, privandola di qualsiasi progetto o ambizione, annientati dalla fama di lui, complice il debole della donna per la vita mondana.

Agli opposti del personaggio di Giada, della sua ossessività e desiderio di essere sotto i riflettori, anche se non per meriti suoi, Selene, la protagonista di La bellezza dell’attesa di Nicoletta Prestifilippo, pubblicato da Edizioni della Sera. Una giovane contenta del suo lavoro come bidella in una scuola elementare, in dolce attesa di iniziare una storia d’amore col maestro di scuola, che molto probabilmente darà frutti e fiocchi rosa e azzurri. Insomma tra corpi plastinati e amori romanzati il panorama delle esordienti italiane è più che mai vasto e non può che incoraggiare tutte quelle Penelopi che per timore stanno tessendo la loro trama, ma la disfano ogni notte, incredule di fronte all’ipotesi che a realizzarsi sia proprio il loro sogno nel cassetto: un nuovo libro col loro nome sugli scaffali delle librerie.