Dove e quando
Dona De Carli, Ca da l’Om... attraverso il silenzio che nemmeno scalfisce... Canvetto Luganese, Lugano, (Via Simen 14b); fino al 26 gennaio 2018. Orari: ma-sa 8.30-24.00. cultura.canvettoluganese.ch


Prendi una cascina abbandonata

Dona De Carli espone al Canvetto Luganese una serie di fotografie che prendono spunto da un incontro fortuito con un luogo molto suggestivo
/ 14.01.2019
di Giovanni Medolago

Dona de Carli è un’archeologa della memoria. Scava non già con vanghe e zappe, perché la sua metafisica ricerca di quel tempo perduto vagamente proustiano è condotta con l’apparecchio fotografico: vuoi la vecchia Voigtländer (eredità familiare), vuoi con un’apparecchiatura più moderna. Il progetto Cà da l’om nasce nel lontano 1995, quando scarpinando sui monti delle Centovalli – per la precisione scendendo dal Pizzo Leone verso la Melezza – Dona si imbatte in una minuscola cascina delle dimensioni di due metri per due: «Mi trovai davanti una porta socchiusa... aperta. Venni catapultata dentro un mondo reale fatto di oggetti che, nella penombra, si manifestavano a stento nella loro forma».

L’abitazione sembra essere stata abbandonata in fretta e furia, lasciando tutto così com’è: un giornale dimenticato sul tavolo e un calendario datato 1979. Una presenza/assenza che suscita l’interesse delle fotografa. Un interesse immediato quanto «spalmato» su più visite nel corso degli anni. Dona, armata pure di candele e una pila, fa di quell’ambiente rustico e umile la tela bianca su cui dipingere. Immagini realistiche che testimoniano la dignità di un’esistenza stentata quanto ordinata nella sua quotidianità (compassionevole la matita Caran d’Ache consumata allo spasimo epperò conservata con cura in una scatola di fiammiferi); affreschi astratti dove l’Artista gioca con tutte le sfumature possibili tra bianco e nero e in cui spesso e volentieri irrompe improvvisa una luce pura, incontaminata.

La mostra attualmente in corso al Canvetto Luganese – a cura della Fondazione Diamante – testimonia «lo srotolio delle stagioni» dove polvere e ragnatele hanno segnato l’inesorabile scorrere del tempo, dandoci altresì l’occasione di fantasticare su un’esistenza misteriosa ma non anonima, segnata da consuetudini mutuate dal contatto con una natura aspra, talvolta addirittura ostile e che a stento garantiva la sopravvivenza.

Accompagna l’esposizione un prezioso petit cahier – così lo definisce la stessa Dona – curato dalla grafica locarnese Miki Tallone e arricchito dai testi di Agostina Lavagnino («Scatti che formano un racconto, che fermano le schegge di una vita e gli oggetti dell’anima»), di Daniele Maggetti («Quell’Uomo lo riconosciamo e la sua ignota singolare vicenda diventa la nostra») e dello scrittore/poeta René Char («Sono stato cresciuto tra fuochi di legna/ sull’orlo di braci che non finivano mai in cenere»).

Da segnalare infine l’ottimo lavoro dello stampatore/artigiano/artista Roberto Forlano che nel suo atelier di Mendrisio («Dove spesso ci si accapiglia – confessa Dona – ma solo per ottenere il meglio!») ha realizzato i trittici su carta in cotone.