Nelle nostre conoscenze della storia del mondo esistono luoghi comuni che, malgrado siano stati ampiamente sconfessati sotto ogni punto di vista dagli studiosi, sopravvivono imperterriti. Uno di questi è senza dubbio l’idea che il Medio Evo, con l’entrata in scena dei popoli che daranno poi origine ai Regni romano-barbarici, sia stato un periodo buio, di regressione e di crisi; un periodo sospeso tra la fine dell’Impero romano d’Occidente e il fiorire della civiltà luminosa del Rinascimento europeo. In effetti non è proprio così. Il Medio Evo è stato «semplicemente» un momento di grandi cambiamenti economici, sociali, religiosi e politici come quasi sempre capita nelle vicende storiche umane. Alcuni tratti culturali scompaiono a contatto con nuove realtà, altri ne nascono e si consolidano in tempi più o meno lunghi a seconda delle circostanze; è la legge dell’impermanenza.Non è quanto capitato anche in questi ultimi decenni? Nel dopoguerra il mondo era diviso in due blocchi, poi abbiamo assistito alla scomparsa dell’Unione sovietica e all’affermazione del capitalismo su scala universale, alla globalizzazione dei mercati e ora alla guerra dei dazi, alla crescita e all’ulteriore impoverimento della popolazione di quello che si chiamava una volta il Terzo mondo e quindi alle grandi migrazioni verso il ricco Occidente, alla nascita dell’informatica con le sue applicazioni, alle auto elettriche, ai cambiamenti climatici e via dicendo.Tutto scorre in continuazione e addio ai bei vecchi tempi; un ragionamento che vale per le varie fasi della nostra storia. A ben pensarci non ci sono forse mai stati immutabili «bei vecchi tempi», ma solo momenti di relativa stasi di fronte ad altri nei quali i cambiamenti sono avvenuti più rapidamente, fino ad arrivare al parossismo dei nostri giorni.Questo per dire di una mostra archeologica e storica curata da Lucie Steiner aperta al Museo cantonale di Sion nelle sale del vecchio Pénitencier e intitolata Alle sorgenti del Medio Evo.Tempi oscuri? dove la domanda è naturalmente retorica. Un periodo durato circa cinque secoli, l’Alto Medio Evo. Ha visto l’espansione del Cristianesimo e la fondazione di nuove potenze quali il Sacro romano impero di Carlomagno che durerà quasi un millennio; per poi sfociare successivamente nella costruzione di grandi cattedrali, monasteri (quindi la trasmissione della cultura) e castelli, nonché nuovi rapporti sociali che hanno portato al sistema feudale compiuto con signori e vassalli, cavalieri e soldati, contadini, artigiani e servi: quello più frequentato dalla letteratura e dalla cinematografia popolari.Una vicenda storica che ha lasciato alle sue spalle testimonianze importanti sia a livello materiale sia intellettuale che la mostra vallesana ripercorre fissando lo sguardo sul territorio compreso tra le Alpi e il Giura e sulla vita delle classi privilegiate (come spesso capita per ovvie ragioni).Oltre agli antichi testi degli amanuensi su temi di diritto ecclesiastico, ci sono preziosi oggetti come un pastorale appartenuto a San Germano e un reliquiario di Teodorico, entrambi del VII secolo, come pure i reperti messi a disposizione dall’Ufficio vallesano di archeologia, frutto di ritrovamenti recenti, e quelli che provengono dal Museo archeologico di Losanna, con lo scopo di dare un quadro completo di questo periodo passando dalla vita religiosa a quella quotidiana: un pettine in avorio e altri oggetti per la cura della persona, suppellettili e dadi da gioco, fibule e gioielli vari, perfino una chiave in bronzo.Un panorama inedito con prestiti da tutti i musei romandi e dal Museo nazionale a riprova del fatto che unendo le forze si possono realizzare iniziative culturalmente originali. Il discorso viene completato da una pubblicazione scientifica e da una serie di manifestazioni dedicate al pubblico, alle famiglie e alle scuole. La mostra rimarrà aperta fino al 5 gennaio 2020.