Per la terza volta l’Ufficio federale della cultura assegnerà i premi svizzeri di danza il 12 ottobre con una cerimonia organizzata al Théâtre Equilibre di Friburgo. Un «Premio speciale» lo riceverà la compagnia Avventure in Elicottero Produzioni (AiEP) di Claudio Prati e Ariella Vidach.
Pionieri e anticipatori sul fronte della sperimentazione, da oltre una trentina d’anni, Claudio e Ariella si sono spesi con entusiasmo e ostinazione sul fronte di una sperimentazione con la multimedialità dove il corpo dialoga continuamente con le frontiere del digitale creando nuove visioni e linguaggi coreografici. In questo senso AiEP si è sempre mossa su un fronte di contaminazione della danza all’avanguardia che ha affascinato fin dagli inizi. Anche grazie a un sodalizio che risale agli anni 80: Prati è ticinese, Ariella è istriana trapiantata a Milano. Entrambi hanno una solida formazione e il loro lavoro oggi si colloca in una realtà artistica a cavallo fra Svizzera e Italia.
«La notizia del Premio è stata come un fulmine a ciel sereno», ci dice Ariella, «pensavamo spesso di lavorare in una specie di buco nero dove nessuno sa quel che fai ed eravamo rassegnati a non avere particolari gratificazioni. Ricevere questo premio significa che qualcuno ci sta osservando». Dove nasce la dualità italo-svizzera? «L’interesse per l’Italia è partito dalla necessità», risponde Claudio. «Dalla fine degli anni 80 fino al ’95, le numerose richieste per ottenere spazi e sostegni finanziari per avviare un’impresa culturale professionale sul territorio ticinese non ha prodotto gli esiti sperati. Ci siamo così aperti a Milano sfruttando le opportunità del momento e ottenendo finanziamenti italiani ed europei che, aggiunti a quelli svizzeri, hanno garantito una soglia minima di sopravvivenza. Senza le due componenti la nostra attività sarebbe impossibile».
«Eppure», precisa Ariella, «chi ha riconosciuto il nostro lavoro e ci ha incoraggiato durante i nostri primi 5-6 anni è stata proprio la Svizzera (Pro Helvetia) che ha dimostrato di essere molto più avanti e comprensiva verso nuove realtà che hanno bisogno di essere sostenute per realizzare progetti creativi. Abbiamo così potuto partecipare a piattaforme di danza contemporanea e realizzare diverse tournées».
«Ciò che siamo diventati oggi», ribatte Claudio, «è il frutto di un’evoluzione che mi piace definire come il passaggio dalla pensione familiare a un piccolo hôtel. Da compagnia locale siamo diventati una piccola impresa di livello internazionale… Altri gruppi come il nostro e nati in quegli anni, grazie all’ottenimento di convenzioni triennali, hanno potuto passare molto prima a uno stadio professionale avanzato: progettare, produrre e diffondere è un’attività continuativa. Non può legarsi a una sola creazione».
A Friburgo oltre a AiEP verranno anche premiate l’americana-svizzera d’adozione Marthe Krummenacher e la ginevrina Tamara Bacci con il merito di «Danzatrici eccezionali» mentre il «June Johnson Dance Prize» verrà consegnato al progetto «Hyperion – Higher States Part 2» della Compagnia Antibodies di Kiriakos Hadjiioannou.
Eccellenze internazionali con il FIT
Chi ama le novità del mondo dello spettacolo non può esimersi dal gettare uno sguardo alla contemporaneità. Una missione rara per i cartelloni più blasonati, ma una consuetudine per il Festival Internazionale del Teatro (FIT) che da giovedì scorso ha iniziato a Lugano una programmazione che proseguirà fino a sabato prossimo (8.10). Giunto alla sua 26esima edizione, il FIT spinge le sue proposte verso le eccellenze della scena internazionale, come ha confermato con i primi appuntamenti.
Già a partire dalla presenza di un doppio spettacolo firmato da Matthew Lenton per la sua compagnia Vanishing Point. Rappresentante della nuova linfa teatrale britannica, il regista scozzese ha dato una lettura di Strip-tease e Out Of Sea del polacco Slavomir Mrozek, due atti unici scritti all’inizio degli anni 60 che Lenton ricolloca in una dimensione di sconcertante attualità sociale e politica.
Accanto a questo esordio vanno segnalati gli spazi per linguaggi particolari. Come quelli legati del Collettivo Ingwer con Io sono un’altra, l’originale progetto di Camilla Parini: un «work in progress» che confronta l’immagine di se stessi con quella che si vorrebbe avere. Ma anche il percorso di indagine sul tema della memoria che Officina Orsi/Rubidori Manschaft continua «Su l’umano sentire (cap.2)», installazione teatrale per video e parole di cui avevamo visto la prima parte nella passata edizione.
Sul fronte della danza va certamente rilevata la presenza di Rosas Danst Rosas, coreografia «cult» di Anna Teresa De Keersmaeker, capolavoro in scena da 34 anni e danzato da centinaia di ballerini. Gli spettacoli visti sono molti e il cartellone del FIT è ancora aperto e ricco. Ne riferiremo. Nei prossimi giorni suggeriamo però di andare al LAC per assistere almeno al ritorno della compagnia di Philippe