La situazione attuale causata dalla pandemia di Coronavirus ha reso la vita delle varie manifestazioni culturali a dir poco difficile. Che si tratti di mastodonti come il Festival di Cannes, la Mostra di Venezia, il Festival di Avignone, il Montreux Jazz Festival o il Paléo, oppure di manifestazioni più contenute come il Festival Internazionale del Film di Friburgo o il Cully Jazz Festival (parlando di Romandia), tutti hanno dovuto prendere delle decisioni complesse e dolorose. Essendo le alternative limitate (escludendo quelle distopiche che prevedono una sfilata sul red carpet con mascherina e nessun ospite internazionale) e il tempo a disposizione per riorganizzarsi più che limitato, molti hanno dovuto gettare la spugna.
Il sempre attesissimo Visions du Réel, appuntamento imperdibile per gli amanti del cinema del reale, ha invece deciso di mantenere la sua 51esima edizione proponendone una versione alternativa, esclusivamente online. Questo gli ha permesso di onorare gli impegni presi con i vari registi e professionisti del settore cinematografico e di rappresentare fieramente l’eccezione. Per Emilie Bujes, direttrice artistica, ha prevalso la volontà di mantenere vivo il rapporto con il pubblico e con gli invitati. Visions du Réel infatti è sempre stato un festival accogliente anche se artisticamente esigente, volutamente popolare senza però perdere niente della sua impertinenza.
La 51esima edizione (17 aprile-2 maggio) non si svolge fisicamente, ma in versione digitale, sfruttando una tecnologia che si è trasformata in strumento per avvicinare più che dividere. Nello stesso modo in cui la nostra società è messa alla prova da un virus che la sta modificando nel profondo, Visions du Réel si trasforma cercando soluzioni alternative che permettano alla cultura di brillare, malgrado tutto. L’antidoto all’inevitabile sconforto che ha invaso in un primo momento tutto il team del festival è stato il VOD (e più in particolare le piattaforme di streaming Festival Scope, dafilm.com, Tënk e il sito web della RTS) che si è immediatamente imposto come alternativa alle sale cinematografiche, permettendo al pubblico di gustare gratuitamente ben 113 film (oltre agli omaggi e agli atelier) suddivisi in sette sezioni, senza dimenticare l’immancabile premio Maître du Réel dedicato quest’anno alla strepitosa Claire Denis e gli attesissimi atelier animati dalla coraggiosa regista brasiliana Petra Costa e dallo svizzero canadese Peter Mettler. Oltre all’offerta cinematografica, quest’anno viene proposta anche una mostra inedita al Château de Prangins immaginata con Godard. La mostra riprende il découpage in sei parti del suo ultimo film Le livre d’image (2018), frammentando ed esplorando ogni segmento dell’opera dal punto di vista visivo e sonoro.
Tra i numerosi film selezionati nella Competizione internazionale (lungometraggi), spiccano due opere di giovani registi svizzeri o svizzeri di adozione: Il mio corpo di Michele Pennetta (regista italiano che ha studiato alla SUPSI e successivamente all’ECAL di Losanna) e Kombinat di Gabriel Tejedor. Il primo mette in scena con un’eleganza formale e una sensibilità rare due personaggi in apparenza molto diversi, ma uniti dalle stesse preoccupazioni esistenziali: Oscar, un giovane ragazzo siciliano che vive raccogliendo ferraglia, sottomesso al giogo soffocante del padre e Stanley, immigrato nigeriano che lavora come tuttofare e bracciante per sopravvivere a un’esistenza che sembra sbiadire sotto i suoi occhi. Il secondo ci propone invece di viaggiare nelle viscere di una Russia relegata ai margini, attanagliata da un governo totalitario che non lascia spazio alla riflessione individuale. Attraverso gli occhi di Maria, Sasha, Guenia e le loro famiglie, Gabriel Tejedor mostra le crepe del sistema, la nascita di una nuova generazione che comincia ad aprire gli occhi sulle condizioni di lavoro e di vita disumane subite dalle generazioni che li hanno preceduti.
Toccanti e intrisi di una poesia crudele anche Las Ranas di Edgardo Castro che dipinge con un realismo viscerale il quotidiano di una donna che cerca di vivere una relazione d’amore attraverso le sbarre di una prigione di Buenos Aires e il colombiano The Calm After the Storm di Mercedes Gaviria, un viaggio intimo nel quale i conflitti famigliari lasciano il posto a una riflessione acuta sul ruolo delle donne all’interno di un sistema, quello cinematografico, ancora tristemente patriarcale.
Visions du Réel ha saputo reinventare il proprio concetto senza perdere niente del suo carattere coinvolgente e determinato. Le discussioni animate sulla bellezza della settima arte, l’emozione condivisa guardando un film che ci commuove nel profondo, gli incontri fortuiti che durante le manifestazioni cinematografiche possono cambiare il destino di un film ci mancheranno sempre, ma come ci ha dimostrato questa 51esima edizione, l’importante è continuare a combattere e a offrire al pubblico la gioia che solo certi film, quelli che della sincerità hanno fatto il loro credo, possono suscitare.