Concorso per i nostri lettori

Il percento culturale di Migros Ticino mette a disposizione dei suoi lettori alcuni biglietti omaggio per lo spettacolo Silent, di martedì 29 gennaio 2019 al LAC di Lugano alle ore 20.30.

Per partecipare al concorso basta inviare una mail all'indirizzo giochi(at)azione.ch con la parola chiave «SILENT» nell'oggetto e i propri dati (nome, cognome, indirizzo) nel corpo del testo. Il concorso scade mercoledì 23 gennaio a mezzanotte.

Buona Fortuna!

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Quella musica che risuona in noi

A colloquio con il compositore Gabriele Marangoni per presentare il suo Silent, in scena al LAC, uno spettacolo che coinvolge artisti udenti e non udenti
/ 21.01.2019
di Alessandro Zanoli

Sembra persino troppo facile associarlo al titolo della celebre canzone di Paul Simon, The sound of silence. Ma lo spettacolo-concerto Silent che andrà in scena martedì 29 gennaio al LAC di Lugano si pone realmente sul confine misterioso tra suono e silenzio. Pensato per coinvolgere (tanto dal punto di vista performativo quanto da quello del suo pubblico) udenti e non udenti, vuole sfruttare la potenza della musica nei suoi aspetti più fisici e materici e realizzare un’occasione «d’ascolto» originale e sperimentale. Secondo le intenzioni del suo creatore, Silent si propone di accompagnare il suo pubblico in un’originale perlustrazione dell’universo sonoro. 

Gabriele Marangoni, il suo è un progetto artistico molto complesso e magari un po’ Zen: propone «il suono senza il suono», oppure «il suono oltre il suono». Le piace questa definizione?
Direi che si potrebbe definire piuttosto di «suono oltre l’udibile». L’idea è nata proprio in virtù della mia necessità di andare oltre tutto ciò che sapevo e che possedevo del suono e della musica. Ho voluto mettere in dubbio una vita spesa a formarmi in questo ambito (studi in conservatorio, la pratica strumentale, i concerti, la composizione) e ho voluto credere che tutto quello che mi aveva formato, in un certo quel modo, mi aveva anche viziato la percezione; quindi la necessità di spingermi in una regione dove il rapporto con il suono fosse primordiale, fisico, ignoto; dove lo stesso concetto di musica fosse superfluo. Ricercando questa regione estrema è stato quasi naturale approdare nel mondo della sordità, il limite della percezione. 

Ma la «sordità» come può sentire?
In questa zona di frontiera, il suono viene percepito fisicamente, non c’è spazio per orpelli e abbellimenti: tutto diviene primordiale, allo stesso tempo fragilissimo e potentissimo. Silent è composto da onde sonore di grandi proporzioni. Parliamo anche di frequenze di 4 HZ, una regione che nessun uomo può sentire ma che fa vibrare il corpo, sposta masse importanti d’aria, fa risuonare ogni nostra cavità. Io uso la forza ed il potenziale del suono per creare una dimensione dove non c’è più nessuna barriera, dove i sordi interagiscono e creano direttamente con musicisti udenti sul palco, un linguaggio musicale concepito e creato dalle potenzialità dei sordi (non poter udire certi suoni non vuol dire essere privi di musicalità). 

È una dimensione sonora particolarmente originale…
La partitura di Silent nasce da materiali sonori che i sordi sono in grado di creare, di percepire e di controllare, come ad esempio il respiro, la percussione dei denti, l’utilizzo del corpo. Tutti questi elementi sono stati estesi ed orchestrati attraverso l’uso di quattro solisti: una voce femminile, una maschile, un contrabbassista ed un percussionista che diventano appunto estensioni dei sordi ed utilizzano un linguaggio musicale estremamente sperimentale. Parte fondamentale di tutto il progetto è poi la sezione di elettronica sviluppata con il centro di ricerca musicale Tempo Reale di Firenze. Tutti questi elementi vengono resi armonici dal direttore d’orchestra fino ad arrivare alla particolare dimensione sonora di Silent, fatta da enormi e potentissime onde sonore in equilibrio con il più minuto dei respiri. In questa dimensione non ha più senso la melodia, il linguaggio stesso non ha più senso.

Oltre a quella sonora, sono importanti la componente visiva e (forse ancora di più) quella relazionale tra le persone coinvolte sul palco. Che tipo di drammaturgia ha previsto? Cosa le interessa mettere in risalto?
La dimensione relazionale e visiva tra le persone sul palco è fondamentale, avviene tutto uno scambio di intenzioni, di informazioni di emozioni attraverso lo sguardo e l’empatia che si costruisce a partire sin dalle prime prove. È molto interessante anche l’estrema capacità dei sordi di interagire con un direttore d’orchestra proprio sul piano di connessione relazionale e unità di intenti. Una forza che ogni volta mi stupisce. Il mio interesse è nel suono, nella suo valore assoluto, per me tutto è lì. La parte visiva la curo ricercando la maggior linearità ed essenzialità, tutto quello che succede è necessario e meraviglioso. La drammaturgia è nella partitura, nel suono.

Lo spazio del LAC è molto grande e progettato per spettacoli più «tradizionali». Come si trova il suo progetto in una dimensione così ampia, così «classica»?
Il LAC è un teatro importante e portare Silent su un palco che generalmente ospita progetti «tradizionali» apre la strada: è un gesto importante per il quale non posso non ringraziare il direttore Carmelo Rifici. La dimensione «classica» non è assolutamente un problema , anzi: ad ogni rappresentazione riprogettiamo tutta la struttura di sonorizzazione sia da un punto di vista proprio di architettura che di installazione.

Gabriele Marangoni, ha un consiglio da dare agli spettatori prima della visione? Cosa le sta in particolare a cuore?
Silent è una spirale: consiglio al pubblico di lasciarsi avvolgere, perché tra le sue spire c’è la possibilità di entrare in una dimensione da dove è possibile riorganizzare molte delle cose a cui siamo o ci hanno abituati. È un atto rivoluzionario.